NEL SEGNO DI VERDI E WAGNER IL PRESTIGIOSO EVENTO MUSICALE MARTINESE
Come è consuetudine consolidata, presentata al Piccolo di Milano dal Direttore Artistico Alberto Triola ed alla presenza del Direttore del Teatro milanese Sergio Escobar e del Prof. Franco Punzi, Presidente del Centro Artistico Musicale "Paolo Grassi" la XXXIX edizione del Festival della Valle d'Itria.
L’anno 2013 appunta sul calendario musicale alcuni
significativi anniversari, a partire da quelli dei due giganti operisti
dell’Ottocento: Giuseppe Verdi e Richard Wagner, oltre a quelli di Benjamin
Britten e Gesualdo da Venosa, tutti significativamente onorati dalla XXXIX
edizione del Festival della Valle d’Itria.
Il cartellone - suggellato da un motto che quest'anno è
tratto dall'incipit di un celebre madrigale del barese Pomponio Nenna, coevo di
Carlo Gesualdo - è al solito ricco e variegato, con cinque opere, tra cui
un'opera per bambini appositamente commissionata, due preziose serate nel segno
di Wagner e Verdi, una serie di concerti di musica sacra e cameristica, tra
madrigali, Lieder e jazz, per un totale di ventisette appuntamenti. Alterna
novità, rarità e popolari capolavori assoluti e si avvale quest’anno - oltre
che della presenza di giovani di grande talento agli esordi della carriera -
anche di direttori d’orchestra di prestigio e rilievo internazionale.
Il Festival della Valle d’Itria 2013 – che riserva due
titoli d’opera su cinque al Belcanto italiano ottocentesco - vede il ritorno
come opera inaugurale di un’opera buffa – anzi, di un melodramma fantastico
giocoso.
La scelta è caduta su un lavoro che, dalla seconda metà
dell’Ottocento fino ai primi del Novecento, fu considerato uno dei massimi
capolavori del genere, oggetto di rappresentazioni in tutti i teatri italiani
dell’epoca: Crispino e la comare, dei fratelli napoletani Luigi e Federico
Ricci.
L’opera può davvero essere considerata un classico
dell’opera buffa di metà Ottocento, e Giuseppe Verdi stesso l’aveva nella
massima considerazione. Lo spiritoso e gustosissimo libretto di Piave unisce,
in una sorta di apologo, Molière a elementi fantastici fino ad allora del tutto
insoliti nelle commedie in musica. Nel 1938, sull’onda della straordinaria
popolarità del titolo, il regista Vincenzo Sorelli ne trasse un film. L'opera
manca dalle scene da circa un trentennio, dall’ultima felice edizione prodotta
dalla Fenice di Venezia, diretta da Peter Maag e messa in scena da Roberto De
Simone, del 1986.
La messa in scena martinese prevede il debutto in Italia di
Alessandro Talevi, trentasettenne regista sudafricano di origini italiane, che
si è distinto in area anglosassone per spettacoli di grande successo,
caratterizzati da una lucida, raffinata e ironica personalità, e si avvarrà
delle scene della giovane britannica Ruth Sutcliffe e dei costumi di Manuel
Pedretti.
Sul podio, per questa spumeggiante opera comica, un atteso
debutto, quello di Jader Bignamini, tra i più interessanti direttori emergenti
di scuola italiana, al suo esordio operistico al di fuori dell'alveo
dell'Orchestra Verdi di Milano, realtà che lo ha accompagnato con lungimiranza
dal ruolo di primo clarinetto a quello di direttore d'orchestra. Il Festival di
Martina Franca, come tradizione, ne ha individuato il talento e gli ha offerto
questo significativo debutto.
Tra gli interpreti, troviamo uno dei buffi di maggiore
intelligenza scenica e incisività attoriale, Domenico Colaianni, affiancato
dall'atteso ritorno sulle scene internazionali di Stefania Bonfadelli, gran
primadonna del belcanto sopranile e dal giovane e lanciatissimo Edgardo Rocha,
nato artisticamente proprio a Martina Franca con il Gianni di Parigi del 2010,
mentre nel ruolo della Comare si potrà ammirare la vocalità contraltile di
Romina Boscolo. Alessandro Spina, Mattia Olivieri e Carmine Monaco completano
una locandina di brillantissimi cantanti attori, come si conviene a un'opera di
irresistibile potenziale teatrale.
