sabato 31 gennaio 2015

I "DIALOGHI DELLE CARMELITANE" DI POULENC, UNA RAFFINATA SCOPERTA PER ORECCHIE SENSIBILI

I "Dialoghi" di Poulenc, una raffinata scoperta per orecchie sensibili di Alessandro Romanelli

Ieri sera, è andata in scena al Teatro Petruzzelli di Bari, per la prima volta nella sua Storia, Les Dialogues des Carmélites ("I Dialoghi delle Carmelitane") di Francis Poulenc del 1957, quale opera inaugurale della nuova stagione 2015. Il nuovo sovrintendente riconfermato, Massimo Biscardi, ha voluto dare subito un'impronta, che ricalca indubbiamente quella di quando era Direttore Artistico a Cagliari. insieme al sovrintendente Meli.  A quell'epoca, vennero fuori tali e tante preziosità (Stivaletti di Ciaikovskij e Alfonso und Estrella di Schubert, due delle più interessanti) da far parlare l'intero mondo musicale del Comunale di Cagliari.
La scelta, va detto, è assai coraggiosa, perchè produrre un'opera del genere, tra l'altro, non costa affatto poco. Lo spettacolo è però davvero bellissimo e si avvale, oltre che della splendida regia di Leo Muscato, ben coadiuvato dalle assistenti Alessandra De Angelis e Maria Selene Farinelli, con le scene spoglie ma essenziali (direi quasi "invisibili") di Federica Parolini, su suggestivo disegno luci di Alessandro Verazzi. validi ed appropriati i costumi, infine, di Silvia Aymonino.
Tornando al linguaggio musicale dell'opera-capolavoro di Poulenc, va detto, che il primo atto è imbevuto da reminiscenze timbriche del Pelleas di Debussy e del Tristan wagneriano, con cromatismi di davvero rara raffinatezza ed eleganza. Bravo il direttore Daniel Kawka, a cogliere le sfumature e le dinamiche con attenzione quasi maniacale e l'Orchestra a tramutarle in stupenda musica, dal sapore ascetico e spirituale.
La storia dell'opera è presto detta: siamo nell'ambito storico della Rivoluzione Francese e tra i provvedimenti dell'Assemblea nazionale, l'organo legislativo del Governo rivoluzionario, c'è quello varato nel dicembre del 1789: era fatto divieto a tutti gli ordini religiosi di pronunciare nuovi voti. In seguito a questo atto la Commissione Distrettuale di Compiègne, il 4 e 5 agosto, procedette ad inventariare i beni appartenenti al convento delle Carmelitane. In seconda istanza chiese  a ciascuna delle monache se fosse loro intenzione continuare a vivere in clausura, oppure uscire ed abbracciare lo stato laicale. Tutte scelsero di rimanere Carmelitane. Nel 1794, poi, con il Terrore, che si profilava all'orizzonte, alla metà del 1792, arrivò la confisca di tutti i beni del convento ed il sacrificio lacerante di otto suore, tutte ghigliottinate.
Il dramma, scritto da Bernanos, disegna perfettamente questo delicato passaggio, e la musica di Poulenc è a dir poco consona ed appropriata, a seguire gli umori e la tensione crescente delle monache carmelitane.
Mentre il primo atto, si adagia su un un clima sonoro ascetico, man mano che l'opera va avanti le tensioni armoniche diventano sempre più sferzanti, visionarie e percussive; si avverte di certo, una velatura stravinskiana, e tanto Prokofiev, rielaborato indubbiamente con la cifra linguistica personalissima di Poulenc. Il finale è a dir poco straordinario e vale l'intera opera: qui, il regista Muscato mostra la sua abilità inscenando una ghigliottina gigantesca con una luce infuocata, più che dorata, nelle quinte, e mentre la musica si staglia con inesorabile violenza percussiva e gli ottoni sbraitano con piglio inesorabile, avanzano le monache per essere, una alla volta, trucidate dalla ghigliottina. Il cast vocale, di levatura internazionale, è perfettamente azzeccato ed adeguato. Citiamo per comodità i ruoli delle protagoniste principali, oltre ai bravi Jean Philippe Lafont (marchese de La Force) e a Martial Defontaine (Cavaliere de La Force); Blanche, la protagonista dell'opera, è interpretata da un'eccellente Ermonela Jaho, che nella tessitura, spesso impervia dell'opera, si destreggia benissimo, Cecile Perry (Madame Lidoine) Valentina Farcas (Suor Costanza), Sara Allegretta (Suor Matilde) e Anaik Morel (Madre Maria) sono sempre efficaci, sia scenicamente che vocalmente. Ed infine, una citazione merita senz'altro il barese Domenico Colaianni che in ben due ruoli (per una volta molto seri), offre il meglio di sé. Ottima la presenza del Coro, curato con puntualità certosina dall'impagabile maestro Franco Sebastiani, una sicurezza inscalfibile del nostro teatro.

Alla fine applausi, in verità, un po' tiepidi e di circostanza. Il pubblico, assai numeroso ieri, ha evidentemente bisogno di tempo per capire. E ne siamo certi, applaudirà più convinto ed entusiasta alle prossime repliche previste per domenica, alle 18, martedì alle 20.30, e giovedì sempre alla stessa ora. A noi lo spettacolo è comunque piaciuto molto.

La recensione è di Alessandro Romanelli e la foto delle prove generali è di Carlo Cofano

venerdì 30 gennaio 2015

IL 53° CONCORSO PIANISTICO INTERNAZIONALE “ARCANGELO SPERANZA"

CONFERENZA PUBBLICA SUL
53° CONCORSO PIANISTICO INTERNAZIONALE
“ARCANGELO SPERANZA”


 Gli Amici della Musica di Taranto organizzano una Conferenza Pubblica avente per tema “Il 53° Concorso Pianistico Internazionale “Arcangelo Speranza”: eccellenza di Taranto e incertezze per il futuro”, in cui i rappresentanti delle istituzioni ed il pubblico dialogheranno sulla eventualità di soppressione o di drastico ridimensionamento dell’unica manifestazione musicale di carattere internazionale della nostra provincia.
All’iniziativa saranno presenti Paolo Ruta, Presidente degli Amici della Musica, e il M° Marco Vincenzi, Direttore Artistico del Concorso. L’incontro si svolgerà presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali “G. Paisiello”, in via Duomo a Taranto, a partire dalle ore 11,00 del 2 febbraio 2015.


