lunedì 16 settembre 2013

IL GIOVANNI PAISIELLO FESTIVAL SI CONCLUDE CON GRANDI CONSENSI

IL 18 SETTEMBRE SI CONCLUDE L'11ma EDIZIONE DEL PAISIELLO FESTIVAL

Si avvia verso la conclusione la straordinaria edizione 2013 del “Giovanni Paisiello festival”. Mercoledì 18 settembre, nell’affascinante chiostro del Museo Diocesano (MUDI) del cuore del Borgo antico di Taranto, in vico Seminario I, si svolgerà l’ultima giornata del festival, articolata in due momenti importanti perché il direttore artistico Lorenzo Mattei e l’Associazione Amici della Musica, che organizza il festival, considerano da sempre la musica barocca come un propellente dinamico proiettato al futuro e non, citando Mahler, “un culto delle ceneri”.

              In questa prospettiva, la direzione del festival assegna annualmente il prestigioso Premio “Giovanni Paisiello festival” a una personalità o istituzione culturale che abbiano contribuito alla riscoperta e valorizzazione del patrimonio musicale paisielliano. Nell’albo d’oro sono presenti nomi decisivi della cultura nazionale, della musicologia o dell’arte esecutiva barocca, “premiati” eccellenti come il baritono Bruno Praticò, i musicologi Dino Foresio, Pierfranco Moliterni (ospite anche del Giovanni Paisiello festival 2013), Roberto De Simone e Dinko Fabris, il Festival della Valle d’Itria, Pietro Spada e, nella scorsa edizione, lo studioso Alessandro Lattanzi.

              L’ambito riconoscimento, quindi, verrà consegnato nelle mani del vincitore alle ore 21 e, subito dopo, alle 21,15 nella stessa magica “location”, sarà presentato lo spettacolo di danza-teatro “L’abito nudo” di Alberto Cacopardi, compagnia Manonuda teatro, con lo stesso straordinario performer alla danza e una colonna sonora eseguita dal vivo da Mirko Lodedo al pianoforte con il soprano Maria Laura Iacobellis.
              
               Si tratta di un appassionante e innovativo spettacolo multidisciplinare di danza teatralizzata, una creazione di Alberto Cacopardi che è uno dei maggiori sperimentatori contemporanei, le cui esperienze formative vanno dall’arte circense alla danza giapponese butoh, vincitore di molti premi internazionali e finalista, del Festival “Voci dell’Anima” 2011. Le musiche che si ascolteranno sono di Mirko Lodedo e di Giovanni Paisiello, nel quadro di tradizione/innovazione che da sempre identifica le scelte artistiche del festival tarantino. Luci di Walter Mirabile.

               Cosa è “l’abito nudo”? Un abito ricopre pelle, corpo, ossa, capelli, multiforme e cangiante espressione delle differenti anime del danzatore. Queste anime si manifestano e danzano la loro essenza nel fecondo incontro tra persone che la vita ci regala. Nell’esplorazione di queste presenze, maschile e femminile si incontrano e il ballerino li incarna entrambi, vestendosi e spogliandosi prima di uno e poi dell’altro, condividendo e “partecipando” col pubblico la sua trasformazione.

               Il “Giovanni Paisiello festival” - Premio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - è organizzato dagli Amici della Musica “Arcangelo Speranza” con il sostegno della Direzione dello spettacolo dal Vivo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Puglia e del Comune di Taranto, oltre all’intervento dell’ANCE Taranto, della BCC di San Marzano di San Giuseppe, della Vittoria Assicurazioni, del GAL Colline Joniche e della Valdo Spumanti.

               Il “Giovanni Paisiello festival” è membro di ReMAOP - Rete dei Festival di Musica Antica e Operistica di Puglia promossa da Puglia Sounds, il programma della Regione Puglia per l’incentivazione del “sistema musica”.

