giovedì 3 novembre 2016

RIGOLETTO TORNA AL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA

RIGOLETTO TORNA AL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
IN UNA NUOVA PRODUZIONE DI ALESSIO PIZZECH


In scena dall’8 al 18 novembre 2016
Diretta Radio3 Rai martedì 8 novembre alle 20.00
Sul podio Renato Palumbo

Dopo il successo della Turandot messa in scena lo scorso settembre con il Teatro Comunale di Bologna a Nara, in Giappone, il regista toscano Alessio Pizzech debutta al teatro felsineo con un altro titolo del grande repertorio italiano: Rigoletto di Giuseppe Verdi, in programma dall’8 al 18 novembre. Sul podio dell'Orchestra del Comunale un attento interprete del repertorio verdiano come Renato Palumbo; sul palco si alternano nei ruoli principali alcune voci del panorama lirico internazionale come Marco Caria e Vladimir Stoyanov, impegnati nel ruolo del titolo, Celso Albelo e Raffaele Abete, che interpretano il Duca di Mantova, Irina Lungu e Scilla Cristiano nel ruolo di Gilda. “Come gli eroi della tragedia greca – dice Alessio Pizzech – anche Rigoletto è vittima del suo stesso disegno e non può fare nulla per modificare la situazione. La vendetta, tanto evocata e desiderata, cade su di lui, trasformandolo nell’eroe tragico di una modernità sorprendente, assoluta. Chiuso nella sua trama – che diventa un cerchio, una gabbia che egli costruisce attorno a sé – Rigoletto determina le vicende che portano alla morte della sua stessa figlia. Metafora delle nostre segrete repulsioni, Rigoletto incarna quel conflitto tra la maschera che indossiamo in società e ciò che più intimamente percepiamo di noi stessi e degli altri.”
Le scene dello spettacolo sono affidate a Davide Amadei, i costumi a Carla Ricotti e le luci a Claudio Schmid. Il Coro del Teatro Comunale di Bologna è preparato da Andrea Faidutti.
Completano il cast vocale Antonio Di Matteo (Sparafucile), Rossana Rinaldi (Maddalena), Beste Kalender (Giovanna), Andrea Patucelli (Il conte Monterone), Raffaele Pisani (Marullo), Pietro Picone (Matteo Borsa), Hugo Laporte (Il conte di Ceprano), Marianna Mennitti (La contessa di Ceprano/Un paggio) e Michele Castagnaro (Un usciere).
La prima rappresentazione di Rigoletto di martedì 8 novembre alle ore 20.00 sarà trasmessa in diretta radiofonica su Rai Radio 3.
Lo spettacolo è realizzato grazie al sostegno dell’Associazione Amici del Teatro Comunale di Bologna e del Gruppo Hera, che attraverso il sostegno al Comunale intende proseguire nell’impegno a favore delle eccellenze culturali che animano il tessuto sociale del territorio raggiunto dai propri servizi.
Il prossimo appuntamento della Stagione d’Opera 2016 del Teatro Comunale è previsto giovedì 15 dicembre con una nuova produzione del Werther di Massenet, con Juan Diego Flórez nel ruolo eponimo e Michele Mariotti sul podio.
I biglietti dello spettacolo (da 125 a 10 euro) sono in vendita online sul sito www.tcbo.it e presso la biglietteria del Teatro Comunale di Bologna. Eventuali biglietti invenduti saranno disponibili da un'ora e mezza prima dell'inizio di ogni spettacolo al 50% del costo.



RIGOLETTO
Melodramma in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi

8 novembre 2016 – 20:00 Turno Prima
9 novembre 2016 – 20:00 Turno FS
10 novembre 2016 – 20:00 Turno A
12 novembre 2016 – 18:00 Turno P
13 novembre 2016 – 15:30 Turno D
15 novembre 2016 – 20:00 Turno FS
16 novembre 2016 – 18:00 Turno C
17 novembre 2016 – 20:00 Turno B
18 novembre 2016 – 18:00 Turno FP

Teatro Comunale

Direttore Renato Palumbo
Regia Alessio Pizzech                        
Scene Davide Amadei
Costumi Carla Ricotti
Luci Claudio Schmid
Movimenti scenici Isa Traversi        
Assistente alla regia Valentina Brunetti                                
Maestro del Coro Andrea Faidutti

Nuova produzione del TCBO

Personaggi e interpreti

Rigoletto Marco Caria (8, 10, 13, 15, 17 novembre) / Vladimir Stoyanov (9, 12, 16, 18 novembre)
Il duca di Mantova Celso Albelo (8, 10, 13, 15, 17 novembre) / Raffaele Abete (9, 12, 16, 18 novembre)
Gilda Irina Lungu (8, 10, 13, 15, 17 novembre) / Scilla Cristiano (9, 12, 16, 18 novembre)
Sparafucile Antonio Di Matteo        
Maddalena Rossana Rinaldi
Giovanna Beste Kalender
Il conte di Monterone Andrea Patucelli
Marullo Raffaele Pisani                                
Matteo Borsa Pietro Picone
Il conte di Ceprano Hugo Laporte
La contessa di Ceprano Marianna Mennitti
Un usciere Michele Castagnaro
Un paggio Marianna Mennitti
Allievi della Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone


LA MUSICA OLTRE L’ACQUA E IL FANGO AL TEATRO DELL'OPERA DI FIRENZE

In occasione del cinquantesimo anniversario la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino partecipa alle manifestazioni in ricordo dell’alluvione di Firenze del 1966

LA MUSICA OLTRE L’ACQUA E IL FANGO
Il “miracolo” del Teatro Comunale di Firenze: 4 – 27 novembre 1966
A cura di Moreno Bucci con la collaborazione di Annalena Aranguren

Il 27 novembre 2016 alle ore 21, il teatro aprirà le sue porte alla cittadinanza per un concerto gratuito in ricordo del concerto di riapertura.