Per informazioni: Amici della Musica in via Toscana n. 22/a - tel.: 099.7303972 - 335.6253305

IL ROMANTICISMO TEDESCO NEL CONCERTO DI VITTORIO CECCANTI E MARCO VINCENZI

LA MAGIA DEL CONNUBIO PERFETTO:
IL VIOLONCELLO DI VITTORIO CECCANTI
E IL PIANOFORTE DI MARCO VINCENZI


 Dopo la straordinaria proposta world di Antonella Ruggiero e i Del Barrio Trio, gli Amici della Musica tornano alla grande musica del romanticismo europeo con il concerto dei Maestri Vittorio Ceccanti (violoncello) e Marco Vincenzi (pianoforte), previsto per lunedì 2 febbraio 2015, presso l’accogliente Auditorium Tatà di Taranto, alle ore 21,00, nell’ambito della 71ª Stagione Concertistica.

Le voci della tastiera per antonomasia e dello strumento ad arco costituiscono un ensemble classico della musica colta occidentale, per lo stretto connubio armonico/ritmico e melodico fra i due. Per questo gli Amici della Musica ne propongono la straordinaria versione di due dei massimi esecutori italiani, in un avvincente programma che spazia dal romanticismo tedesco, con Schumann – i bellissimi “Tre Pezzi Fantastici” op. 73 – e Brahms (la meravigliosa “Sonata n. 1 in mi minore” op. 38, a quello francese di Cesar Franck, con la sua “Sonata in la maggiore”.

Vittorio Ceccanti, classe 1972, proviene dalla celebre scuola di Rostropovich, avendo studiato con i tre maggiori violoncellisti di quella tradizione: Mischa Maisky, David Geringas e Natalia Gutman, laureandosi con menzione d’onore alla famosa Hochschule für Musik di Stoccarda. Continua il perfezionamento con il celeberrimo Yo Yo Ma, con Anner Bylsma, con il Trio di Trieste e il Trio di Milano. Vincitore di concorsi nazionali e internazionali, a diciassette anni debutta con il concerto di Lalo alla Musikverein Saal di Vienna con l’Orchestra della Radio Austriaca ORF e al Teatro San Carlo di Napoli con il concerto di Saint-Saens ripreso e trasmesso da Rai3. Da allora inizia un’intensissima carriera internazionale che lo porta a esibirsi costantemente in Europa, Asia e Americhe. Costantemente ospite di Radio3 per i concerti del Quirinale e di Radio3 Suite, è chiamato per ben sette volte dal Festival del Maggio Musicale Fiorentino per prime esecuzioni. Oltre alla decennale collaborazione in duo con Bruno Canino si dedica molto alla musica da camera con importanti musicisti come Maxim Vengerov, Franco Petracchi, Ivri Gitlis, Michele Campanella, Pietro De Maria, Roberto Prosseda, Domenico Nordio, Andrea Bacchetti, Emanuele Arciuli, Kostantin Bogino. Numerose le incisioni discografiche, tra cui l’integrale delle opere per violoncello e pianoforte di Beethoven per EMI CLASSICS, di Chopin, come parte del cofanetto della Chopin Edition per BRILLIANT CLASSICS, di Mendelssohn e di Faure’ insieme a Bruno Canino per la rivista AMADEUS.
E’ direttore artistico del Livorno Music Festival dedicato alla formazione e promozione dei giovani musicisti. La sua attività è stata insignita della medaglia d’argento del Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azelio Ciampi.
Il pianista Marco Vincenzi, genovese, ha studiato con Maria Tipo al Conservatorio di Ginevra, ottenendo il Prix de Virtuosité nel 1986; ha vinto premi internazionali prestigiosi come il Premio di Stresa e quello della Sommerakademie del autorevole Mozarteum di Salisburgo. Svolge attività nei principali centri italiani e in Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Romania e Svizzera, nelle sale più prestigiose. Collabora con Cristiano Rossi e suona regolarmente con Nuovo Quartetto Italiano, Quartetto Fonè, Quartetto di Fiesole e Solisti della Scala. È direttore artistico del Concorso Pianistico Internazionale “Arcangelo Speranza” di Taranto.

Per informazioni: Amici della Musica in via Toscana n. 22/a - tel.: 099.7303972 - 335.6253305


www.amicidellamusicataranto.it Ulteriori info sul concerto e sull’intera stagione sono disponibili sul sito www.amicidellamusicataranto.it.

lunedì 26 gennaio 2015

STAGIONE D'OPERA DEL PETRUZZELLI: L'INAUGURAZIONE E' CON "I DIALOGHI DELLE CARMELITANE"

La nuova produzione de "Les dialogues des carmélites" apre la Stagione d’Opera 2015.

Bari-  Venerdì 30 gennaio alle 20.30 sarà "Les dialogues des carmélites" (I dialoghi delle carmelitane) di Francis Poulenc, per la regia di Leo Muscato, ad aprire la Stagione d’Opera 2015 del Teatro Petruzzelli di Bari. Sul podio dell’Orchestra della Fondazione Petruzzelli Daniel Kawka, maestro del Coro Franco Sebastiani. Lo spettacolo è una nuova produzione della Fondazione Petruzzelli. A curare le scene Federica Parolini, i costumi Silvia Aymonino, il disegno luci
Alessandro Verazzi. Assistenti alla regia Alessandra De Angelis e Maria Selene Farinelli, assistente alle scene Matteo Martini, assistente ai costumi Elisa Benzoni. A dar vita allo spettacolo: Jean-Philippe Lafont (Le Marquis de la Force), Ermonela Jaho (Blanche), Martial Defontaine (Le Chevalier de la Force), Sylvie Brunet-Grupposo, (Madame de Croissy), Cécile Perrin (Madame Lidoine), Anaïk Morel (Mère Marie), Valentina Farcas (Soeur Constance), Ekaterina Chekmareva (Mère Jeanne), Sara Allegretta (Soeur Mathilde), Rodolphe Briand (L’aumônier), Francesco Castoro (Premier commissaire e Thierry), Domenico Colaianni (Deuxième commissaire e Le geôlier), Gian Luca Tumino (Premier officier), Graziano De Pace (Monsieur Javelinot), Michela Arcamone (ultima suora)e Maria Silecchio (ultima suora). Nell’ambito della rappresentazione la Fondazione Petruzzelli propone venerdì 23 gennaio alle 19.00, nel foyer del Teatro Petruzzelli il primo appuntamento della rassegna “Conversazioni sulla musica” intitolato Les dialogues des Carmélites di Francis Poulenc, a cura di Claudio Strinati. L’opera in tre atti e dodici quadri di Francis Poulenc (1899-1963) su libretto proprio, è tratta dal dramma omonimo di Georges Bernanos e fu rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 26 gennaio del 1957. L’opera sarà in replica domenica primo febbraio alle 18.00, martedì 3 e giovedì 5 febbraio alle 20.30. Biglietti in vendita al botteghino del Teatro Petruzzelli e on line su www.bookingshow.it, Informazioni: 080.975.28.10.