              


               Per tutte le informazioni www.giovannipaisiellofestival.it o al Numero Verde 800 960137, ed anche ai numeri 099.7303972 - 335.6253305.

giovedì 12 settembre 2013

AL PAISIELLO FESTIVAL IL QUARTETTO D'ARCHI "IL PARTIMENTO"

Doppio appuntamento domani con l’undicesima edizione del “Giovanni Paisiello festival” in programma nell’affascinante chiostro del Museo Diocesano (MUDI), nel cuore del Borgo antico di Taranto.

Alle ore 18,30 con ingresso gratuito, il musicologo Lorenzo Mattei (direttore artistico del “Giovanni Paisiello festival”) presenterà al pubblico tarantino il suo volume “Musica e dramma nel dramma per musica, aspetti dell’opera seria” (Progedit editore), una stimolante conversazione sui temi della musica operistica seria del ‘700 .

Mattei propone nel suo studio, un’analisi dell’azione di alcuni compositori, come Pergolesi, Jommelli, Giordani, Piccinni, Paisiello e lo stesso Mozart, nel loro riuscito tentativo di superare gli stilemi dell’opera barocca, orientati in particolare all’esaltazione dei virtuosismi di castrati e primedonne, per far approdare il melodramma serio ad un più emozionante e “concreto” realismo musicale. All’incontro parteciperà il prof. Pierfranco Moliterni dell’Università “Aldo Moro” di Bari.
 
Nella stessa serata, con inizio alle ore 21, si terrà il concerto del Quartetto d’Archi “Il Partimento”, con un affascinante programma in cui saranno presentati al pubblico i primi quattro magnifici quartetti per archi di Giovanni Paisiello, nella prospettiva della riscoperta del repertorio, in parte poco conosciuto ma artisticamente sublime, del compositore tarantino. Ad eseguirli Fabio Cafaro e Flavia Truppa al violino,Paolo Battista alla viola e Giuseppe Grassi al violoncello.

Oltre ai Quartetti, il violinista Fabio Cafaro eseguirà in veste di solista un’importante pagina del compositore tedesco Matthias Pintscher (classe 1971) in omaggio al nostro grande musicista: “Omaggio a Giovanni Paisiello: due fantasie sopra frammenti tematici dei quartetti d’archi per violino” (1991), a testimonianza del grande rilievo in cui oggi, a livello internazionale, si colloca Paisiello nell’ambito della storia della musica colta europea.

Il “Giovanni Paisiello festival” - Premio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - è organizzato dagli Amici della Musica “Arcangelo Speranza” con il sostegno della Direzione dello spettacolo dal Vivo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Puglia e del Comune di Taranto, oltre all’intervento dell’ANCE Taranto, della BCC di San Marzano di San Giuseppe, della Vittoria Assicurazioni, del GAL Colline Joniche e della Valdo Spumanti.

Il “Giovanni Paisiello festival” è membro di ReMAOP - Rete dei Festival di Musica Antica e Operistica di Puglia promossa da Puglia Sounds, il programma della Regione Puglia per l’incentivazione del “sistema musica”.


Per tutte le informazioni www.giovannipaisiellofestival.it o al Numero Verde 800 960137, ed anche ai numeri 099.7303972 - 335.6253305.