La seconda opera in cartellone è Maria di Venosa, gran
partitura di Francesco d'Avalos, raffinato, colto e ispirato musicista,
pochissimo valorizzato nel nostro Paese, eseguita una sola volta - in forma di
concerto - a Londra, diretta dall'Autore, nel 1992. La proposta si configura
come omaggio all'importante anniversario di Carlo Gesualdo di Venosa.
Più di vent'anni ci sono voluti per presentare questo
ambizioso lavoro in Italia (che si avvale di una parziale riorchestrazione
curata da Alberto Cara per Casa Musicale Sonzogno) e per vederlo rappresentato
scenicamente, in una produzione che sintetizza linguaggi diversi, messi al
servizio di una partitura per molti aspetti innovativa. Nelle parole del
regista-coreografo Nikos Lagousakos, che ne cura la realizzazione scenica,
l'opera di d'Avalos diviene:
"..una performance multimediale: video installazione,
musica, canto, video art, danza, prendono corpo sgorgando da un possente nucleo
centrale, metafora dell’anima e della coscienza... Con l'utilizzo di discipline
diverse, essa mette in scena una ricerca visuale e corporea su patologie
psicologiche come la melanconia, la depressione, la paura, la disperazione -
persino i diversi volti della follia -, rispecchiando l’anima tormentata del
protagonista, Carlo Gesualdo."
Lo spettacolo concentra ogni sua energia attorno ad un
monolite, la scenografia di Justin Arienti, nucleo drammatico pulsante dal
quale sgorgano le videoproiezioni di Matthias Schnabel.
D’Avalos ha scritto un’opera nella quale i personaggi
principali non cantano le parole di un libretto, ma esprimono sentimenti ed
emozioni quasi primordiali, la musica riconfermandosi protagonista assoluta del
lavoro, trasformandosi nella fisicità stessa dei personaggi e rendendosi essa
stessa interprete, personaggio. Questa visione ad un tempo astratta e
fisicamente concreta, incontra la cifra stilistica di Lagousakos, completamente
estranea ad un racconto didascalico, ad una rappresentazione che non sia
simbolica e astratta, e al tempo stesso limpidamente concreta.
Sulla scena, tre danzatori - Gloria Dorliguzzo, Marco
Rigamonti e Riccardo Calia - daranno corpo ai tre protagonisti del dramma
originale, che rievoca i tragici fatti della vita di Gesualdo.
Il coro del Teatro Petruzzelli, due solisti, il gruppo di
madrigalisti dell'Accademia del Belcanto "Rodolfo Celletti",
preparati da Antonio Greco, completano il quadro dei performers, sostenuti
dall'Orchestra Internazionale d'Italia e da un ensemble di strumenti antichi.
Alla guida della complessa operazione teatrale e musicale ci
sarà il giovane israeliano Daniel Cohen, assistente e allievo di Daniel
Barenboim, che torna a Martina Franca dopo il sensazionale concerto sinfonico
di chiusura della scorsa edizione del Festival.
La terza opera in cartellone è Giovanna d’Arco, che
rappresenta il contributo del Festival della Valle d’Itria al bicentenario
verdiano. Nessun altro festival o teatro italiano ed europeo ha messo in
programma la messa in scena di quest’opera nell’anno verdiano, fatta eccezione
per il Festival di Salisburgo che ne propone una versione in forma di concerto.
Giovanna d’Arco è la settima opera di Verdi, accolta da un
esito lusinghiero alla prima assoluta milanese del 1845 anche grazie alle
solide vocalità belcantistiche di Erminia Frezzolini e Antonio Poggi. Nonostante
il felice debutto milanese e il successo riscosso nei principali teatri
italiani che l'ebbero in cartellone negli anni a seguire (la ‘scabrosità’ del
soggetto indusse però la censura a vistosi cambiamenti, come nella versione
ribattezzata Orietta di Lesbos), l’opera non resse il confronto con le opere
della prima maturità, e negli Anni '50 dell'Ottocento iniziò ad essere
accantonata. Nei giorni del debutto Verdi fieramente dichiarava: “La Giovanna
d’Arco è la migliore delle mie opere senza eccezione e senza dubbio”; ma al di
là di questa dichiarazione evidentemente polemica nei confronti dei suoi
detrattori, il giovane operista era giustamente convinto dello straordinario
valore drammatico-vocale del ruolo della protagonista - di gran lunga il migliore
tra quelli delle opere "degli anni di galera". Non per niente lo
raccomandò nel 1865 a Teresa Stolz, che fu poi in effetti una splendida
Giovanna alla Scala; anche nel corso delle sparute riprese novecentesche il
ruolo ha sempre attratto primedonne di grande statura vocale e forte
temperamento drammatico-musicale, con il rischio di enfatizzare lo stereotipo
romantico del personaggio storico (che poco interessa a Verdi e a Solera) e di
equivocare il carattere vocale del personaggio operistico, che da eminentemente
e dichiaratamente belcantistico è stato spinto su versanti più drammatici, di
accento romantico/verista.