MATTEO MASTROMARINO: CLARINETTISTA PRODIGIOSO ED AUTENTICO TALENTO

Essere prodigiosamente in uno stato di grandezza  
o sia
ricognizioni sulla extra-ordinarietà di un giovane clarinettista




di Attilio Cantore





Wenn Inneres sich bewährt, ist Gutes zu erkennen,
Es ist zu würdigen, von Menschen zu benennen,
Est ist zu achten, nüzzt und ist nothing in dem Leben.

Se l’interiorità si afferma, il bene va riconosciuto,
Si deve apprezzarlo, gli uomini devono nominarlo,
Va considerato, serve ed è necessario alla vita.

Friedrich Hölderlin (Das Gute - Il Bene)





TARANTO - La nostra epoca è caratterizzata da una muta malinconia biologica e da una disarmonica incertezza che sembrano paralizzare ogni cosa; e d’un tremore osteocitico è pervasa la gente, sì prostrata alla nequizie di tale orrido sfacelo. Ripetiamo roboticamente, come automi imbelli, le parole Libertà e Umanità, «che ormai rischiano di diventare quasi dei mozziconi» (Titos Patrikios), paghi della loro forzosa obsolescenza di lemmi corrotti da lungo tempo e sommersi da onorifica naftalina; e con loro anche il Coraggio, il Rischio e la Scelta (insomma, tutto ciò che ha a che fare con un possibile eccedere i bordi, o sia i margini tracciati dalla realtà avvilente) sembrano essersi eclissati nelle valli dei trofei fossili ed oggi vivono solo sul registro dei contumaci tenuto dai magazzinieri dell’Arte, quasi che ognuno di noi non avesse in sé le giuste qualità per osare o, per meglio dire, non dovesse anzitutto tracciare le linee di mondi possibili, approntare la carta geografica di nuove realtà più dolci e poeticamente abitabili: realtà tangibili, epidermicamente aderenti a ciò che noi autenticamente scopriremmo (dopo una vasta e preziosa itineranza) di essere. Anche se il mondo ci ringhia contro il contrario, illudendosi di stordirci con i suoi rabbiosi decibel miscredenti, credo che, dopotutto, non sia più il tempo di indossare ancora la pesante livrea tragica della sconfitta genetica e camminare tremebondi nella febbre delle nostre straniere e false metropoli: abbiamo un disperato bisogno di scoprire la «libertà di osare sulle strade che impongono l’innocenza come un dovere di verità» (Carla Saracino); dovremmo, in altri termini, raggiungere deliberatamente il centro di ciò che siamo, munendoci di ali per dare slancio ai nostri sogni. Questo è, indubitatamente, difficile, soprattutto in un’epoca come la nostra, intessuta di meschini rapporti economici per i quali l’uomo in sé non ha più valore; eppure, bisogna desiderare di essere liberi (fermo restando che, come disse Julius Evola, «ognuno ha la libertà che gli spetta, misurata dalla statura e dalla dignità della persona»). In ogni caso, dobbiamo lottare per essere autenticamente liberi; d’altronde, si chiedeva Dostoevskij: «Cos’è l’uomo senza desideri, senza libertà e senza volontà, se non una puntina nel cilindro di un organetto?».
È vero, «munirsi di ali e mettere radici nei sogni» (Salman Rushdie) è difficile: impone una vera e propria elettrolisi, un congedo dal nostro modo di essere, uno scarto lacerante rispetto al nostro modo di organizzare il mondo. La scommessa è non indulgere più nella comoda nostalgia di fantasmagorici beaux jours; la scommessa è divenire dissidenti rispetto alle regole prefabbricate del reale; dovremmo divenire folli ed essere all’altezza della nostra follia, per dire ciò che va detto, anche a costo di fingere di mentire; e poeti (artisti), per recarci nelle immaginarie Avalon o Belmont e tronarne arricchiti. Ma chi mette in dubbio l’inflessibile tirannide della monoliticità del reale, auspicando possibili nuove realtà fluide, viene guardato sempre con sospetto, quasi fosse colpevole agli occhi del mondo di crimen lesæ majestatis; allora non mi sembra un caso che proprio i folli, i poeti e i dissidenti (enigmatici “stranieri” che creano cortocircuiti esistenziali), non furono ammessi nel dorato consesso della Repubblica platonica. Come reagire? Dovremmo riscoprire, in un’artistica deflagrazione comiziale, ciò che essenzialmente siamo destinati ad essere; ma, per comprenderlo, dobbiamo prima imparare ad ascoltare (anzi, auscultare), gli abissi rizomatici della nostra anima, giacché è in de profundis che abita il ‘sisma’, il ‘colpo apoplettico’, il singhiozzante hoquetus, il cantus abscissus che prelude alla nascita dell’Arte. Lo scrittore e critico musicale Giorgio Vigolo parlava a tal proposito di orecchio introverso, un “orecchio” «che si è separato dal mondo esterno, che si ravvolge in se stesso ed ascolta attraverso il silenzio, la meditazione e la memoria: che realizza il “conosci te stesso”, come un “odi te stesso”».

La scommessa più grande, il nostro azzardato all-in, il nostro vincente colpo di dadi, deve essere cercare noi stessi: «cercare se stessi, non si cerca che questo» (Cesare Pavese). Per un artista la ricerca di sé, della «nudità fertile del [suo] spirito» (Valerio Magrelli) diviene un dovere di verità; lo diviene nel momento in cui, per segnali formicolanti e rifrazioni, per legature e sincopi, egli riesce ad auscultare la polifonia che gli appartiene, ad avere pienamente sete di familiarità con il proprio sé, in un partage mistico con l’Umano e la Natura. Contro il dogmatismo asfittico del mondo della Tecnica ed il cieco brancolare degli ambigui interessi economici, l’Artista (cioè il Wanderer, il viandante che cammina colmo di crucci e di sogni «con un bastone e la ciotola del pellegrino»), eroe dell’epos della quotidianità, deve impegnarsi ad essere in maniera inesausta, per destinazione genetica, l’ostinato sostenitore della Verità del proprio Essere. Per far ciò, la sua “giusta ambizione” (il fichtiano Streben, che è anelito, ma anche struggimento; tensione verso l’infinito, ma anche sforzo mai appagato) non deve conoscere limiti o ridicole cautele: egli deve sempre vibrare in simpatia con le folgorazioni di magnitudine divina, e lo deve fare con entusiasmo (cioè, avvertendo un dio vibrare dentro di sé).  