Firenze 3 novembre 2016 - La Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino partecipa doverosamente alle celebrazioni per anniversario della tragedia che colpì  Firenze il 4 novembre 1966 e lo fa allestendo una mostra fotografica e di oggetti che sarà ospitata presso la Sala Vetri del Foyer di platea dal 5 al 27 novembre 2016. La mostra è curata da Moreno Bucci con la collaborazione di Annalena Aranguren.

Il Teatro Comunale di allora,  a poche decine di metri dall'argine, è colpito dall'alluvione, la platea, più bassa rispetto al livello stradale, è coperta di fango. I danni sono ingenti: il palcoscenico è rovinato, strumenti musicali e vestiti di scena sono stati ingoiati dal fango, il grande organo da concerti è stato demolito dalla furia delle acque. Documenti, materiale di archivio e oggetti sistemati negli scantinati sono persi per sempre, altri per fortuna sono recuperati. L’istituzione fu colpita molto seriamente al pari di tutte le altre in città ma si rialzò in breve tempo , la prima fra tutte,  divenendo il simbolo della rinascita di tutta Firenze.

La mostra espone fotografie originali che mostrano i danni subiti dal Teatro Comunale di Firenze a causa dell’alluvione. Sono inoltre esposti i figurini ancora con i segni dell’alluvione di Georges Wakhévitch per La sposa sorteggiata di Ferruccio Busoni al Maggio Musicale Fiorentino 1966 e i costumi e i gioielli di scena donati, a seguito dell’alluvione, da Ebe Stignani come atto di amore nei confronti del teatro dove tanto aveva cantato. Due pareti sono dedicate alla serata del 27 novembre che segnò la riapertura dopo solo 23 giorni  del Teatro Comunale di Firenze, prima istituzione fiorentina a risorgere dal disastro, con L’ Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi. La musica riuscì ad essere il faro della rinascita di una intera comunità.

Per la mostra allestita nella sala vetri del foyer di platea l’artista Giulio Paolini, usando una foto diventata iconica di un frac tutto imbrattato di fango di un professore d’orchestra,  ha creato l’immagine simbolo di questo evento che sarà anch’essa in mostra.

L’Opera di Firenze, si unisce a tutte le altre Istituzioni e realtà cittadine nelle celebrazione di questo evento ed è per questo che la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino ha ritenuto giusto, il 27 novembre 2016 alle ore 21, di aprire il teatro per una concerto offerto alla città e ai cittadini.



Opera di Firenze - Sala Vetri del Foyer di platea
Vernissage - sabato 5 novembre ore 11.30
Apertura mostra: ogni giorno  - con esclusione del lunedì  - dalle 10 alle 14 e, in occasione delle serate con spettacoli, dalle 18 al termine dello spettacolo. In occasione delle recite pomeridiane la mostra riaprirà alle ore 1430 per chiudere al termine della recita.
Ingresso libero.


Catalogo curato da Moreno Bucci, con Annalena Aranguren.

mercoledì 2 novembre 2016

SUL PODIO DEL TEATRO CARLO FELICE ANDREA BATTISTONI NEL CONCERTO PER PIANOFORTE DI LUDOVICO EINAUDI

Venerdì 4 novembre Concerto sinfonico
Direttore Andrea Battistoni

La Stagione Sinfonica 2016 del Teatro Carlo Felice prosegue venerdì 4 novembre alle ore 20.30 con un eccezionale concerto sinfonico, che ci permette di ritrovare sul podio a dirigere l’orchestra del Teatro Carlo Felice Andrea Battistoni, fresco di nomina a guida principale della prestigiosa Tokyo Philarmonic Orchestra e recentemente applaudito nel concerto celebrativo dedicato Niccolò Paganini, questa sera nella duplice veste di interprete e compositore.  
In apertura, in prima esecuzione italiana, il Concerto per pianoforte di Ludovico Einaudi, (classe 1955) con la partecipazione solista del celebre Emanuele Arciuli,  vincitore del Premio Abbiati nel 2011 come miglior solista e considerato uno delle voci più originali e interessanti della nuova scena concertistica, anche per via del repertorio, che spazia da Bach alla musica d’oggi, di cui – con speciale riferimento agli Stati Uniti – è considerato uno dei più convinti interpreti dagli stessi.
Il brano porta il titolo “Domino”: l’omonimo antico gioco orientale è evocato – spiega lo stesso compositore – in ragione della modalità in cui i diversi tasselli del brano vengono collegati, attraverso un processo di analogie, echi ed allitterazioni. Formalmente, il concerto rispetta la tradizionale forma classica tripartita, con particolare attenzione al pianoforte che gioca un ruolo principale e determinante... “Domina” l’orchestra, appunto, in un percorso che Einaudi definisce «un labirinto colmo di specchi... Il pianoforte è come un cavallo bianco che corre in un tunnel nero». Commissionato dalla Royal Liverpool Philharmonic Society, concepito in poche settimane , prevede oltre al solista un organico che comprende l’arpa e gli archi.
Seguirà élan vital (Rhapsody for orchestra) di Andrea Battistoni, brano del 2016 commissionato dal teatro genovese ed eseguito questa sera in prima assoluta .  La pagina trae ispirazione – come si legge nelle note introduttive alla partitura – dal profondo fascino esercitato sull’autore dalla filosofia di Henri Bergson e dal dibattito sul superamento della crisi del linguaggio musicale in ambito sinfonico. La profonda scissione tra avanguardia e conservatori che ha inasprito la ricerca musicale fino alla fine del XX° secolo necessita di un definitivo superamento, sotto l’egida di quell’Eclettismo invocato dal compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein nel memorabile ciclo di lezioni “The Unanswered Question”.
Chiude il concerto, The Young Person’s Guide to the Orchestra, una delle pagine più note e solari di Benjamin Britten. Realizzata nel 1946 nasce quale commento musicale di un documentario didattico realizzato dall’amico carissimo – librettista e regista – Eric Crozier, compagno di Britten in tante avventure creative.