La Giovanna d'Arco del Festival 2013 si riallaccia
idealmente all’Ernani voluto da Rodolfo Celletti nel lontano 1991, che riuscì
nell’impresa di riportare la vocalità dell'opera verdiana nell’alveo nobile del
Belcanto ottocentesco. Questa nuova produzione si ripropone programmaticamente
lo stesso intento: l’impervio ruolo della protagonista – cantato nel corso
degli ultimi decenni da artiste quali Caballè, Anderson, Devia, Bonfadelli - è
stato infatti affidato a una delle più popolari interpreti belcantiste
dell’ultima generazione: Jessica Pratt, ammirata per il dominio tecnico
assoluto e la purezza della linea di canto. Accanto a lei, il giovane francese
Francois Borras che, dopo essersi formato e fatto ammirare in campo
internazionale, approda in Italia forte di una luminosissima e incantevole
vocalità tenorile. La parte di Giacomo è affidata al giovane Julian Kim,
messosi in luce in recenti produzioni belcantiste, dimostrando doti vocali e
musicali decisamente fuori dal comune.
Nel corso del Novecento l’opera ha avuto ben poche riprese,
la prima delle quali a Berlino, nel 1941, salutata con euforia come la
riscoperta di un gioiello sconosciuto, in occasione del quarantesimo
anniversario della morte dell’autore; tra le più recenti, in Italia, si
ricordano quella del 1951 a Napoli, del 1989 a Bologna e del 2008 a Parma. Lo
studioso verdiano Charles Osborne ebbe a fare una dichiarazione che ha senso
rileggere oggi, nella ricorrenza del doppio bicentenario: “Possibile che questi
commentatori di Verdi non abbiano udito qualcuna delle opere che liquidano così
facilmente e senza immaginazione? Come può fare a meno, uno che ama e capisce
Verdi, di rispondere alla generosità melodica e alla giovanile baldanza di
queste prime opere? Uno può amare il Tristano e la Valchiria e restare
refrattario a Le fate, al Divieto d’amare e al Rienzi, perché i primi sforzi di
Wagner sono pesantemente sgraziati, ma io diffido dell’uomo che adora il
Falstaff eppure non ha indulgenza per Il corsaro o I masnadieri”.
Al cospetto di un dramma di difficile resa teatrale, si è
scelto un regista la cui poetica possa misurarsi con la dimensione
insolitamente fantastica e visionaria del libretto, forte ancorché discontinua.
Ecco allora tornare a Martina Franca il giovane regista milanese Fabio Ceresa,
autore dello spettacolo L'Orfeo, immagini di una lontananza, che la scorsa
estate costituì una sorprendente rivelazione, conseguendo uno straordinario
successo di critica e pubblico.
Ceresa, mettendo a frutto anni di collaborazione con i più
grandi nomi della regia contemporanea come aiuto regista al Teatro alla Scala,
ha ideato uno spettacolo secondo i punti di forza della sua poetica:
valorizzazione dello spazio scenico e concentrazione di vortici emotivi e
drammatici attorno ai nuclei drammaturgici e testuali del dramma.
In un altro anno di gravi difficoltà economiche per il
Festival, questa Giovanna d'Arco si avvarrà meritoriamente di elementi
scenografici tratti dal ricco repertorio dei laboratori del Teatro Petruzzelli.
I costumi saranno curati dal giovane Massimo Carlotto.