L’Artista deve riuscire a squarciare il limite equabile del “così è” (se trova bastantemente forza per farlo), scombinando le armonie fra le note con il suo sguardo pungente, per poi coagularle in una nuova e più forte adiacenza nuziale che parli all’uomo del proprio «Innere Stimme» (Robert Schumann): della profondità sonora, della vox intima che mormora al di sotto del fondo di noi stessi.
Esattamente questo dovrebbe fare l’artista: scavare senza sosta con sudore e gioia nelle miniere del cuore e del dolore per trovare la propria ‘pietra angolare’ e saperla custodire, a dispetto della vile crudeltà del mondo, per poi donarla al prossimo in un originale ed intimo «inno limpido della vita» (Καθαρὸς ὕμνος τοῦ βίου), di cui parlava il grande poeta greco Odisseas Elitis.
L’artista vero è dunque una persona che gestisce in maniera super-eroica la propria condizione umana (poiché sa vivere il trauma di un sisma epifanico, trasducendolo con specificità tecnica per il bene dei suoi simili); è altresì un uomo fragile (perché più vicino alla terribile e veneranda presenza dei numi); è in ogni caso un essere extra-ordinario, i cui battiti cardiaci sfuggono all’ordine consueto del loro ritmo (perché aderenti ai ritmi della Natura). L’artista vero è, ne multus sim, una creatura prodigiosa e preziosa: è un creatura mitica, giacché predestinata a identificare la destinalità del proprio essere-al-mondo, riuscendo proprio per questo a vivere pienamente il Bene (cioè vivere pienamente il dovere di essere se stesso).




L’Italia, effettivamente investita da una poderosa crisi culturale, viene troppo spesso demonizzata per essere una terra dove le cose preziose occupano poco spazio o, comunque, una terra dove la mancanza di nuovi talenti impedisce una renaissance prestigiosa. Eppure, a ben guardare, questo ritornello sbrindellato non è sempre veritiero. Ne sia conferma la presenza sul nostro territorio di tanti validi e giovanissimi musicisti che, con sacrificio e passione, decidono di «munirsi di ali e mettere radici nei sogni». Di questa nuova generazione di agguerriti “spiriti sognatori” ne è degno simbolo la luminosa figura artistica di Matteo Mastromarino, un clarinettista che, pur se diciannovenne, conosce già profondamente il segreto di una più vasta rispondenza fra l’uomo e l’universo, tramite una scrupolosa ricerca musicale e una lussuosa mise en œuvre di un suono nobile, elegante e puro (sincero testo a fronte della sua extra-ordinaria personalità di eccellente virtuoso). Mastromarino è un clarinettista prodigioso (lo si può affermare con naturalezza, senza che ciò implichi  un indulgere in nessuna forma di gulliverizzazione): e appunto “Taranto prodige” è stato il titolo del concerto, tenutosi presso l’Auditorium Tarentum domenica 25 gennaio, che lo ha visto protagonista insieme alla Orchestra ico Magna Grecia, sotto la direzione del Maestro Jesus Medina: è stato un debutto (oserei dire de iure) meritatamente coronato da un tripudio di estasiati consensi e applausi. Prima di continuare, vorrei però subito condividere con il lettore, per maggiore chiarezza, un sorpasso cognitivo circa un aspetto linguistico: il termine prodige non ammicca, come si sarebbe tentati di credere, ad un artificiale enfant prodige (locuzione tanto compassata quanto perniciosa, che relegherebbe il suo destinatario nell’ambito troppo vago e ristretto della non ben identificata “brillante promessa”); lo ripeto (e non perché bis repetita placent): nel parlare di clarinettista prodigioso non v’è roboante retorica o buonismo compiaciuto di sé. L’aggettivo prodigioso non viene usato in questa sede per sottolineare le già importanti esperienze musicali di Mastromarino, sia in ambito nazionale (collaborazione con il Teatro Carlo Felice di Genova, sotto la direzione del violinista israeliano Shlomo Mintz; terzo premio, categoria senior, alla 10° edizione del Concorso Internazionale di Clarinetto Saverio Mercadante di Noci) che internazionale (partecipazione alla LVII Internationale Sommerakademie del Collegium Musicum di Pommersfelden in Franconia, patrocinata dai Conti di Schönborn-Wiesentheid; finalista alle ultime selezioni della European Union Youth Orchestra), ma per sottolineare primieramente un aspetto che non ho difficoltà a chiamare spirituale: il fatto che Mastromarino, nell’atto performativo del suonare, avverte la propria anima essere pienamente un tesoro musicale, grazie al quale egli con profonda umiltà riesce a far germogliare (far luce pienamente su) universi colmi di verità e bellezza: egli dialoga con il pubblico “parlando” direttamente ex abundantia cordis.

Tutto questo è il risultato del suo enorme coraggio; sì, avete letto bene: coraggio. Estote parati: parlo del coraggio (che di questi tempi fa pendant con l’azzardo e il rischio eroico) di affermare, incessantemente, ciò che lui essenzialmente è: un giovane detentore del potere della rivelazione artistica; un commensale ed un compatriota dell’Armonia; un sapiente traduttore di quelle folgorazioni di magnitudine di cui si alimenta la Musica. Proprio per questo, non ci si deve stupire del fatto che la vox intima del suo clarinetto Selmer riesce a proiettare luminosità ed esattezza: tutto, infatti, rimanda all’essenza. Cosicché ciò che è stato offerto ai fortunati uditori (al pubblico dell’Auditorium Tarentum) è autenticamente l’Innere Stimme di un’anima artistica che ha la forza di debordare verso il suo vicino, trovando subito la vena, arrivando diretta e precisa, palpitante e vibratile, donandosi ai suoi fratelli-di-tema seduti in sala, i quali avvertono che «sopra di [loro] c’è musica» (Osip Mandel´štam), ne respirano il miracolo e ne sono grati.