Alle ore 19.30, presso la Sala Paganini del Teatro Carlo Felice , si terrà una breve conferenza introduttiva al concerto con il M° Andrea Battistoni a cura dell’Associazione Teatro Carlo Felice.




venerdì 4 novembre 2016 ore 20.30
quinto concerto in abbonamento

Direttore
Andrea Battistoni





Pianoforte
Emanuele Arciuli

Ludovico Einaudi
Domino per  pianoforte e orchestra

Andrea Battistoni
élan vital (Rhapsody for orchestra)
Prima esecuzione assoluta – Commissione del Teatro Carlo Felice

Benjamin Britten
The Young Person’s Guide to the Orchestra


ORCHESTRA DEL TEATRO CARLO FELICE

DAL 9 AL 17 NOVEMBRE "TURANDOT" AL TEATRO PETRUZZELLI


Fondazione Petruzzelli: Turandot di Giacomo Puccini
Allestimento Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari

Mercoledì 9 novembre alle 20.30 al Teatro Petruzzelli andrà in scena la prima di Turandot, per la regia di Roberto De Simone, dirigerà l’Orchestra Giampaolo Bisanti, maestro del Coro Fabrizio Cassi, maestro del Coro di Voci Bianche Vox Juvenes Emanuela Aymone.
A curare la ripresa del capolavoro di Giacomo Puccini il maestro Ivo Guerra.


La produzione della Fondazione Petruzzelli inaugurò la Stagione d’Opera 2009/2010, la prima dopo la ricostruzione del Teatro ed è stata rappresentata con grande successo di pubblico e critica al Teatro Comunale di Bologna (Stagione 2011/2012), al Teatro dell’Opera di Roma (Stagione 2012/2013) ed al Teatro di San Carlo di Napoli (Stagione 2015/2016).

Le scene sono di Nicola Rubertelli, i costumi di Odette Nicoletti, il disegno luci di Vincenzo Raponi, le coreografie di Domenico Iannone.
Turandot sarà interpretata da Tiziana Caruso (9, 11, 13 e 16 novembre) e Maria Billeri (10, 12, 15 e 17 novembre), Rino Matafù sarà Altoum, a dar vita al personaggio di Timur saranno Deyan Vatchkov (9, 11, 13 e 16 novembre) e Cristian Saitta (10, 12, 15 e 17 novembre).
Il ruolo di Calaf  sarà interpretato da Carlo Ventre (9, 11, 13 e 16 novembre) e Amadi Lagha (10, 12, 15 e 17 novembre).
Daria Masiero (9, 11, 13 e 16 novembre) e Valentina Farcas (10, 12, 15 e 17 novembre) canteranno Liù.
Domenico Colaianni sarà Ping, Saverio Fiore Pang, Massimiliano Chiarolla Pong.
Tiziano Tassi canterà Un mandarino, Raffaele Pastore (9, 11, 13 e 16 novembre) e Francesco Napoletano (10, 12, 15 e 17 novembre) saranno il Principe di Persia, Maria Silecchio (9, 11, 13 e 16 novembre) e Roberta Scalavino (10, 12, 15 e 17 novembre) saranno la Prima ancella, Giovanna Padovano (9, 11, 13 e 16 novembre) e Teresa Caricola (10, 12, 15 e 17 novembre) la Seconda ancella.

Il dramma lirico in tre atti e cinque quadri su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni è tratto dalla fiaba teatrale di Carlo Gozzi ed è stato rappresentato per la prima vola al Teatro alla Scala di Milano il 26 aprile 1926.