mercoledì 11 settembre 2013

LA CANTATA DI SAN GENNARO CON L'ENSEMBLE BAROCCO DEL SAN CARLO

SERATA MAGICA AL PAISIELLO FESTIVAL CON LA CANTATA DI SAN GENNARO

Taranto – Il Paisiello Festival è giunto alla terza giornata  di questa undicesima, indovinata edizione ed al secondo appuntamento del ciclo “Viaggio nelle cantate napoletane di Paisiello” con la “Cantata di San Gennaro”, su libretto del Marchese di Galatone, scritta in occasione della translazione del sangue di San Gennaro nella circoscrizione del Nilo. Ancora un “sold out” dopo la prestigiosa esibizione di Ton Koopman sull’organo del ‘500 nella chiesa Madre di Grottaglie e la splendida perfomance in occasione della presentazione del dramma giocoso “La Musica e la Grotta”, in forma di romanzo del giovanissimo Attilio Cantore, diplomatosi in pianoforte presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali Giovanni Paisiello di Taranto.   Ed ancora altri giovani promesse di questo istituto musicale, Valeria La Grotta(soprano), Serena Mastrangelo (soprano), Diego Capriulo(contraltista), Fabio Perillo (tenore), Luca Simonetti (baritono) con gli altri solisti del Coro Choraliter Dora Marangi(contralto),  Nicola Luzzi (baritono), Roberto Tarso(tenore), ottimamente preparati dal maestro Pierluigi Lippolis, direttore dei Choraliter, sono stati i coprotagonisti della Cantata di San Gennaro. Ovviamente particolarmente preziosa dell’Ensemble barocco dell’Orchestra del San Carlo di Napoli, costituita da artisti di  grande bravura, Giuseppe Carotenuto(primo violino), Roberto Roggia(secondo violino), Filippo Dell’Arciprete(viola), Manuela Albano(violoncello), Alessandro Mariani (contrabbasso), Fabio D’Onofrio(oboe), Tommaso Rossi(flauto),  che hanno suonato strumenti barocchi con corde di budello; maestro concertatore al fortepiano Dario Candela e coordinatore artistico Giuseppe Carotenuto. L’opera si articolava su tre personaggi  appartenenti  a rappresentazioni simbolico-religiose: la Fede (soprano), la Gloria (soprano), la Religione (tenore) interpretate da artisti venuti anche essi da Napoli: Roberta Andalò(soprano), Sabrina Santoro(soprano)e Leopoldo Punziano(tenore). Sofisticata la scrittura dei fiati e del coro che ha impegnato non poco gli artisti per le numerose difficoltà esecutive e canore. Grandi applausi, provenienti da un pubblico numeroso e competente, a conclusione del concerto, hanno convinto il maestro Dario Candela a concedere la replica della parte finale dell’opera.

G.L.

sabato 7 settembre 2013

LA CANTATA DI SAN GENNARO AL PAISIELLO FESTIVAL





L’ORCHESTRA BAROCCA DEL TEATRO DI SAN CARLO
A TARANTO PER LA CANTATA DI SAN GENNARO

Taranto - 9 settembre, MUSEO DIOCESANO DI ARTE SACRA – ore 21



L’affascinante viaggio nella musica di Giovanni Paisiello (Taranto, 1740 – Napoli, 1816) e del Settecento prosegue nella programmazione del “Giovanni Paisiello festival” con la 
cantata originale di Giovanni Paisiello scritta in occasione della Translazione del Sangue di San Gennaro nel sedile di Nilo.
                                3 voci: Gloria, soprano; Fede,tenore; Religione, contralto.
Sempre nell’elegante chiostro del Museo Diocesano d’Arte Sacra (MUDI), in vico Seminario I nel Borgo Antico di Taranto, nella serata del 9 settembre prossimo (ore 21) sarà la volta di un altro imperdibile concerto dedicato al Maestro tarantino: in prima assoluta in tempi moderni sarà, infatti, presentata la “Cantata per la transalazione del Sangue di San Gennaro”, una importante commissione che Paisiello ricevette da una delle circoscrizioni napoletane, quella del “Nido”, in occasione della trasalazione (il temporaneo trasferimento) delle ampolle con le famose reliquie, il 5 maggio 1787, dalla Cappella del Duomo al “Sedile” della circoscrizione.

Molti altri maestri attivi nella città partenopea hanno scritto cantate per questa occasione della prima domenica di maggio, una delle tre grandi feste annuali dedicate a san Gennaro: da Cristofaro Caresana a Domenico Cimarosa, per fare solo due nomi importanti.