La direzione d’orchestra è affidata a Riccardo Frizza, tra i
giovani direttori italiani più apprezzati nel mondo, che vanta una prestigiosa
e vasta esperienza di repertorio belcantistico, reduce tra l'altro da un
lusinghiero debutto alla Scala con Oberto, Conte di San Bonifacio, titolo con
il quale ha conseguito un importante successo personale. Il suo è un gradito
ritorno a Martina Franca, dove diresse, giovanissimo, un concerto verdiano che
ne mise in luce doti e temperamento. La sua lettura di Giovanna d'Arco potrà
esaltare sia il lato energico e dirompente della partitura, sia quello delle
preziosità di carattere belcantistico previste nelle parti vocali, assecondando
e sollecitando le potenzialità dei
cantanti chiamati al compito.
I giovani artisti dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo
Celletti”, oltre che negli altri spettacoli e concerti del Festival, avranno
ancora modo di misurarsi col proprio talento in un’opera appositamente
prodotta, che quest’anno è di particolare valore, trattandosi della prima
assoluta in tempi moderni di un’opera riscoperta di Leonardo Leo, tra le somme
espressioni della gloriosa Scuola pugliese-napoletana.
Si tratta di un lavoro dell’età matura, in effetti
dell’ultima opera comica del grande figlio di San Vito dei Normanni (la
partitura è del 1742), il cui autografo è conservato a Parigi: L’ambizione
delusa.
Questa commedia pastorale abbandona il napoletano come
lingua ufficiale dell’opera comica settecentesca, per caricarlo di significato
espressivo e drammatico, dando conto – in chiave ironica - delle differenze di
classe sociale tra i diversi personaggi dell’opera. La revisione del manoscritto
è stata affidata a Luisa Cosi, brillante musicologa del Conservatorio di Lecce.
Lo spettacolo, allestito nel rinnovato e splendido Chiostro
di San Domenico, si avvarrà della regia di Caterina Panti Liberovici, limpida e
fresca regista esperta di teatro da camera, mentre le cure musicali del piccolo
ensemble d’archi previsto in partitura saranno affidate a un ispirato e
sapiente musicista, clavicembalista e direttore d’orchestra specialista di
repertorio sei-settecentesco, quale Antonio Greco. Lo spettacolo, con le scene
di Sergio Mariotti e i costumi di Cristina Aceti, sarà portato anche a
Cisternino e ai Sassi di Matera.
Giuseppe Verdi sarà celebrato, oltre che con la messa in
scena di una delle sue opere più neglette, con l’esecuzione di un capolavoro
assai popolare quale la Messa da Requiem, partitura le cui meraviglie saranno
valorizzate dalla cornice di Palazzo Ducale, che si prepara così ad accogliere
uno degli avvenimenti musicali più importanti degli ultimi anni. La direzione è
affidata al giovane ma già celebre Omer Meir Wellber, direttore musicale del
Palau des les Artes di Valencia, che torna a Martina Franca dopo il trionfale
concerto sinfonico del 2011. Esemplare il quartetto dei solisti, scelti tra i
migliori giovani italiani dell’ultima generazione, tra cui Teresa Romano,
Michela Nardella, Giorgio Berrugi e Gianluca Buratto.
Altra serata molto attesa sarà quella dedicata a Richard
Wagner, con l’esecuzione dei Wesendonck Lieder, nella versione per orchestra e
soprano, insieme al primo atto di Walküre, vero e proprio colosso del teatro
musicale wagneriano.
Punto di forza e prestigio della serata sarà ovviamente la
direzione di Fabio Luisi, direttore principale del Metropolitan di New York e
General Musikdirektor dell’Opera di Zurigo.
Il Maestro Luisi torna a Martina Franca dove, un paio di
decenni fa, aveva iniziato a muovere i primi passi direttoriali grazie
all’intuito infallibile di Rodolfo Celletti.
I solisti wagneriani sono di valore internazionale: Ian
Storey – già Tristan alla Scala con Barenboim e più recentemente alla Fenice di
Venezia con Chung - sarà Siegmund, mentre la lituana Ausryne Stundyte darà voce
a Sieglinde, oltre ai magnifici Wesendonck Lieder che apriranno la serata.
Anche nel 2013 sono previsti gli abituali appuntamenti del
Concerto per lo spirito nella Basilica di San Martino e del ciclo Novecento e
oltre, nel Chiostro di San Domenico, all'interno del quale si segnala una
serata dedicata a una rilettura in chiave jazz di pagine del più ispirato
repertorio seicentesco, affidata al soprano Roberta Mameli.