In replica giovedì 10 e venerdì 11 novembre alle 20.30, sabato 12 e domenica 13 novembre alle 18.00, martedì 15, mercoledì 16 e giovedì 17 novembre alle 20.30. I biglietti ancora disponibili sono in vendita al botteghino del Teatro Petruzzelli e on line su www.bookingshow.it



LA STORIA DEL PRINCIPE CALAF
E DELLA PRINCIPESSA TURANDOT
di Roberto De Simone
La favola di Turandot fa parte di una raccolta di fiabe persiane intitolata Les Mille et un Jour (I mille e un giorno). L’orientalista Francois Pétis de la Croix nel 1674 la raccolse e la trascrisse a Isfahan da un manoscritto persiano, probabilmente in forma di commedia indiana del XVI sec., ma sicuramente di antichissima origine. Nel 1710 essa, tradotta in francese, fu pubblicata a Parigi e poi in altre lingue.
Il nodo della vicenda ha inizio con la narrazione delle peregrinazioni di Calaf, principe dei Nogai, che vaga in esilio con la madre Elmase e il Khan Timur suo padre in seguito alla sconfitta subìta dall’invasione dell’esercito del Sultano Khoresmi. Dopo diversi episodi Calaf giunge a Pechino, in Cina, per entrare al servizio dell’Imperatore Altoum-Khan; viene informato delle crudeltà della principessa Turandot. Ella è ossessivamente memore di una invasione patita dal suo regno, quando una sua mitica antenata, purissima fanciulla, divenne preda di un soldato dell’esercito invasore, dal quale fu violentata e uccisa. Ritenendosi quasi la reincarnazione di tale antenata ella aborre gli uomini sui quali esercita una continua vendetta mandando a morte i suoi pretendenti alle nozze i quali non riescono a sciogliere gli enigmi che ella propone come prova condizionale al matrimonio. Inorridisce Calaf ma, al solo vedere un ritratto della Principessa se ne innamora e chiede ufficialmente di sottoporsi alla prova. Seguono l’episodio degli enigmi (Il Sole, il mare, il ciclo del tempo annuale) risolti da Calaf; l’ostinato rifiuto alle nozze di Turandot, e la proposta del principe di indovinare il proprio nome. Nella notte di attesa la Principessa invia nelle stanze di Calaf una propria schiava con l’intento di carpirne il nome. Ma la donna, innamorata segretamente di lui, riesce con un inganno a conoscere il segreto del Principe, al quale propone di fuggire con lei e lasciare la Cina, informandolo che Turandot è intenzionata a farlo assassinare nelle sue stesse stanze. Ma Calaf rifiuta la fuga con lei ribadendo il suo amore per Turandot. La schiava, allora, per vendicarsi, rivela il nome alla sua padrona, che all’alba del dì seguente lo rende palese al padre vincendo la prova, eppure, soggiogata dalla perseveranza amorosa di Calaf, accetta di sposarlo. A tal punto insorge la schiava delatrice che, al colmo della gelosia e del disappunto passionale, trae un pugnale e si uccide, dichiarando di volersi sciogliere dalle catene della schiavitù e da quelle dell’amore.
La salma della schiava vittima di un tenace sentimento viene rivestita sontuosamente e, deposta presso le tombe degli imperatori della Cina, per cui diviene oggetto di culto imperituro. L’antologia I Mille e un Giorno si contrappone chiaramente a Le Mille e una Notte. Difatti, mentre questa narra di un Principe che all’alba manda a morte una donna, Turandot al tramonto condanna alla pena capitale un uomo. In buona sostanza, l’origine di entrambe le raccolte affonda le sue radici in arcaici miti cosmogonici che riguardano il Sole e la Luna nel loro continuo alternarsi ciclico di vita, morte, rinascita.