La magnifica “Cantata” paisielliana del 1787 è una estesa azione drammaturgica per tre voci, coro e orchestra, la cui elegante e raffinata partitura, revisionata per l’occasione da Marco Palombo, sarà suonata dall’Ensemble Barocco del Teatro San Carlo di Napoli, diretto da Dario Candela, compagine nata in seno all’Orchestra del Teatro partenopeo e dedicata in particolare all’immenso repertorio del ‘600 e ‘700 del Meridione  italiano.
Con l’Ensemble, canteranno i solisti del coro Choraliter, preparati da Pierluigi Lippolis, insieme con il soprano Roberta Andalò, il contralto Sabrina Santoro e il tenore Leopoldo Punziano. Una splendida occasione per ascoltare, in prima assoluta in tempi moderni, uno dei monumenti musicali del grande maestro tarantino. 
La prestigiosa carica di maestro di cappella della Real Casa napoletana obbligava Giovanni Paisiello a produrre musica anche in occasioni che non possono essere definite profane, ma nemmeno sacre, perché non strettamente correlate alla liturgia cattolica.
Un grande musicista di corte come lui poteva essere chiamato a comporre opere di occasione devozionale solo dalle élite nobiliari, tanto più che l’impegno del compositore in queste occasioni diventava essenziale per motivi afferenti i rapporti, sempre strettissimi, tra nobili e clero, estrinsecati in ambiti extra-liturgici quali le esigenze delle influenti confraternite o delle cappelle private.
Quando Paisiello, nel 1787, fu chiamato a comporre la Cantata a tre per la transalazione del Sangue di San Gennaro, il genere, declinante, stava per essere sostituito da quello della “serenata” teatrale. L’opportunità fu fornita da una della circoscrizione cittadina del Nido (o Nilo).
Scrive Michael F. Robinson (1994): “Prima della Rivoluzione del 1799 la città di Napoli era governata da un consiglio costituito dai ministri della Corona e da altri sei gentiluomini, cinque dei quali eletti dalla nobiltà ed il sesto […] eletto direttamente dal popolo. Le cinque circoscrizioni
della nobiltà venivano contrassegnate con i nomi Capuana, Montagna, Nido (o Nilo), Porto e Portanova.
Durante il primo sabato di maggio era costume trasportare il reliquiario contenente il sangue di San Gennaro […] in processione sino alla sede amministrativa (Sedile) di una delle sedi elettorali.
A turno, ogni circoscrizione doveva ospitare il reliquiario del
Santo patrono”.
L’occasione consentiva ai nobili di consolidare, attraverso commissioni ai musicisti più stimati e “alla moda”, le posizioni di potere rivestite nell’ambito cittadino.
Si instaurava senz’altro, fra le circoscrizioni, una sorta di competizione che si trasferiva anche sui compositori chiamati al compito, con esplicite preferenze e polarizzazioni che legavano musicisti e istituzioni amministrative.
Cito, a titolo di ulteriore esempio, la commissione del “componimento drammatico” Il trionfo della fede affidata a Domenico Cimarosa da parte del Sedile di “Porto”, sempre per la traslazione
della reliquia, nel maggio 1794.
Un profilo più preciso dei rapporti fra occasioni calendariali para-liturgiche e i correlati aspetti musicali è offerto da Eugenio Faustini-Fasini (1940): "Nelle feste e processioni, particolarmente in quelle di S. Gennaro e del Corpus Domini […], figuravano i rappresentanti dei Sedili; e gli edifici delle loro adunanze si adornavano di drappi e splendevano di luminarie. Nel ‘700 si soleva anche darvi piccole rappresentazioni musicali o Cantate. Per queste ricorrenze, la prassi compositiva prevedeva l’allestimento di una azione drammaturgica a più voci, con estesa orchestrazione.
Nella cantata per la traslazione del 5 maggio 1787 si rileva una sofisticata scrittura dei fiati e dei cori, sebbene essa sia articolata in modo ancillare rispetto a quella del canto come, d’altra parte, in tutta la produzione di Paisiello. I personaggi sono tre e appartengono a topoi simbolico-religiosi: la Fede (soprano), la Gloria (soprano), la Religione (tenore), con il Coro di Virtù e il Coro di Genij Celesti (soprano, contralto, tenore e basso)".
Il libretto, scritto dal “Marchese di Galatone” (Faustini-Fasini), risulta perduto in versione autonoma a stampa. L’ampia partitura manoscritta originale, appartenente alla Biblioteca del Conservatorio di San Sebastiano, poi confluita in quella del San Pietro a Majella, costituita da ben 294 pagine, è stata revisionata e approntata per l’occasione del Paisiello Festival 2013 da Marco Palumbo.