Come ogni grande spirito artistico, Mastromarino non tenta di accordare gli enigmi più reconditi (nel nostro  mondo fin troppo spiegabile, «le spiegazioni ammazzano», direbbe Carmelo Bene), ma lascia devotamente inspiegato il mistero, offrendolo a se stesso e agli altri in tutta la sua identità imponderabile, offrendolo come vertigine irripetibile: in questo consiste quel sovrappiù epico di cui si carica il suo impegno musicale (impegno assunto con altrettanta maturità epica). Ci si rende allora pienamente conto di come la “sana ossessione” di questo giovanissimo clarinettista per un costante e sempre più maturo iter di crescita musicale (che, aborrendo dalle pastoie di biechi provincialismi, con entusiasmo desidera annoverare sempre più interessanti esperienze orchestrali e solistiche) sia il naturale controcanto della sua etica (che qui vorrei chiamare “socratica”). Voglio dire che le categorie di Bene-Bello-Giusto in Mastromarino coincidono perfettamente, realizzando un mirabile innesto chimerico, ma vieppiù reale e per questo tanto stupefacente: il Giusto del viaggio (la fertile gioia da lui provata nell’affrontare sempre nuove sfide), il Bene dell’approdo (sempre momentaneo poiché trampolino per nuovi viaggi) e il Bello della narrazione della propria itineranza artistica (itineranza metabolizzata sempre all’insegna di una grandezza spirituale che lo contraddistingue fra tanti) tendono in lui ad una vigorosa armonia, caratterizzata da una sobria ebrietas che trova riscontro, sostanza, realizzazione (com’è naturale che sia) in esecuzioni potentissime ma al contempo equilibrate, come quella del Concerto per Clarinetto e Orchestra n. 1 in Fa minore op. 73 di Carl Maria von Weber (1786-1826) e del Concertino per Clarinetto e Orchestra di Ante Grgin (1945). I due brani in programma, nettamente agli antipodi tanto per forma quanto per carattere, sono stati affrontati da Matteo Mastromarino con la sua consueta squisita raffinatezza (senza parlare della sua formidabile presenza scenica), che gli ha permesso di giocare (jouer, play) disinvoltamente con una sconfinata serie di nuances timbriche.

Dopo aver ascoltato il concerto di Mastromarino non si può non comprendere che per lui suonare è un atto di sublimazione dell’estasi-di-esattezza insita nella Musica stessa; è un viaggio reso possibile solo dopo aver riconosciuto un punto massimo di bellezza (cioè la bellezza di ciò che si è autenticamente) che coincide puntualmente con la propria identità: infatti, solo lì dove c’è identità c’è anche stile. Certo, ci vuole coraggio da vendere per vivere in una tale dimensione, ma essa è l’unica che consente a un musicista di conoscere (anzi, ri-conoscere) la sua “origine” e quindi, di conseguenza, di avere la forza di costruire, sempre più compiutamente, un proprio stile personale.                                                            
Lo dirò in brutta copia, a fior di labbra: la conquista della verità-di-se-stessi, e del conseguente partage mistico con il mondo, forse può spaventare (spaventa perché è un qualcosa che ci conduce proprio sull’orlo del vulcano dell’imponderabile); ma bisogna pur iniziare da qualche parte questa fondamentale conquista: non è stato detto forse che il duca Guglielmo decise di iniziare la sua conquista dell’Inghilterra mangiando un boccone di sabbia britannica? Eppure, iniziare non basta… Intendo dire che (come del resto ogni artista intuisce, o almeno dovrebbe intuire) la ricerca non può avere mai fine, poiché è un impegno audace e ad oltranza. Registra ottimamente Friedrich Hölderlin: «molto c’è da trovare, e di grande, e molto vi è oltre». Gli spiriti artistici hanno effettivamente in sé le potenzialità per vivere degnamente questa ricerca e ascoltare, con «orecchio introverso», la propria Verità, il proprio Tema, il proprio Tono, poiché consapevolmente (operando con coraggio una scelta di vita “dissidente” e “folle” che, senza aver paura del proprio eccesso e della propria sproporzione, ha il compito di rinvigorire le lobotomizzate certezze del mondo) decidono di «munirsi di ali e mettere radici nei sogni»; e si sa che la meta dei «cacciatori della magia dei sogni» si spinge sempre oltre, non sta mai ferma: «come non stanno ferme le albe, come non stanno fermi nemmeno i brividi, come non stanno ferme nemmeno le onde» (Andreas Embirikos).


Il musicista che sa vagare lungo gli intricati sentieri che conducono verso l’Innere Stimme è consapevole che con l’ausilio dell’Arte e del Bene egli può vivere pienamente la sua esistenza e divenire contemporaneamente il necessario ierofante che consenta di far risuonare prodigiosamente le mute esistenze del prossimo. Il nostro mondo ipocrita può smentire ogni cosa che diciamo, ma almeno questo ce lo deve concedere: se si è in una dimensione di grandezza spirituale che consente di vivere momenti irripetibili di unione tra fatti tonali ed esperienziali; se l’interiorità si afferma («Wenn Inneres sich bewährt») e riusciamo a folgorare la radura (di heideggeriana memoria) del nostro Essere, allora il Bene deve essere imprescindibilmente riconosciuto: il dovere-di-essere-se-stessi deve essere riconosciuto e apprezzato perché è la conditio sine qua non della felicità umana. Pertanto, riconoscendo in Matteo Mastromarino (clarinettista che viaggia seguendo la stella polare del socratico Bene-Bello-Giusto, e per questo è degno di essere chiamato Artista) una extra-ordinaria prodigiosità musicale, mi sento di augurargli un’unica cosa: riuscire passo dopo passo a costruire, grazie alla purezza del suo animo ed alla forza del suo intelletto, una piena «libertà di muovere ove egli voglia» (Hölderlin), munendosi di ali e mettendo radici nei sogni, affinché possa «fare di ogni giorno una galleria di momenti inconfondibili e assoluti» (Cesare Pavese)

domenica 25 gennaio 2015

ANTONELLA RUGGERO ED IL TANGO ARGENTINO A TARANTO

“RECITAL POPULAR”:
ANTONELLA RUGGERO, LA VOCE
E IL TANGO ARGENTINO
CON I DEL BARRIO TRIO   




Signori, The Voice! Antonella Ruggiero, la “Voce” per antonomasia della musica italiana, degna continuatrice della tradizione canora di Mina e delle grandi vocalist degli anni ’50 e ’60, ex voce dei mitici Matia Bazar, propone all’affezionato e attento pubblico degli Amici della Musica, lo spettacolo RECITAL POPULAR, un travolgente concerto allestito insieme con i Del Barrio Trio e Massimo Tagliata alla fisarmonica, che si terrà  giovedì 29 gennaio 2015, presso il rinnovato Teatro Orfeo di Taranto, alle ore 21,00, nell’ambito della 71ª Stagione Concertistica.