Il tema riguardante gli enigmi rimanda a lontani riti iniziatici nei quali rientra il noto episodio della Sfinge che pone a Edipo una medesima prova da superare per potere sposare la regina Giocasta. L’elemento del nome da indovinare si connette alla sacralità del nome nascosto, di un mantra, di una divinità, di un eroe e non al reale nome assunto comunemente da tale eroe o da un dio. Conoscere il nome misterico di un’entità celeste o infera equivale ad avere in proprio potere l’essenza, l’anima dell’eroe o del dio stesso. Anche Turandot alla fine della rappresentazione teatrale non palesa il nome di Calaf, ma quello di Amore del quale si sente in potere. Peraltro, la crudeltà di Turandot assume carattere divino, di un dio al di sopra della comune morale, al di fuori del bene e del male.
La fredda Principessa è agita, è posseduta da un demone, dall’anima di una sua antenata, che attraverso la sua discendente si vendica dello stupro usatole da uno straniero nel corso di un’invasione militare. Da questo demone Turandot è posseduta finché un atto di amore placherà lo spirito oltraggiato (la morte di Liù o della schiava più che il bacio di Calaf). Infine, Turandot sposa Calaf obbedendo alla sua natura femminile, introducendo miticamente quel periodo di tempo, ovvero la sospensione del tempo stesso, che si connota come ierogamia solare-lunare.
Ritornando al tema delle origini, in forma epica, il tema di Turandot fu trattato nel 1198 dal poeta persiano Nezami col titolo “I sette ritratti” la cui azione si svolge in Russia (solo posteriormente la trama del racconto venne ambientata in Cina). La fiaba acquistò rinomanza letteraria attraverso la commedia che nel ’700 il Carlo Gozzi ne trasse mantenendo i nomi originali di Calaf, di Turandot, di Timur, dell’Imperatore Altoum, eppure introdusse, in ossequio alle consuetudini teatrali del suo tempo, le maschere di Tartaglia, di Pantalone, di Brighella e di Truffaldino.
Il personaggio di Liù fu adombrato da Adelma, Principessa Tartara schiava di Turandot, che, ugualmente innamorata di Calaf, tenta di trafiggersi per gelosia, ma viene trattenuta da Calaf che le toglie di mano il pugnale (il Gozzi non poteva introdurre un elemento tragico in una convenzionale commedia a lieto fine). La scena è in Pechino – recita la didascalia strutturale del Gozzi – il vestiario di tutti i Personaggi è Chinese, salvo quello di Adelma, di Calaf e di Timur, ch’è alla Tartara.
Nel secolo IXX, Federico Schiller traspose in tedesco, ugualmente in versi, la commedia del Gozzi, praticandovi pochissime modifiche (variano, ad esempio i tre enigmi proposti da Turandot). Ma identica è la struttura drammaturgica, uguali risultano i dialoghi, combaciano i personaggi e le azioni. A tale proposito lo scrittore Andrea Maffei che a metà secolo ritradusse la Turandot in italiano scrisse:
«Tradotta dal tedesco questa singolarissima composizione, mi venne desiderio di rileggerne l’originale italiano per vedere e notare i passi dallo Schiller mutati; e con mio stupore trovai che ben di poco il poeta straniero si era allontanato dal nostro. A che dunque vuolsi attribuire l’oblio nel quale è caduta in Italia la Turandot di Carlo Gozzi, mentre in Germania e si legge e si ascolta con sempre nuovo piacere? Non ad altro (mi giova il ripeterlo) fuori che alla negligenza della lingua e del verso. Lo Schiller altro non fece che sostituire il suo nobile e poetico stile al volgarissimo e spesso abbietto del Gozzi: ecco tutto il prestigio.»1
Eppure, bisogna considerare il frequente impiego del dialetto introdotto dal Gozzi nelle battute delle maschere, secondo gli stereotipi linguistici della Commedia dell’Arte. Lo Schiller fu costretto a tradurre le frasi dialettali uniformandole alla lingua tedesca messa in bocca agli altri personaggi.
Tale adeguamento fu sottolineato dallo stesso Schiller dopo l’elencazione dei personaggi, col dichiarare:
«Qualora si volesse mettere sulle nostre scene la Turandot, converrebbe dare altro nome alle quattro maschere oggidì non tollerabili.2»
 