                                     CANTATADI SAN GENNARO (1787)
                   VIAGGIO NELLE CANTATE NAPOLETANE DI PAISIELLO

Ensemble Barocco del Teatro di San Carlo
Giuseppe Carotenuto, primo violino
Roberto Roggia, secondo violino
Filippo Dell’Arciprete, viola
Manuela Albano, violoncello
Alessandro Mariani, contrabbasso
Fabio D’Onofrio, oboe
Tommaso Rossi, flauto
(strumenti barocchi con corde di budello)
Roberta Andalò, soprano
Leopoldo Punziano, tenore
Sabrina Santoro, contralto
coordinatore artistico Giuseppe Carotenuto
maestro concertatore e fortepiano Dario Candela
con i solisti del coro Choraliter
Valeria La Grotta, soprano
Serena Mastrangelo, soprano
Diego Capriulo, contraltista
Dora Marangi, contralto
Fabio Perillo, tenore
Roberto Tarso, tenore
Luca Simonetti, baritono
Nicola Luzzi, baritono
Direttore del coro Pierluigi Lippolis.
Revisione dagli spartiti autografi a cura di Marco Palumbo
in collaborazione con il Centro Italiano di Musica da Camera di Napoli.

G.L.


AL PETRUZZELLI IN SCENA LA SONNAMBULA

"La Sonnambula" di Vincenzo Bellini, Teatro Petruzzelli Bari

    CON LA SONNAMBULA DI BELLINI RIPRENDE L'ATTIVITA' LIRICA DEL TEATRO PETRUZZELLI

Con Il melodramma in due atti di Vincenzo Bellini "LA SONNAMBULA" da un libretto di Felice Romani e tratto dal ballo  pantomimo "La somnambule, ou L’arrivée d’un nouveau seigneur" di Eugène Scribe e Jean Pierre  Aumer , riprende la stagione lirica del politeama barese.

La prima rappresentazione dell’opera ebbe luogo a Milano al Teatro Carcano il 6 marzo del 1831. Dirigerà l’Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli il maestro Daniele Callegari,.A curare i costumi e le scene Cristian Taraborrelli, i video Gianluigi Toccafondo, il disegno luci  Marco Giusti, le coreografie Roberto Aldorasi. 
I protagonisti:  Paolo Pecchioli (Il Conte Rodolfo), Sara Allegretta (Teresa), Jessica Pratt (Amina), John Osborn (Elvino), Alessandra Marianelli (Lisa), Francesco Verna (Alessio), Raffaele Pastore (Notaro). 
 La prima avrà luogo il 14 p.v. alle 20.30 ed ad essa seguiranno altre 4 repliche.Telecom Italia trasmetterà  la prima del 14 in streaming.
 Le altre repliche martedì 17 settembre alle 20.30 , giovedì 19 settembre alle 20.30, domenica 22 settembre alle 18.00 , martedì 24 settembre..

