I "Dialoghi" di Poulenc, una raffinata scoperta
per orecchie sensibili di Alessandro Romanelli
Ieri sera, è andata in scena al Teatro Petruzzelli di Bari,
per la prima volta nella sua Storia, Les Dialogues des Carmélites ("I
Dialoghi delle Carmelitane") di Francis Poulenc del 1957, quale opera
inaugurale della nuova stagione 2015. Il nuovo sovrintendente riconfermato,
Massimo Biscardi, ha voluto dare subito un'impronta, che ricalca indubbiamente
quella di quando era Direttore Artistico a Cagliari. insieme al sovrintendente
Meli. A quell'epoca, vennero fuori tali
e tante preziosità (Stivaletti di Ciaikovskij e Alfonso und Estrella di
Schubert, due delle più interessanti) da far parlare l'intero mondo musicale
del Comunale di Cagliari.
La scelta, va detto, è assai coraggiosa, perchè produrre
un'opera del genere, tra l'altro, non costa affatto poco. Lo spettacolo è però
davvero bellissimo e si avvale, oltre che della splendida regia di Leo Muscato,
ben coadiuvato dalle assistenti Alessandra De Angelis e Maria Selene Farinelli,
con le scene spoglie ma essenziali (direi quasi "invisibili") di
Federica Parolini, su suggestivo disegno luci di Alessandro Verazzi. validi ed
appropriati i costumi, infine, di Silvia Aymonino.
Tornando al linguaggio musicale dell'opera-capolavoro di
Poulenc, va detto, che il primo atto è imbevuto da reminiscenze timbriche del
Pelleas di Debussy e del Tristan wagneriano, con cromatismi di davvero rara
raffinatezza ed eleganza. Bravo il direttore Daniel Kawka, a cogliere le
sfumature e le dinamiche con attenzione quasi maniacale e l'Orchestra a
tramutarle in stupenda musica, dal sapore ascetico e spirituale.
La storia dell'opera è presto detta: siamo nell'ambito
storico della Rivoluzione Francese e tra i provvedimenti dell'Assemblea
nazionale, l'organo legislativo del Governo rivoluzionario, c'è quello varato
nel dicembre del 1789: era fatto divieto a tutti gli ordini religiosi di
pronunciare nuovi voti. In seguito a questo atto la Commissione Distrettuale di
Compiègne, il 4 e 5 agosto, procedette ad inventariare i beni appartenenti al
convento delle Carmelitane. In seconda istanza chiese a ciascuna delle monache se fosse loro
intenzione continuare a vivere in clausura, oppure uscire ed abbracciare lo
stato laicale. Tutte scelsero di rimanere Carmelitane. Nel 1794, poi, con il
Terrore, che si profilava all'orizzonte, alla metà del 1792, arrivò la confisca
di tutti i beni del convento ed il sacrificio lacerante di otto suore, tutte
ghigliottinate.
Il dramma, scritto da Bernanos, disegna perfettamente questo
delicato passaggio, e la musica di Poulenc è a dir poco consona ed appropriata,
a seguire gli umori e la tensione crescente delle monache carmelitane.
Mentre il primo atto, si adagia su un un clima sonoro ascetico,
man mano che l'opera va avanti le tensioni armoniche diventano sempre più
sferzanti, visionarie e percussive; si avverte di certo, una velatura
stravinskiana, e tanto Prokofiev, rielaborato indubbiamente con la cifra
linguistica personalissima di Poulenc. Il finale è a dir poco straordinario e
vale l'intera opera: qui, il regista Muscato mostra la sua abilità inscenando
una ghigliottina gigantesca con una luce infuocata, più che dorata, nelle
quinte, e mentre la musica si staglia con inesorabile violenza percussiva e gli
ottoni sbraitano con piglio inesorabile, avanzano le monache per essere, una
alla volta, trucidate dalla ghigliottina. Il cast vocale, di levatura
internazionale, è perfettamente azzeccato ed adeguato. Citiamo per comodità i
ruoli delle protagoniste principali, oltre ai bravi Jean Philippe Lafont
(marchese de La Force) e a Martial Defontaine (Cavaliere de La Force); Blanche,
la protagonista dell'opera, è interpretata da un'eccellente Ermonela Jaho, che
nella tessitura, spesso impervia dell'opera, si destreggia benissimo, Cecile
Perry (Madame Lidoine) Valentina Farcas (Suor Costanza), Sara Allegretta (Suor
Matilde) e Anaik Morel (Madre Maria) sono sempre efficaci, sia scenicamente che
vocalmente. Ed infine, una citazione merita senz'altro il barese Domenico
Colaianni che in ben due ruoli (per una volta molto seri), offre il meglio di
sé. Ottima la presenza del Coro, curato con puntualità certosina
dall'impagabile maestro Franco Sebastiani, una sicurezza inscalfibile del
nostro teatro.
Alla fine applausi, in verità, un po' tiepidi e di
circostanza. Il pubblico, assai numeroso ieri, ha evidentemente bisogno di
tempo per capire. E ne siamo certi, applaudirà più convinto ed entusiasta alle
prossime repliche previste per domenica, alle 18, martedì alle 20.30, e giovedì
sempre alla stessa ora. A noi lo spettacolo è comunque piaciuto molto.
La recensione è di Alessandro Romanelli e la foto delle prove generali è di Carlo Cofano
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