Antonella Ruggiero è notissima in tutto il mondo soprattutto per l’eccezionale estensione vocale, che le permette di passare dal registro pop a quello lirico di soprano leggero, passando per la musica sacra, jazz, musica popolare, tango, musica corale,  classica e contemporanea.
Nel 2014 è uscito il suo nuovo, straordinario album, L’impossibile è certo, che raccoglie inediti dal 1989 ad oggi.

La continua ricerca musicale ed espressiva di Antonella si incrocia in questo appassionato progetto con il tango argentino e la musica d’autore, cifre stilistiche di Del Barrio Trio, in cui alla musica “World”, una delle “mission” degli Amici della Musica in questa stagione concertistica, si affianca il folklore latino-americano, la musica colta di Ariel Ramirez e Astor Piazzolla (immancabile il suo intenso “Oblivion”) e brani tratti dalla migliore tradizione italiana.


Il gruppo italo-argentino Del Barrio, con all’attivo dieci anni di intensa attività, nasce dall'incontro tra il polistrumentista Hilario Baggini, il pianista Andres Langer e il percussionista Marco Zanotti. Il progetto prende il via dalla ricerca di un linguaggio personale e creativo, avendo come punto di partenza il folklore argentino, ancora semi-sconosciuto al di fuori dei confini nazionali. Da qui, le composizioni originali e i diversi spettacoli che Del Barrio porta in giro da anni assumono i contorni di una world music senza frontiere, con richiami anche alla musica andina. Un interplay praticamente assoluto e una buona dose di improvvisazione di tipo jazzistico tra i musicisti, grazie ad un'intensa attività live, e una cura particolare per gli arrangiamenti sono la cifra stilistica della musica della band che, per questo progetto così particolare, oltre che all’emozionante virtuosismo di Antonella ha chiamato anche uno straordinario fisarmonicista, Massimo Tagliata, collaboratore di molti artisti del pop e del jazz, fra i quali la stessa cantante genovese.

Tango argentino, pop italiano, canzoni cantautorati, jazz, world music sudamericana: Antonella Ruggero e i Del Barrio Trio con Massimo Tagliata propongono un concerto in cui sentimento e partecipazione emotiva costituiscono un interscambio continuo tra musicisti e pubblico, perché queste canzoni parlano il linguaggio della gente, senza barriere di nazionalità.



Per informazioni: Amici della Musica in via Toscana n. 22/a - tel.: 099.7303972 - 335.6253305


www.amicidellamusicataranto.it Ulteriori info sul concerto e sull’intera stagione sono disponibili sul sito www.amicidellamusicataranto.it.

giovedì 15 gennaio 2015

BOISSEAU E BACCHETTI IN CONCERTO A TARANTO



VIOLA E PIANOFORTE:
L’INCANTO BACHIANO DI
BOISSEAU E BACCHETTI





Dopo l’importante periodo delle festività natalizie, intenso ma impegnativo per diversi aspetti, cosa c’è di meglio che un sereno momento di decompressione e di “depurazione”, con un concerto di musica classica di altissimo livello artistico ed esecutivo?

 Per inaugurare degnamente il nuovo anno, gli Amici della Musica propongono al pubblico di Taranto un duo di musicisti noti in tutto il mondo: il giovanissimo genio della viola Adrien Boisseau e il pianista Andrea Bacchetti, vero virtuoso del suo strumento e volto molto noto della televisione, anche perché ospite fisso dei programmi televisivi di Piero Chiambretti.
Adrien e Andrea si esibiranno venerdì 16 gennaio 2015, presso l’accogliente Auditorium Tatà, alle ore 21,00, nell’ambito della 71ª Stagione Concertistica, con un affascinante programma tutto dedicato a Johann Sebastian Bach.

Adrien Boisseau, classe 1991, è uno dei più versatili e promettenti giovani musicisti europei. Inizia lo studio in conservatorio all’età di cinque anni. Ha poi studiato al Conservatorio Nazionale Superiore di Musica di Parigi  con Jean Sulem e Marc Coppery, perfezionandosi con Veronika Hagen al “Mozarteum” di Salisburgo, con Tabea Zimmermann alla “Hanns Eisler Musikhochschule” di Berlino e con Nobuko Imai alla Kronberg Academy, considerata uno dei violisti contemporanei più autorevoli.
Adrien è risultato fra i primi classificati nei migliori concorsi internazionali per viola: il FMAJI (Secondo Premio e Premio del Pubblico); il Max Rostal di Berlin (Primo Premio e Premio e Premio del Pubblico; il Concorso di Tokyo (Quarto Premio, Premio del Pubblico e Premio per la migliore interpretazione di un’opera giapponese); Il Youri Bashmet di Mosca (Secondo Premio); l’ARD di Monaco di Baviera (premio per la miglior interpretazione di una composizione contemporanea indicata dalla Giuria).
Per perfezionarsi in musica da camera ha frequentato le migliori accademie europee: Santander,
Verbier, Cervo, Seiji Ozawa (Svizzera), Prussia Cove, La Roque d’Anthéron.
È stato invitato a numerosi e prestigiosi festival, come Festival des Arcs, Festival di Pasqua e Agosto Musicali di Deauville, Festival Juventus di Cambrai, Festival Messiaen a La Grave, Festival Tempo a Croisic, Festival «Next Generation» di Bad Ragaz, Menuhin Festival di Gstaad, «Les Vacances de Monsieur Haydn» di La Roche Posay, Festival Beethoven a Varsavia.
Collabora con i migliori musicisti in attività, come Anne Queffelec, Olivier Charlier, Jean Mouillère, Henri Demarquette, Éric le Sage, Jérôme Pernoo, Jérôme Ducros, Christophe Coin, Jonas Vitaud, Svetlin Roussev, Adam Laloum, Alexandra Soumm, le Quatuor Ébène e, ovviamente, Andrea Bacchetti.
Adrien suona con le migliori orchestre europee, come i Solisti di Zagabria, la Kammerakademie Potsdam, la Deutsches Symphonie-Orchester, la Tokyo Metropolitan Symphony Orchestra, i Solisti di Mosca, la Münchener Kammerorchester). Nel 2011 ha debuttato con enorme successo alla prestigiosa Philarmonie di Berlino. Ha pubblicato un cd dedicato alla musica di Leo Smit.
Nel 2014 Adrien Boisseau è stato designato “Giovane Artista dell’Anno” dall’International Classical Music Awards Association (ICMA).
È da poco stato pubblicato un suo cd, registrato con il pianista Gaspard Dehaene, dedicato alla musica di Robert Schumann.