Domenica 8 settembre alle 11.00, nel foyer del Teatro Petruzzelli, per la  rassegna “Lezioni d’Opera” il musicologo Giovanni Bietti terrà una conversazione dedicata al tema  La sonnambula e le “melodie lunghe” di Bellini. 
Biglietti in vendita al Botteghino del Teatro Petruzzelli e on line su www.bookingshow.it
Per informazioni: 080.975.28.40

mercoledì 4 settembre 2013

G. PAISIELLO FESTIVAL : TON KOOPMAN CONQUISTA IL PUBBLICO TARANTINO

   TON KOOPMAN INCANTA IL PUBBLICO 


Grottaglie (TA) - Un preziosissimo organo a canne, gioiello dell’arte organara e della produzione musicale della metà del ‘500, recentemente restaurato con il ripristino della magnifica cassa lignea e la cantoria e con le antiche canne originali ( alcune di esse risalgono addirittura alla fine del ‘400) ed il più importante organista, esecutore e studioso al mondo della musica di Johann Sebastian Bach e dei repertori musicali del Sei e Settecento europeo, sono state le due gemme che hanno impreziosito l’edizione 2013 del “Giovanni Paisiello festival”. L’organo, si trova a Grottaglie, presso la Collegiata Maria Ss. Annunziata (Chiesa Madre), è uno degli organi più antichi d’Italia e domina l’altare principale;  l’organista d’eccezione che ne ha fatto rivivere il suo prezioso suono è il maestro Ton Koopman, direttore e fondatore di prestigiose istituzioni musicali, come l’Amsterdam Baroque Orchestra & Choir, Musica da Camera, Musica Antiqua. Ton Koopman suona con le più importanti orchestre al mondo e per le sue attività ha collezionato premi delle più prestigiose istituzioni musicali, come il tedesco ”Echo Klassik”, l’inglese “BBC Award 2008”, il francese “Prix Hector Berlioz”, la “Bach-Medaille” della città di Lipsia. Ha ricevuto nomination per il “Grammy Award” statunitense e per il “Gramophone Award” inglese. Svolge una intensa attività accademica ed è membro onorario della Royal Academy of Music di Londra. E’ iniziato con questo concerto  il “Giovanni Paisiello festival”, giunto alla XI edizione, ogni anno più ricco di novità ed artisti importanti.  Il Giovanni Paisiello Festival, Premio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è organizzato dagli Amici della Musica “Arcangelo Speranza” con il sostegno della Direzione dello spettacolo dal Vivo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Puglia e del Comune di Taranto e con l’intervento della Città di Grottaglie. La cronaca riferisce di una precisa volontà del maestro Koopman, che quando ha appreso dell’esistenza di questo eccezionale strumento, ha voluto regalare a Taranto questo concerto, che rimarrà unico per il connubio inedito tra l’arte del grande musicista olandese e il particolarissimo timbro acustico di questo eccezionale organo a registri separati. Su un grande schermo  sono state proiettate le immagini di Ton Koopman durante l’esecuzione dei brani ed il folto pubblico presente ha potuto apprezzare l’estrema abilità del musicista olandese e la versatilità nel passare dall’esecuzione di brani di uno dei massimi organisti e maestri di musica del ‘600 come l’olandese Sweelinck, a Frescobaldi e Froberger, all’organista spagnolo Bruna ed al tedesco Buxtehude, per arrivare al ‘700 con la Sonata in si bemolle del nostro Paisiello ed un altro grande come Sebastian Bach. Applausi scroscianti provenienti da un pubblico competente ed un ‘pumo’, simbolo di Grottaglie, donato all’artista dal Presidente degli Amici della Musica Paolo Ruta, hanno salutato la fine di questo raro, graditissimo concerto.

G.L.