Il compositore Carlo Maria von Weber, nel 1809, scrisse le musiche di scena per la Turandot (sicuramente per l’adattamento elaborato in versi dallo Schiller). La partitura consta di un’ouverture e di sei brani (Op. 37). Oltre Carl Maria von Weber, altri musicisti si cimentarono nel comporre musiche per la Turandot in tedesco: da Franz Seraph von Destouches (1802) a Friedrik Ludwig Seidl (1806) a Joseph von Blumenthal (1813) a Vincenz Lachner (1843). Ma una prima versione operistica fu composta da J. F. G. von Blumenthal (1809). Una seconda fu scritta da Hermann von Löwenkjold (1842). Si elenca poi una Turandot Singspiel nach Gozzi di Fran Danzi (1816).
Il compositore Carl Gottlieb Reisinger compose una Turandot, Prinzessin von Shiraz (1838); e Theobald Rebbaum a Berlino rappresentò la sua Turandot komische oper…frei nach Gozzi. Successivamente, di maggior rilevanza storica è da considerare la Turanda di Antonio Bazzini su libretto di Antonio Gazzoletti che andò in scena al Teatro alla Scala nel 1867. Da tener presente che il Bazzini, insegnante di composizione al Conservatorio di Milano, ebbe fra i suoi allievi Alfredo Catalani, Pietro Mascagni e Giacomo Puccini. Il libretto del Gazzoletti attinge alla traduzione del Maffei; purtroppo l’opera non ebbe successo né repliche.3  
Nel 1917 il musicista Ferruccio Busoni mise il soggetto in musica traendo il libretto in tedesco direttamente dalla commedia del Gozzi, ritenendo la traduzione dello Schiller molto edulcorata e deviante. Successivamente, nel corso degli anni Trenta del Novecento, Bertolt Brecth impiegò pochi elementi derivati dalla nota fiaba desumendoli dallo Schiller e compose la Commedia Turandot ovvero il Congresso degli imbiancatori, specificandone gli intenti nella premessa collocata dopo l’elenco dei personaggi e la collocazione scenografica in Cina.
«La commedia Turandot ovvero il Congresso degli Imbiancatori fa parte di un vasto complesso letterario, che per la maggior parte consta ancora di progetti e di abbozzi. A tale complesso appartiene un romanzo dal titolo Il declino dei Tui, un volume di racconti, Storie dei Tui, una serie di commedie, brevi Farse sei Tui, e un volumetto di trattati intitolato L’arte del leccapiedi ed altre arti.
Tutte queste opere, cui l’autore lavora da decenni, trattano del cattivo uso dell’intelletto.4»
Com’è chiaro, la commedia segue intenti di teatro politico e pochissimo accoglie della vicenda elaborata da Schiller.
Precedentemente e finalmente, gli scrittori Renato Simoni e Giuseppe Adami approntarono il libretto Turandot per la musica di Giacomo Puccini. Esso si basa in parte sulla traduzione di Andrea Maffei dell'adattamento tedesco di  del lavoro di Gozzi, ma, principalmente dal Gozzi stesso che Puccini preferiva, in parte dalla favola letteraria persiana. I nomi di Turandot, Calaf, Timur, Altoum restarono gli stessi, ma le quattro maschere vennero ridotte a tre, assumendo i nomi di Ping, Pang, Pong. La schiava suicida (Adelma in Gozzi) divenne Liù, non schiava di Turandot, ma di Timur.
Il personaggio assunse i connotati sentimentali delle eroine pucciniane divenendo sorella di Butterfly, di Suor Angelica, di Tosca, ma assumendo nei confronti di Turandot una contrapposizione femminile che sembra anche marcare un’epoca musicale morente e superata nel tragico tramonto del melodramma italiano. Infuriava ancora in quegli anni la bufera europea della crisi tonale post wagneriana ed erano entrate in campo quelle nuove spinte espressionistiche tardo impressionistiche, il modalismo di sapore medievaleggiante, procedimenti  politonali o atonali, la poliritmia stravinskiana e bartókiana, un primitivismo di tipo folklorico e infine nuovi e suggestivi elementi che provenivano dall’America, dal Jazz e dalla Commedia musicale, cui lo stesso Puccini sembrava tendere spesso l’orecchio.
Il linguaggio del libretto senza raggiungere altezze poetiche, si mantiene a livello di professionale artigianato, ma i versi di tipo polimetrico accolgono elementi che risentono del clima espressionistico (vedi le tre maschere) e di suggestioni persino futuristiche. A volte filastrocche infantili rimandano echi alla Palazzeschi, ai marinettisti; eppure non mancano qua e là elementi tradizionali veristici, realistici e realistico-romantici. La parte più discutibile resta il finale in cui risaltano espressioni enfatiche, ridondanti, stridentemente erotiche, che generano un tessuto contraddittorio e perfino imbarazzante nei confronti dell’intera opera, in cui il dramma non si risolve per quel che riguarda il personaggio di Turandot e del suo “disgelo dopo la morte di Liù”. Conosciamo chiaramente le perplessità e i problemi di Puccini ad accettare con soddisfazione questo finale e realizzare quest’ultima parte, che al sopraggiungere della rapida morte rimase incompiuta.
Orbene, alla luce dei vari elementi esposti dalla genesi del mito, alle forme teatrali del Gozzi, a Simoni e Adami, ho elaborato un progetto rappresentativo che principalmente si riferisce all’aspetto favolistico di tipo arcaico, pure accogliendo gli elementi storico-stilistici, accumulati e stratificatisi nel corso del tempo ed emergenti polistilisticamente nella stessa musica del geniale musicista lucchese.
Eppure, la mia scrittura drammaturgica si è valsa principalmente del ricordo invasante dello stupro occorso all’antenata di Turandot (Lau Ling) elemento che distingue nettamente la natura femminile di Liù da quella della Principessa.
In buona sostanza, Turandot è posseduta dallo spirito vendicativo della sua ava che ne ha bloccato magicamente la pubertà e la facoltà di amare il sesso contrario. Di qui il suo “gelo che ti dà foco” e il drammatico problema di Puccini a individuare l’elemento che possa causare il disgelo della Principessa. Il bacio esorcistico estorto quasi con virile violenza parrebbe atto ad allontanare il demone insediatosi nel corpo dell’imperiale fanciulla, ma, antropologicamente è il suicidio di Liù che sembra compiere la liberazione, come gesto compiuto in nome di un amore irrinunciabile, atto a placare la Erinni vendicativa trasformandola in Eumenide. In effetti, tutto riconduce Turandot a figure mitiche come Medea, come Giocasta, come Cassandra, come Clitennestra. Il disgelo di Turandot rappresenta una catarsi che la conduce alla conclusiva ierogamia ristabilendo gli equilibri e le leggi degli déi e degli uomini, nei loro conflitti oppositivi del maschile e del femminile.
NOTE
1) Macbeth – Tragedia di Gugliemo Shakespeare; Turandot - Fola tragicomica di Carlo Gozzi, imitate da Federico Schiller e tradotte dal Cav. Andrea Maffei – Firenze 1867 – pag 321.
2) Idem. Pag 165.
3) Turandot di Giacomo Puccini, W. Ashbrook – H. Powers, Ed.Accademia di Santa Cecilia – Ricordi, Roma 2006.

