Domenica 12 settembre ore 18.00, il Teatro di San Carlo riparte con un concerto diretto da Marco Armiliato.
Riparte domenica 12 settembre alle ore 18.00 la programmazione del Teatro di San Carlo.
In calendario un
concerto che vedrà protagonista l’Orchestra del Massimo napoletano
guidata per l’occasione da Marco Armiliato, recentemente applaudito nel Trovatore
verdiano in Piazza del Plebiscito, all’interno della Stagione estiva del San
Carlo.
Il tenore Lawrence
Brownlee, solista inizialmente annunciato, ha dovuto annullare l’impegno al San
Carlo a causa di un’improvvisa indisposizione.
Il programma dunque
sarà il seguente: ad aprire il concerto l’Ouverture in re
maggiore "im italienischen Stile", D. 590 e l’Ouverture
in do maggiore "im italienischen Stile", op. 170, D. 591 di
Franz Schubert.
A seguire la Sinfonia n. 2 in mi minore, op. 27 di Sergej Rachmaninov.
Guida all’ascolto di Angela Annese dal programma di sala del concerto.
Cuore musicale d’Europa, all’indomani del
Congresso che nel 1815 sancisce la restaurazione post-napoleonica, Vienna
accoglie con fervido calore il teatro musicale di Gioachino Rossini, del quale,
mentre è direttore musicale del Teatro di San Carlo a Napoli, tra il novembre
del 1816 e il giugno del 1817 vengono rappresentate L’inganno felice, Tancredi
– che, presentata nell’originale italiano, a distanza di poco più di un anno
tornerà in scena in lingua tedesca –, L’italiana
in Algeri e Ciro in Babilonia. Una
novità dirompente per gli ambienti musicali viennesi, ancor memori del
beethoveniano Fidelio, andato in
scena al Theater an der Wien nel novembre del 1805, e ben consapevoli del
significato e della portata della concezione nazionalistica dell’opera convintamente
propugnata e attuata in quegli anni da Carl Maria von Weber. Colpito
dall’immediato e indiscusso successo di Rossini, più anziano di lui di cinque
anni soltanto ma già sulla cresta dell’onda nei maggiori teatri d’Europa, nel
novembre del 1817 Franz Schubert (Vienna, 31 gennaio 1797 – 19 novembre 1828)
compone in pochi giorni, un po’ per omaggio e un po’ per scommessa, due
Ouverture per orchestra sul modello di quelle che aprono le opere rossiniane,
come lascia intendere la dicitura “im italienischem Stile”, giustapposta nel
titolo all’indicazione della forma probabilmente dal fratello Ferdinand. Il
giovane musicista, che ha cominciato a comporre ancora dodicenne e a vent’anni
è già autore di cinque sinfonie e di numerosissime pagine pianistiche, vocali e
cameristiche, è in questo momento fatalmente attratto dal Lied, per lui quasi
una vocazione, a dispetto della scarsa fiducia mostrata dal suo maestro Antonio
Salieri nelle concrete possibilità di carriera offerte da un genere di natura
tanto intima e complessa. Una prodigiosa creatività consente tuttavia a
Schubert, accanto a tante altre realizzazioni compositive nello stesso periodo,
di risolvere brillantemente il confronto con l’esempio rossiniano, cui egli
aderisce non solo in alcuni elementi evidentemente riconoscibili – la plastica
evidenza dell’invenzione tematica, le figurazioni di accompagnamento degli
archi, il tipico crescendo – ma anche nella freschezza comunicativa e nella
sapiente strumentazione, le qualità della scrittura rossiniana che più apprezza
e più gli sono congeniali. Ciò mantenendo intatta la propria voce raffinata e
raccolta così come la peculiare mobilità di una conduzione armonica che nelle
ardite modulazioni a tonalità lontane, spesso inattese, talvolta sorprendenti,
arricchisce di colori la tavolozza espressiva pur nel pieno rispetto del canone
formale, in una conduzione del discorso musicale scorrevole e affettuosa che è
un tratto distintivo della produzione schubertiana.
Così è per l’Ouverture in re maggiore D. 590,
che si apre con uno splendido Adagio percorso da un tema di toccante lirismo
sempre trasfigurato nel rapido attraversare tonalità e timbri strumentali, in
netto contrasto con il successivo Allegro giusto, lieve e spigliato, in cui il
riferimento a Rossini si fa esplicito con la citazione nel secondo tema
dell’aria “Di tanti palpiti” dal Tancredi,
che Schubert ha ascoltato dal vivo, così come nel fitto dialogo tra gli
strumenti e nella ‘stretta’ che dà corpo all’Allegro vivace conclusivo. La
seconda Ouverture, in do maggiore D. 591, non offre citazioni esplicite di
Rossini, ma rimanda comunque allo stile del compositore di Pesaro, soprattutto
nell’Allegro che segue all’Adagio iniziale. Lo “stile italiano” ricordato nel
titolo non è dunque riferito come in Bach (evocato evidentemente nel titolo)
alla musica strumentale barocca, ma all’opera italiana del tempo di Rossini,
trionfante in tutta l’Europa del tempo.