domenica 1 settembre 2013

CLAUDIO ABBADO E LA PERFEZIONE DELL'INCOMPIUTEZZA


Nell’arte musicale romantica, e dunque nella tradizione secolare delle esecuzioni e dell’estetica, vige un mito paradossale, inerente all’incompiutezza. L’opera non conclusa sarebbe la dimostrazione dell’impossibilità stessa di finire, ossia di contenere la tensione infinita all’interno di una singola opera (en voici le mythe), eppure il prodotto del genio sarebbe comunque perfetto, anche quando ‘non compiuto’ in ogni sua parte (bisticcio etimologico, perché il latino perfectum significa appunto ‘completato’, e imperfectum è ‘incompiuto’).
Accostare dunque nel programma di un concerto due grandi sinfonie non completate, la VII di Franz Schubert (L’Incompiuta per antonomasia) e la IX di Bruckner(con cui le certezze del sinfonismo romantico tramontano per sempre) è impresa titanica che soltanto un musicista prodigioso come Claudio Abbado può affrontare; tanto più allusiva, nell’ambito di un Festival di Lucerna che intitola la sua giubilare edizione n. 75 ¡Viva la Revolución! In effetti, rivoluzionario fu Schubert nell’ampliare a dismisura le proporzioni sinfoniche (si pensi alla Grösse); rivoluzionario Bruckner nel tendere ai limiti delle possibilità armoniche e tonali una musica che oltrepassava di più lunghezze lo stesso Schubert e Wagner; rivoluzionaria, non da ultimo, è la lettura di Abbado, che azzera il mito romantico dell’incompiutezza perfetta, sostituendolo con una commovente rappresentazione della fragilità e del dolore umani, a volte troppo opprimenti per permettere il termine di un progetto artistico.L’Allegro moderato che apre il torso schubertiano sgorga da un tremolo dei violini impressionante per la sua sonorità minima, eppure definita: un ronzio inquietante, un frullare di ali su cui si adagia il primo tema melodico. Abbado predilige il pizzicato (la cifra “artigianale” dell’intero concerto) dei violoncelli, equilibrandolo con i legni e gli ottoni. Sarebbe ozioso parlare della trasparenza e della leggerezza ottenute dal direttore; piuttosto, del suono spicca la dilatazione, tesa al massimo e sostenuta con straordinaria intensità. Nell’Andante con moto si ripresenta un effetto già apprezzato in precedenza, del disegno di ciascuna sezione orchestrale che è dato intendere distintamente dall’inizio alla fine, e non in modo frammentario come accade solitamente: Abbado insiste dunque – nell’incompiutezza dell’opera – sulla percezione completa della singola proposizione musicale, di ciascuna struttura architettonica della partitura (da quelle macroscopiche dei temi principali alle figurazioni di sostegno e di accompagnamento). Il garbatissimo pizzicato dei contrabbassi richiama poi quello dei violoncelli del I movimento, e tanto più si differenzia dal suono dei violini nella sezione di raccordo, così tenue, levigato, scavato nella sonorità da richiamare i pianissimi di Mahler. Negli ultimi accordi non c’è alcun compiacimento o sottolineatura retorica da pomposo sensus finis applicato ad arte: Abbado non smentisce la sua concezione totalmente anti-retorica della musica.
Se Schubert è autore frequentato da moltissimi anni, e indagato nella complessità delle componenti sintattiche, lo studio applicato ultimamente a Bruckner (e proprio a Lucerna, con la IV, la V, la I, e ora la IX Sinfonia) giunge a risultati sconvolgenti: l’interpretazione di Abbado rovescia quasi tutte le consuetudini esecutive cui l’ascoltatore è abituato, allontanandosi dai luoghi comuni sul sinfonista magniloquente, trionfale, aggressivo, mistico, intriso di Dio. Il Bruckner di Abbado non è nulla di tutto questo, perché il direttore ne fa emergere soprattutto la dimensione dolorosa e tragica, ossia propriamente umana, incerta, senza risposte. Anche a tale proposito l’incompiutezza della sinfonia si spiega come dramma di mezzi linguistici ed espressivi troppo pervasivi; l’esistenza stessa del compositore non fa in tempo a risolvere tutti gli arcani, non riesce a dipanare il nodo gordiano dell’armonia e della testura del problematico IV movimento. Nell’interpretazione che Abbado offre dei primi tre, l’assenza del finale, su cui Bruckner si arrovellò fino a poche ore prima della morte, non è inquietudine sublime dell’artista romantico, impedito da un afflato spirituale che in lui soffia troppo potente, ma deriva dalla difficoltà tecnica, da un’arte ostica e paralizzante, dalla sfida agli strumenti espressivi, condotti al limite delle loro possibilità.