Andrea Bacchetti è uno dei pianisti italiani più popolari, anche al pubblico televisivo.
Innumerevoli le copertine a lui dedicate dalle più autorevoli riviste musicali.
Debutta a undici anni con i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone; da allora suona più volte in numerosissimi festival internazionali tra cui Lucerna, Salisburgo, Belgrado, Lugano, Sapporo, Parigi, Bad Wörishofen, Husum e nei più prestigiosi festival italiani, così come è ospite delle più rilevanti istituzioni concertistico-orchestrali e delle principali associazioni, come il Teatro alla Scala di Milano, La Fenice di Venezia, il Parco della Musica di Roma, il Palazzo del Quirinale, il Teatro Carlo Felice di Genova.
Ha suonato con più di cinquanta direttori e numerose orchestre di rilievo internazionale, fra le quali Lucerne Festival Strings, Camerata Salzburg, RTVE Madrid, ONBA Bordeaux, MDR Sinfonieorchester Lipsia, Russian Chamber Philarmonic St. Petersburg, Kyoto Symphony Orchestra, Philharmonique de Nice e Philharmonique de Cannes, Prague Chamber Orchestra.
Ha tenuto tournée in Giappone e Sud America.
Nell’ambito della sua corposa discografia internazionale, sono da ricordare il CD Decca “Berio Piano Works” registrato sotto la guida del compositore; il DVD Arthaus con le Variazioni Goldberg di Bach; per RCA Red Seal ha registrato il SACD con le Sei Sonate di Cherubini ed i CD dedicati alle Sonate di Galuppi, Marcello e Scarlatti (quest'ultimo CD, “The Scarlatti Manuscript Restored”, ha vinto l'International Classical Music Award 2014 nella categoria Barocco Strumentale); “The French Suites” e “The Italian Bach” per Sony Music, entrambi CD del mese sulla rivista giapponese Record Geijutsu. Per Dynamic ha registrato numerose composizioni di Bach, come  “Invenzioni & Sinfonie” (CD del mese su BBC Music Magazine).
Nel 2014 è stato invitato dalla Filarmonica Toscanini ed ha registrato i concerti di Bach con la OSN-RAI di Torino; per la Stagione in corso sono previste nuove tournée in Spagna, Giappone, Germania, Libano, Hong Kong, Polonia, Lussemburgo, Messico e Russia.

Adrien e Andrea hanno deciso di unire le loro eccezionali esperienze artistiche per un concerto tutto dedicato alla musica di Johann Sebastian Bach, le cui composizioni si annoverano fra i capisaldi della musica colta occidentale.
Di Bach, Bacchetti eseguirà il famoso “Concerto Italiano”, mentre Boisseau delizierà il pubblico dell’Auditorium Tatà con la bellissima “Partita per viola”. Insieme, poi, i due straordinari musicisti suoneranno le tre “Sonate per viola e tastiera” BWV 1027, 1028 e 1029.

I prezzi per assistere al concerto sono i seguenti: Posto Unico € 18,00, ridotto € 14,00. I ragazzi fino a 13 anni pagano € 5,00. Diritto di prevendita € 2. Prevendite a Taranto presso la nuova sede degli Amici della Musica in via Toscana n. 22/a - tel. 099.7303972, 335.6253305; Basile Strumenti Musicali in via Matteotti n° 14 - tel. 099.4526853.

Per informazioni: Amici della Musica in via Toscana n. 22/a - tel.: 335.6253305


www.amicidellamusicataranto.it Ulteriori info sul concerto e sull’intera stagione sono disponibili sul sito www.amicidellamusicataranto.it.

mercoledì 14 gennaio 2015

PETRUZZELLI, AL VIA IL NUOVO PROGETTO PER COINVOLGERE GLI STUDENTI

Fondazione Petruzzelli:
al via un nuovo progetto per la diffusione della cultura musicale fra i giovani
Prima tappa i “concerti pilota” alla Tommaso Fiore ed al Convitto Cirillo


La Fondazione Petruzzelli sta organizzando un nuovo ciclo di iniziative dedicate alla diffusione della cultura musicale fra i giovani, fra i punti cardine della gestione del sovrintendente Massimo Biscardi, nell’ottica della formazione del “pubblico del domani”.

Si parte questa mattina (giovedì 15 gennaio 2015) a Bari, alle 10.00 nella scuola Tommaso Fiore con il primo dei “concerti pilota” che sarà replicato domani (venerdì 16 gennaio) al Convitto Cirillo.

A dar vita al concerto l’Orchestra d’archi del Teatro Petruzzelli, diretta dal maestro Andrea Albertin. Solisti Raffaele Bifulco (flauto), Simone De Franceschi (flauto), Camilla Castellucci (ottavino).

Il programma dell’iniziativa curata dall’Ufficio Scuola del Teatro Petruzzelli prevede l’esecuzione del Concerto per flauto ed archi in do minore rv 441, del Concerto per ottavino ed archi in Do maggiore rv 443 e del Concerto per due flauti ed archi in Do maggiore rv 533 di Antonio Vivaldi e della Simple Symphony, versione per orchestra d'archi di Benjamin Britten.



martedì 13 gennaio 2015

POULENC PER L'INAUGURAZIONE DELLA STAGIONE D'OPERA DEL PETRUZZELLI

Fondazione Petruzzelli:
La nuova produzione de "Les dialogues des carmélites " apre la Stagione d’Opera 2015


Venerdì 30 gennaio alle 20.30 sarà Les dialogues des carmélites (I dialoghi delle carmelitane) di Francis Poulenc, per la regia di Leo Muscato, ad aprire la Stagione d’Opera 2015 del Teatro Petruzzelli di Bari.
Sul podio dell’Orchestra della Fondazione Petruzzelli Daniel Kawka, maestro del Coro Franco Sebastiani.
Lo spettacolo è una nuova produzione della Fondazione Petruzzelli.
A curare le scene Federica Parolini, i costumi Silvia Aymonino, il disegno luci Alessandro Verazzi.
Assistente alla regia Alessandra De Angelis, assistente alle scene Matteo Martini, assistente ai costumi Elisa Benzoni.