4) Teatro - Vol. 3 ed. Einaudi pag 709.
La foto è di Mirko Magliocca

APERTE LE ISCRIZIONI PER L'ANNO ACCADEMICO 2017 ALL'ACCADEMIA DEL BELCANTO "RODOLFO CELLETTI"

Accademia del Belcanto "Rodolfo Celletti"
Aperte le iscrizioni per l'Anno Accademico 2017 ai corsi di alto perfezionamento per cantanti lirici e maestri collaboratori
Sono aperte le iscrizioni per l'Anno Accademico 2017 ai corsi di alto perfezionamento per cantanti lirici e maestri collaboratori dell'Accademia del Belcanto "Rodolfo Celletti", promossa e organizzata dalla Fondazione Paolo Grassi in collaborazione con il Festival della Valle d'Itria e la direzione musicale del M° Fabio Luisi.
L’Accademia del Belcanto, istituita all'interno della Fondazione dal 2010, rappresenta un punto di riferimento in Europa per lo studio del Belcanto. Arricchita dal 2013 dal dipartimento di Belcanto Barocco, l'Accademia “Celletti” è una delle quindici realtà nazionali sostenute dal MiBACT e rappresenta un eccellenza nel settore della didattica musicale poiché vanta come docenti molti tra i migliori artisti e insegnanti del mondo, tra cui: Stefania Bonfadelli, Domenico Colaianni, Luca Gorla, Antonio Greco, Renata Lamanda, Antonio Lemmo, Cecilia Ligorio, Cristina Liuzzi, Sherman Lowe, Ettore Papadia, Alessandro Patalini, Paola Pittaluga, Vincenzo Rana, Carmen Santoro, Roberto Servile. Le masterclass, affidate a interpreti di riferimento della scena musicale internazionale (tra cui Bruno Campanella, Lella Cuberli, Sonia Prina, Roberta Mameli, Vittorio Terranova, Fabio Luisi, Chris Merritt, Sesto Quatrini), vertono su argomenti che vanno dalla prassi esecutiva tra Seicento e Ottocento fino alle più moderne contaminazioni, passando, naturalmente, dallo stile e dalla tecnica del belcanto.

Il piano formativo prevede numerosi laboratori di prassi esecutiva applicata a specificità della tecnica e dell’estetica belcantistiche: dal “recitar cantando” seicentesco alle espressioni della Scuola pugliese/napoletana, dalla tecnica della coloratura all’arte della variazione della tradizione belcantistica del primo Ottocento italiano. Specifiche esperienze artistiche sul campo, organizzate in occasione del Festival della Valle d’Itria, arricchiscono il percorso formativo di ogni allievo, soprattutto in fase di work experience nell’ambito della programmazione del Festival della Valle d’Itria.

Tutti i dettagli (audizioni, programma, ecc.) on-line del sito della Fondazione:
http://www.fondazionepaolograssi.it/Accademia-del-Belcanto.aspx

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Fondazione Paolo Grassi - Onlus
Via Metastasio, 20 oppure Via Principe Umberto, 14 (Chiostro di S.Domenico)
74015 - Martina Franca (TA)
e-mail: comunicazione@fondazionepaolograssi.it
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www.fondazionepaolograssi.it


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martedì 1 novembre 2016

TRE BUONI MOTIVI PER SOSTENERE L'INIZIATIVA DI UN TALENTUOSO MUSICISTA

TRE BUONI MOTIVI PER SOSTENERE QUESTA INEDITA INIZIATIVA 


Scopo dell'iniziativa è:

Incidere un disco significa fissare per sempre un'istantanea delle persone, del pensiero, delle speranze e dei sogni di un’era. L’incisione come strumento per guardare al passato con umanità, quell’umanità che solo l’arte può trasmettere; come mezzo per interpretare il futuro; come tramite per riflettere e comprendere l’oggi. Lo scopo del progetto La Chitarra Incontra Paisiello è concretizzare tutto questo e molto altro ancora in poco più di 60 minuti di arte. Contribuisci alla realizzazione del progetto
Progetto
Esiste una possibilità che la grandezza della figura di Giovanni Paisiello, uno tra i più importanti compositori d’opera del Classicismo, si trasformi in un’opportunità per il presente. L'opportunità di creare un tassello concreto di cultura che contemporaneamente doni lustro al passato e ripaghi il presente di una moneta ormai sempre più rara: la speranza. Lo scopo del progetto è la diffusione di un messaggio di rinascita per la città che ha dato i natali a Giovanni Paisiello. Tramite il contributo di tante persone - crowdfunding - si darà la possibilità a giovani professionisti di realizzare un prodotto qualitativamente alto la cui diffusione sarà assicurata da un'importante etichetta discografica.

La Chitarra Incontra Paisiello è un progetto discografico che porta il compositore Tarantino del 1700 al centro delle sei corde.


Track List
  • Mauro Giuliani - Gran Quintetto op. 65
  • Fernando Sor - Fantasia Op. 16, N. 5
  • Ferdinando Carulli - Solo avec variations sur La Molinara op. 215
  • Compositore contemporaneo - Composizione dedicata al progetto
Punti chiave :

Qualità: Giovani professionisti, importante etichetta discografica, disponibilità economica

Contenuti: Quintetto (archi + chitarra), bravi virtuosistici per chitarra, una prima assoluta dedicata al progetto
Scopo: Rinascita culturale, Opportunità per i giovani professionisti, la creazione di un tassello di un grande mosaico.
Alla luce di queste motivazioni, ecco in sintesi i perchè:
a) Perché è innanzitutto un'operazione culturale di pregio in quanto accosta la musica del periodo classico e la affianca alla musica contemporanea con un brano inedito composto appositamente.
 b) Perché celebra un grande musicista, Paisiello, tarantino e pugliese solo di nascita, ma europeo di adozione riconosciuto ed acclamato in tutto il mondo. 
 c) Perché questo è un progetto realizzato da giovani e le nuove idee ed energie credo vadano incoraggiate e sostenute. 