A seguito di tale impostazione il direttore può anche far scorrere alcune frasi senza enfasi o pesantezza, come poco dopo l’attacco e prima dell’enunciazione del tema d’avvio nelFeierlich, Misterioso che apre la sinfonia. Grande sorpresa è ascoltare il motivo portante reso come un cantabile, con lo stesso tempo di quanto precede: il dispiegamento del suono segue dinamiche differenti rispetto a quel che accadeva in Schubert. Eppure con il modello schubertiano si profila un collegamento sempre più importante, allorché il pizzicato dei violoncelli determina l’accompagnamento, ed è coronato da cenni appena udibili dei corni, con una raffinatissima saldatura sonora. Quando singoli strumenti devono enunciare un brandello di tema o un disegno parallelo, Abbado ne mantiene le sonorità in piano, affinché non sorga alcun eroico protagonismo (con i legni si tratta di un effetto bellissimo e inedito). Il terzo tema del I movimento, quello che gli antichi esegeti indicavano come “lo spirito del Gotico”, o con etichette evocative del genere, costituisce un pendant del precedente cantabile, ma gravato da una tristezza incalzante. Al suo centro l’intervento del flauto ha un atteggiamento sfacciato, quasi espressionistico, come a sfidare un dolore lancinante. Se si manifesta solennità, nel momento in cui la prima tromba emerge appena sul flutto degli archi, è solennità funerea, quasi da marcia funebre. Il suono orchestrale pieno raggiunge l’amalgama perfetto di tutte le sezioni, profilando comunque frasi di violoncelli e contrabbassi davvero mai udite in precedenza, mentre il movimento si conclude nel colore della più dolorosa tragedia.
Un vigorosissimo pizzicato (ancora!) inaugura lo Scherzo (Bewegt, lebhaft, mentre ilTrio reca la sola indicazione Schnell), in cui Abbado ribalta l’accostamento usuale a un Bruckner compulsivo e forsennato; la sciocchezza critica è giunta a definire questa musica come volontà dischiacciare e di distruggere. È invece la tragedia dell’essere schiacciati da una realtà tanto più insidiosa poiché avanza leggiadra, a passi di danza (Abbado non dimentica la natura originaria dello Scherzo); ne è emblema il Trio, temporaneo incanto in cui l’oboe effonde da solo ulteriore disperazione.
Presenza sonora che apparenta II e III movimento è il timpano cupo e ossessivo, che nell’Adagio (Langsam, feierlich) assurge quasi a pedale, fino a quando gli archi enunciano il secondo tema con una forza sonora che supera anche quella di ottoni e legni. Poi, come fenomeno preventivato, a polarizzare l’ascolto è il doppio pizzicato dei violoncelli e dei violini: inesorabile come ogni struttura geometrica, esso si oppone a una breve frase di transizione del flauto (preludio del ritorno al primo tema), che innesca una specie di dissoluzione della tonalità (e si spiega perché, ora come in precedenza, Abbado faccia suonare lo strumento in modo marcatamente novecentesco). L’antinomia è dunque realizzata, poiché si oppongono un procedere rigoroso e fiducioso (il pizzicato tante volte valorizzato) e lo sfaldamento progressivo della sintassi tonale: è l’esistenza che sfugge e viene meno; ed è – sembra suggerire Abbado con l’accostamento delle due sinfonie incompiute – un ossimoro che conduce all’aporia del finale mancante. Dopo l’ultimo accordo, ineffabile preludio al nulla eterno, il pubblico del KKL resta a lungo in silenzio, anche quando Abbado ha ormai abbassato le braccia; un turbamento incantato, trasfigurante, che soltanto l’esplosione di un interminabile applauso cerca di liberare. Foto Priska Ketterer, Peter Fischli, Georg
Anderhub ©Lucerne Festival