Quattordici anni ha Sergej Vasil’evič
Rachmaninov (Velikij Novgorod, 1 aprile 1873 – Beverly Hills, 28 marzo 1943)
quando compone le prime pagine sinfoniche ed è in procinto di compierne
ventiquattro quando nel marzo del 1897 a San Pietroburgo la sua Prima Sinfonia,
composta due anni prima e presentata per la prima volta al pubblico, conosce un
insuccesso senza appello. La sciatta direzione di Alexander Glazunov non giova
alla buona accoglienza del lavoro presso gli ambienti musicali pietroburghesi,
diffidenti quando non pregiudizialmente ostili al promettente compositore che a
Mosca ha compiuto la propria formazione e ha colto appena ventenne al Teatro
Bolshoj una brillante affermazione con l’opera Aleko, da un poema di Puškin. “Dopo lo scacco subito dalla mia
Prima Sinfonia, al rientro a Mosca ero un altro uomo. Quel colpo inatteso mi
aveva indotto ad abbandonare la composizione. Sono stato vinto da un’apatia
insormontabile. Non facevo più niente, non mi interessavo più a niente, passavo
le mie giornate accasciato sul divano, con tetri pensieri sulla mia vita
finita. Non avevo che qualche lezione di pianoforte come unica attività. Non
avevo alcuna opportunità di concerto né la speranza che il Conservatorio mi
assumesse come professore”. Tale è lo stato cui il clamoroso fiasco riduce il
musicista, che è prodigioso pianista ed eccellente direttore d’orchestra ma aspira
in primo luogo a essere un compositore e in questa direzione persegue la
definizione e l’affermazione della propria identità.
Prostrato da una depressione che lo conduce
alla totale afasia creativa, Rachmaninov riprende a comporre solo tre anni
dopo, non senza il determinante sostegno della cugina Natalija Satina, che
diverrà sua moglie, e dello psicologo Nikolaj Dahl, cui non a caso egli dedica
il celebre Concerto n. 2 op. 18 per pianoforte e orchestra che tra il 1900 e il
1901 riannoda i fili di un rapporto col pubblico bruscamente interrotto. Molto
altro tempo e un deciso cambio di orizzonte sono necessari perché prenda reale
consistenza l’idea di una nuova sinfonia, pure annunciata per la stagione
concertistica 1902-1903 della Società Filarmonica di Mosca curata da Alexander
Siloti, che di Rachmaninov è cugino ed è stato insegnante di pianoforte al
Conservatorio di Mosca. Trasferitosi con la famiglia nel 1906 a Dresda,
ritrovate tranquillità e fiducia in un contesto stimolante nel quale in
particolare l’incontro ravvicinato con il sinfonismo di Richard Strauss desta
in lui una forte impressione, nel corso del 1907 Rachmaninov si dedica alla sua
Seconda Sinfonia con continuità, terminandone infine la composizione nel
gennaio del 1908.
Non lontana da istanze e soluzioni proposte
nella Prima, la Sinfonia n. 2 in mi minore reca anch’essa, sviluppati con
maggior chiarezza e più raffinati strumenti, gli elementi fondanti della
poetica del suo autore: il saldo riferimento alla lezione di Čajkovskij e di
Rimskij-Korsakov, il costante richiamo all’idioma musicale e alla cultura della
terra d’origine, l’espansiva espressività, il turgore orchestrale, il tenace
legame con ‘il mondo di ieri’ nel suo ineluttabile dissolversi, la fedeltà alla
tonalità di impronta post-romantica volutamente scevra da ogni sperimentalismo,
l’impianto formale fondato, più che sulla dialettica tematica, sull’alternarsi
di energico dinamismo e aperta cantabilità come sul susseguirsi di climax e
anticlimax sonori ed emotivi. Su tutto, in un perenne rigenerarsi che avvince
nell’ascolto valicando i confini della forma, la melodia: “I compositori
esperti sanno bene che la melodia è suprema governatrice della musica. La
melodia è fondamento di tutta la musica, poiché una melodia perfettamente concepita
contiene in sé e genera il disegno armonico a essa naturalmente connesso. […]
L’inventiva melodica intesa nel senso più elevato è requisito vitale per il
compositore”.
Dedicata all’antico maestro Sergej Taneev ed
eseguita per la prima volta a San Pietroburgo il 26 gennaio 1908 con la
direzione dell’autore, la Sinfonia riceve una calorosa accoglienza anche dalla
critica più esigente e, qualche mese dopo, il prestigioso Premio Glinka,
entrando stabilmente nel repertorio sinfonico. Presto le amplissime dimensioni
consiglieranno consistenti tagli alla partitura, che resteranno radicati nella
prassi concertistica malgrado il dissenso e ben oltre la morte del suo autore.
Per Rachmaninov una nuova ragione di amarezza, che solo il secondo Novecento
saprà rimuovere archiviandola definitivamente nel passato.
Concerto Sinfonico
Teatro di San Carlo
domenica 12 settembre 2021, ore 18:00
MARCO ARMILIATO
Direttore | Marco Armiliato
Programma
Franz Schubert, Ouverture in re maggiore "im italienischen Stile", D.
590
Franz Schubert, Ouverture in do
maggiore "im italienischen Stile", op. 170, D. 591
Sergej Rachmaninov, Sinfonia n. 2
in mi minore, op. 27
Orchestra del Teatro di San Carlo
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