A dar vita allo spettacolo: Jean-Philippe Lafont (Le Marquis de la Force), Ermonela Jaho (Blanche), Martial Defontaine (Le Chevalier de la Force), Sylvie Brunet-Grupposo, (Madame de Croissy), Cécile Perrin (Madame Lidoine), Anaïk Morel (Mère Marie), Valentina Farcas (Soeur Constance), Ekaterina Chekmareva (Mère Jeanne), Sara Allegretta (Soeur Mathilde), Rodolphe Briand (L’aumonier), Francesco Castoro (Première commissaire e Thierry), Domenico Colaianni (Deuxième commissaire e Le gèolier), Gian Luca Tumino (Première officier), Graziano De Pace (Monsieur Javelinot).

L’opera in tre atti e dodici quadri di Francis Poulenc (1899-1963) su libretto proprio, è tratta dal dramma omonimo di Georges Bernanos e fu rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 26 gennaio del 1957.

Nell’ambito della rappresentazione venerdì 23 gennaio alle 19.00, nel foyer del Petruzzelli avrà luogo il primo appuntamento della rassegna “Conversazioni sulla musica” intitolato Les dialogues des Carmélites di Francis Poulenc, a cura di Claudio Strinati.

L’opera sarà in replica domenica primo febbraio alle 18.00, martedì 3 e giovedì 5 febbraio alle 20.30.

Biglietti in vendita al botteghino del Teatro Petruzzelli e on line su www.bookingshow.it, Informazioni: 080.975.28.10. 

giovedì 8 gennaio 2015

NASCE IL PROGETTO #NEVERLANDOF

#neverlandOF: racconti d’opera in 140 caratteri

Dall’unione di Opera di Firenze, OperaVoice e Twitter nasce il progetto #neverlandOF, una vera e propria isola virtuale con rete wi-fi e 10 posti riservati a blogger che ad ogni prima di opera o balletto, attraverso un bando, concorreranno per twittare pensieri e foto durante lo spettacolo.
Si tratta della prima iniziativa in Italia in cui i tweet-seat sono dedicati a un progetto per chi vive i social media come luogo di comunicazione indispensabile per il mondo della lirica.
Il progetto prenderà il via in occasione della prima de I puritani di Vincenzo Bellini (28 gennaio 2015) per poi continuare con Dido and Æneas/Le jeune homme et la mort (1 marzo 2015) e La traviata (1 aprile 2015). I tweet-seat saranno nel primo palco a destra, scelto in quanto non visibile dal resto del teatro, così da non disturbare il pubblico.

Partecipare è semplice. È necessario:
·              seguire l’account Twitter ufficiale dell’Opera di Firenze @maggiomusicale
·              avere un account Twitter attivo con almeno un mese di vita;
·              avere twittato almeno due volte nel mese di dicembre 2014;
·              avere nel proprio account almeno 50 tweet.

Se il proprio account Twitter risponde a questi requisiti, basta inviare entro il 22 gennaio 2015 un tweet a @maggiomusicale scrivendo “#neverlandOF, primo palco a destra”. La procedura di valutazione è a cura dell’Ufficio Comunicazione e Marketing dell’ Opera di Firenze. I candidati saranno avvertiti con un tweet dell’esito della selezione, che sarà anche sul sito www.operadifirenze.it alla pagina dedicata.

Insieme al posto nel palco #neverlandOF, due selezionati a turno avranno un permesso speciale per partecipare alle prove generali seguendo da vicino il cast e la preparazione dello spettacolo.

Al termine di ogni rappresentazione saranno rese pubbliche sul web le metriche dei messaggi. A chi avrà generato il maggior numero di retweet, l’Opera di Firenze offrirà due biglietti di platea per uno spettacolo a scelta nel 2015.

Al tweet più originale scelto dall’Ufficio Comunicazione e Marketing,  verrà  offerto un biglietto di platea per un concerto a scelta nel 2015.

Per maggior informazioni : http://www.operadifirenze.it/neverlandof/



domenica 4 gennaio 2015

PETRUZZELLI, CONCERTO INAUGURALE DELLA STAGIONE SINFONICA 2015

SARA' ROBERTO ABBADO A DIRIGERE  L'ORCHESTRA DEL TEATRO PETRUZZELLI 


Sabato 10 gennaio alle 19.00 al Teatro Petruzzelli avrà luogo il concerto inaugurale della Stagione Sinfonica 2015, composta da ben 12 appuntamenti.

Aggiungi didascalia

Sul podio dell’Orchestra del Teatro il maestro Roberto Abbado, maestro del Coro Franco Sebastiani.
Solisti: Maria Grazia Schiavo (soprano), Daniela Pini (mezzosoprano), Robin Tritschler (tenore), Christian Senn (basso).
In programma: Messa dell’incoronazione in do maggiore K 317 di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sinfonia n.1 in do minore op. 68 di Johannes Brahms.



E domenica 11 gennaio alle 11.30 al Petruzzelli prenderà il via la Stagione Cameristica 2015 intitolata I concerti del mattino, che vedrà protagonisti i valenti musicisti dell’Orchestra del Teatro affiancati da alcuni dei solisti più apprezzati del panorama nazionale.
La Stagione d’Opera 2015 sarà inaugurata venerdì 30 gennaio alle 20.30 con Les dialogues des Carmélites (I dialoghi delle carmelitane) di Francis Poulenc, per la regia di Leo Muscato e la direzione di Daniel Kawka. A curare le scene Federica Parolini, i costumi Silvia Aymonino, il disegno luci Alessandro Verazzi.
In replica, domenica primo febbraio alle 18.00, martedì 3 e giovedì 5 febbraio alle 20.30.

Nell’ambito della rappresentazione venerdì 23 gennaio alle 19.00, nel foyer del Petruzzelli avrà luogo il primo appuntamento della rassegna “Conversazioni sulla musica” intitolato Les dialogues des Carmélites di Francis Poulenc, a cura di Claudio Strinati.