CON LA “MESSA DI REQUIEM” DI VERDI SI E’ CONCLUSO IL FESTIVAL DI MARTINA
Martina Franca - Dopo aver assistito alla “Messa di Requiem” di Verdi al Palazzo
Ducale di Martina Franca, ultima rappresentazione della XXXIX edizione del
Festival della Valle d’Itria, è accaduto che guardando la TV abbia visto parlare Riccardo Muti con
orchestra e coro schierati
sul palco per un concerto dedicato ai terremotati dell'Emilia-Romagna. Immediatamente mi è tornata in mente la “Messa
di Requiem” da lui diretta nel concerto svoltosi al Senato lo scorso 16
dicembre al cospetto del parlamento e del Presidente della Repubblica. In quell’occasione, il maestro rivolto al Cardinale Bertone, seduto tra gli scranni dei senatori, volle sottolineare: “Non creda che Verdi
fosse ateo. Era un mangiapreti sì, ma le sue musiche finiscono tutte guardando
ad un mondo trascendente”. Condivido pienamente questo punto di vista. La
“Messa di Requiem” verdiana è, infatti,
un viaggio attraverso gli Inferi ed il Purgatorio; un viaggio che termina alle
porte del Paradiso per chiedere asilo e pace e soprattutto il percorso dell’inquietudine spirituale
dell’autore, agnostico quale egli era. In modo emblematico il musicista fa
concludere l’opera con un’implorazione sincera ed insistente : “Libera me”. La “Messa di Requiem” di
Verdi è una composizione sacra del 1874 per coro, voci soliste ed orchestra ed
è dedicata all’amico scrittore Alessandro Manzoni, scritta dopo un lungo
periodo di inattività artistica, dopo il successo ottenuto con Aida. In realtà
egli pensava da tempo ad una composizione di ispirazione sacra. Il suo
“Requiem” è frutto del dolore provocato
dalla morte di due grandi italiani Rossini e Manzoni. Già con la morte di
Rossini nel 1869, Verdi organizzò con altri amici un “Requiem” a più mani, che
pur portato a termine, non venne mai rappresentato. Con la successiva morte dell’amico-patriota
Manzoni nel 1873, con cui condivideva gli ideali
del Risorgimento, di giustizia e libertà, prese corpo l’idea di scrivere
da solo l’intera “Messa”, partendo proprio dal “Libera me, Domine” composto
precedentemente per il musicista di Pesaro. Il successo fu enorme ed il
carattere sublime e nobile della composizione conferì alla stessa immediato successo e fama
internazionale. Il giovane direttore Omar Meir Wellber, ha diretto con determinazione e precisione ed ha
saputo cogliere le dinamiche dell’opera, guidando l’orchestra dal pianissimo
iniziale quasi impalpabile al fortissimo e violento del “Dies Irae” (il cui
motivo è sempre presente durante tutta l’opera), e mettendo in evidenza le
qualità dell’Orchestra Internazionale d’Italia, del Coro della Fondazione Petruzzelli e di un
eccellente quartetto di solisti, il soprano Teresa Romano, il mezzosoprano
Michela Nardella, il tenore Giorgio Berrugi ed infine il basso Gianluca Buratto.
Davvero interessante la voce proprio di quest’ultimo che ha profondamente
emozionato. Equilibrata, piena di umanità e di religiosità, la composizione
verdiana è un connubio perfetto di stile gregoriano e lirico. Stupendo il “Dies Irae”, commovente l”Agnus”,
sconvolgente il “Libera me”. Incredibilmente emozionanti alcuni passaggi: il
basso declama "mors..., mors... mors, stupebit" e subito si
percepisce l'angoscia della morte; il
soprano aggiunge: "nihil..., nihil inultum remanebit" e si coglie il
vuoto abissale del nulla; dopo il coro urla "dies irae" e si avverte il terrore del giudizio eterno.
La serata è stata non solo un omaggio al compositore di Busseto a 200 anni
dalla nascita ed alla musica sacra italiana, ma anche al pubblico del Festival
che mai come quest’anno ha occupato ogni ordine di posti in tutte le serate; un
riconoscimento pieno per l’ottimo lavoro svolto dal Direttore Artistico Alberto
Triola ed al Presidente Franco Punzi, che sono riusciti a realizzare egregiamente,sempre con lo stesso impegno e
passione, nonostante le numerose difficoltà finanziare incontrate, un’edizione
fantastica per la scelta delle opere e del cast di artisti.In foto, in alto :il direttore Meir Omer Wellber ed
in basso a sx il Direttore Artistico Alberto Triola ed
a dx il Presidente del Festival Franco Punzi
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