Se amate la musica e credete , come me, che i giovani vadano aiutati e sostenuti leggete le info sul sito http://chitarrapaisiello.angelolippolis.com/  e , se lo riterrete opportuno, fate la vostra donazione all'indirizzo :https://www.kickstarter.com/…/la-chitarra-incontra-paisiell…


PORGY AND BESS CONCLUDE LA STAGIONE DEL TEATRO ALLA SCALA

L’autunno scaligero prosegue con un Novembre ricco di straordinari spettacoli e appuntamenti in vista della Prima del 7 dicembre.
Si apre a Milano un ciclo di iniziative culturali dedicate all’approfondimento di Madama Butterfly #PrimaScala, il capolavoro pucciniano che inaugura la stagione 2016-2017. Momenti pubblici di riflessione musicologica e culturale che precedono il calendario degli eventi cittadini di “Prima diffusa”.
Conclude la stagione l’ultimo e più importante lavoro per il teatro musicale di George Gershwin, Porgy and Bess, proposto in nuova produzione firmata per la regia da Philipp Harnoncourt e per la direzione d’orchestra da Alan Gilbert, direttore musicale della New York Philharmonic.  In omaggio alle ricerche di Nikolaus Harnoncourt, scomparso il 5 marzo 2016, questa “American folk opera”, tratta dal dramma di DuBose Heyward, sarà eseguita nella sua versione originale, che include molta musica influenzata dalle esperienze dell’avanguardia europea, aumentando l’effetto drammatico e mostrando i legami di Gershwin con la cultura musicale del suo tempo. Un titolo capace di unire la serietà drammatica dell’opera lirica europea del Novecento all’esuberanza delle contaminazioni jazz e spiritual d’oltreoceano.  

I posti migliori sono in rapido esaurimento per tutte le repliche della nuova produzione de Le nozze di Figaro con il giovane regista, Frederic Wake-Walker, uno dei più grandi direttori mozartiani del nostro tempo, Franz Welser-Möst, e un superbo cast composto da interpreti come Diana Damrau, Markus Werba, Golda Shultz, Marianne Crebassa, e Carlos Álvarez.

La programmazione concertistica offre per il mese di novembre due serate da segnare in calendario. Accanto alla Cenerentola per i bambini, il 20 novembre continua l’impegno della Scala verso il pubblico dei più piccoli con l’Ottetto e mezzo all’opera, pensato per i bambini. Un programma vario e intenso coinvolgerà le famiglie in una serata all’insegna dell’allegria, grazie alla partecipazione di Gioele Dix. Infine, il 21 novembre una serata speciale dedicata al ricordo di Luciana Pestalozza e Claudio Abbado, diretta da Stefan Asbury, con le voci di Anu Komsi e Ursula Hesse von den Steinen, conclude il 25° Festival di Milano Musica “Gérard Grisey- Intonare la luce”.



                                            Porgy and Bess

Il Direttore Alan Gilbert
Dal 13 al 23 novembre
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala
Esecuzione in forma semiscenica
Biglietti da 11 a 180 €
Biglietti ScalAperta da 5,50 a 90 €
Il capolavoro di George Gershwin conclude la stagione operistica, nella regia di Philipp Harnoncourt, con la direzione d’orchestra di Alan Gilbert. Il cast di questa “American folk opera” è, come richiesto espressamente dall’autore, interamente composto da artisti afroamericani: Morris Robinson, Kristin Lewis, Lester Lynch, Angel Blue, Tichina Vaughn, Donovan Singletary, Chauncey Packer, Cameo Humes.

            Per la rassegna prima delle Prime Porgy and Bess

9 novembre, ore 18:00
Ridotto dei Palchi “A.Toscanini”
In collaborazione con Amici della Scala
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
“Summertime”: il titolo di un incontro in cui Carlo Maria Cella introduce Porgy and Bess, offrendo al pubblico spunti e idee per conoscere meglio l’opera. Una conversazione fra studiosi e specialisti per preparare la fruizione dello spettacolo, ma anche l’occasione di ascoltare brani di Gershwin.
Carlo Maria Cella
“Summertime!”
(con ascolti)


"Prima delle Prime" è il ciclo di incontri che la Scala offre al pubblico come invito e preparazione agli spettacoli in cartellone. Pochi giorni prima del debutto di ogni titolo, sia d'opera sia di balletto, nel Foyer "Arturo Toscanini", studiosi e specialisti conversano attorno all'opera pronta ad andare in scena, offrendo spunti e idee per conoscere i titoli meno noti e approfondire i più conosciuti. 

"Prima delle Prime" è un ciclo ideato e reso possibile dagli Amici della Scala, Associazione senza scopo di lucro, impegnata nel sostenere diverse attività collaterali del Teatro alla Scala.

Sotto il titolo "Prima delle Prime" rientrano anche gli appuntamenti che, con l'ausilio di video, il Corpo di Ballo organizza nello stesso Foyer, alla stessa ora e con eguali regole di accesso, in presentazione dei titoli di danza della stagione.

L'accesso al Foyer "Toscanini" non richiede biglietto: basta presentarsi all'ingresso principale del Teatro con un certo anticipo. L'accesso è regolato dalle maschere e si ferma al raggiungimento della capienza consentita dalle norme di sicurezza per il Ridotto (150 posti a sedere). 

Ridotto dei palchi “A. Toscanini”
Teatro alla Scala con Amici della Scala