Dopo lo straordinario successo di pubblico dello scorso
anno, è confermata poi la sequenza di concerti di Fuori orario, previsti in
luoghi e ore diverse e non convenzionali (come gli apprezzatissimi appuntamenti
notturni di mezzanotte), finalizzati a valorizzare e far conoscere alcuni dei
luoghi più caratteristici e suggestivi di Martina Franca e della Valle d’Itria.
Quest’anno è previsto anche un Concerto carmelitano,
suggerito dall'occorrenza di un importante anniversario di una delle più
antiche confraternite cittadine.
Dopo la felice esperienza degli ultimi anni, prosegue con
rinnovato impegno ed entusiasmo l’iniziativa Festival Junior, dedicata ai più
giovani e realizzata da bambini e ragazzi avviati alla conoscenza dei primi
elementi della musica e del teatro musicale, con la preziosa collaborazione
della Fondazione Paolo Grassi. A Daniela Terranova, giovane e ammirata
compositrice, e a Fabio Ceresa – qui nella sua veste di drammaturgo e
librettista – è stata affidata la commissione di un’opera originale per bambini
dal titolo Le falene, che sarà eseguita e cantata anche da giovanissimi
interpreti appositamente addestrati nel corso dei mesi precedenti il festival.
Anche questo spettacolo, allestito nella cornice del Chiostro di San Domenico,
sarà affidato alla regista Caterina Panti Liberovici.
Il tradizionale e ormai ambito Premio del Belcanto “Rodolfo
Celletti” sarà consegnato quest’anno a Lella Cuberli, soprano statunitense
dalla fulgida carriera internazionale, legata artisticamente e affettivamente a
Martina Franca, che la ricorda in numerose esibizioni di grande successo, a
cavallo tra gli anni ’70 e ‘80. Nel corso della serata si esibirà anche il
soprano Jessica Pratt, che con Lella Cuberli ha perfezionato diversi ruoli del
repertorio belcantistico.
A fronte dello straordinario successo riscosso lo scorso
anno tra pubblico e addetti ai lavori con l’iniziativa delle tre opere
nell’arco di un solo fine settimana, si è deciso di confermare la formula,
allargandola addirittura. Tra il 25 luglio e il 1 agosto, il pubblico in arrivo
nella Valle d’Itria potrà scegliere tra nove appuntamenti di assoluto rilievo,
tra opere e concerti, tra cui tre opere e i due concerti straordinari previsti
dal cartellone.
Da sottolineare due importanti elementi di novità, che
segnano il rafforzarsi di una politica di coesione territoriale e di
valorizzazione delle risorse in ambito regionale: il debutto a Martina Franca
del Coro del Teatro Petruzzelli di Bari, diretto da Franco Sebastiani,
impegnato in tutte le opere del cartellone, oltre che nell'attesa Messa da
Requiem verdiana, e quello dell'Orchestra della Magna Grecia di Taranto,
importante ICO del territorio provinciale, i cui archi saranno impegnati
nell'opera di Leonardo Leo. L'Orchestra Internazionale d'Italia, residente al
Festival da oltre cinque lustri, sarà invece protagonista - come di consueto -
in tutti gli altri appuntamenti del cartellone.
Va infine annunciata una nuovissima collaborazione con il
Teatro San Carlo di Napoli, per un'importante coproduzione ideata per la XL
edizione del Festival del prossimo anno (con il Don Checco di Nicola De Giosa):
altro segno tangibile di una collocazione sempre più strategica del Festival
della Valle d'Itria all'interno della rete produttiva nazionale.
La sua vocazione storica, quella cioè di stimolare una
riscoperta della grande tradizione musicale pugliese e della Scuola napoletana,
lo colloca infatti quale cerniera ideale tra le due Fondazioni
lirico-sinfoniche di riferimento nel mezzogiorno peninsulare: Petruzzelli e San
Carlo.
Tutte le opere del Festival saranno oggetto, come ormai
consuetudine, di trasmissione radiofonica nell'ambito della programmazione di
RadioTre, nonché della ripresa audiovideo finalizzata alla realizzazione di Dvd,
in modo da allargare le potenzialità di diffusione internazionale delle
produzioni del Festival.
Alberto Triola
Direttore artistico