giovedì 26 dicembre 2013

AL PETRUZZELLI , IL FASCINO DELLE TENEBRE DEL REQUIEM DI MOZART

PETRUZZELLI : IL REQUIEM DI MOZART  APPASSIONA  CON IL DRAMMA  DELLE TENEBRE 

Bari –Si è conclusa con la “Messa di Requiem in Re minore K 626” di Mozart  la stagione d’opera e di danza  della Fondazione Petruzzelli 2013, e con essa è volge al termine anche l’esperienza barese del commissario straordinario della Fondazione Prof. Carlo Fuortes (ormai ufficialmente sovrintendente dell’Opera di Roma). Il Requiem è una delle composizioni più drammatiche di W.A.Mozart, (anche insolito proporla nel periodo natalizio), una composizione di una bellezza cupa e solare che, insieme al Requiem di Verdi, non ha eguali nella storia della musica sacra. Questo Requiem mozartiano (l'ultimo dei 18 da lui composti) è un’opera realizzata per coro ed orchestra che precede la presenza di quattro voci solistiche e che, riesce a raggiungere vette altissime di drammaticità e di umana angoscia.  Si tratta, infatti, di una composizione che commuove e spaventa nello stesso tempo, non solo per il tema rappresentato ma anche per le modalità ed il momento della scrittura (in coda a questa recensione alcuni cenni sul mistero compositivo del Requiem) . Momenti di emozione vera e profonda nel "Kyrie",  nel “Dies irae”, il “Kyrie”, nel "Rex Tremendae", nel “Confutatis” che si traducono in una musica carica di impeto in cui si evocano la grandezza di Dio, la sua ira e la sua misericordia ed in particolare nelle note di struggente malinconia del “Lacrymosa”, la cui straordinaria drammaticità è espressa dai violini che con crome ascendenti e discendenti riescono a creare un effetto come di pianto trattenuto a stento. Bravi  tutti i protagonisti della serata: dai solisti Ekaterina Sadovnikova (soprano), Chiara Amarù (mezzosoprano), Juan Francisco Gatell (tenore), Alessandro Spina (baritono), all’orchestra diretta dal maestro Karl-Heinz Steffens ed il coro del maestro Franco Sebastiani della Fondazione Petruzzelli, che sono riusciti a trasmettere il pathos della composizione ed a coinvolgere emotivamente il numeroso pubblico presente. Sia nei passaggi più impetuosi che in quelli pacati, il pubblico ha seguito con attenzione mistica l’intera opera, tributando un lungo e sentito applauso (circa 8 minuti) a tutti i protagonisti.  La nuova stagione riprenderà il 31 gennaio 2014  con Elektra di Richard Strauss, in un nuovo allestimento realizzato in coproduzione con la Fondazione del Teatro Lirico di Cagliari. Il 19 gennaio, un concerto-evento fuori abbonamento vedrà sul palco del Teatro Petruzzelli l’Orchestra di Santa Cecilia diretta da un maestro di fama mondiale, Antonio Pappano.


Gaetano Laudadio

IL REQUIEM DI MOZART TRA LEGGENDA E REALTA’

Dopo anni di discussioni e dispute tra i musicologi, è ancora fitto il mistero che avvolge vari aspetti sulla composizione di quest’opera e senza voler fare una scelta di parte, ci limiteremo a riportare alcuni episodi più suggestivi. Alla metà di settembre del 1791, rientrato a Vienna dopo un soggiorno a Praga, Mozart già in condizioni di salute precarie peggiorò in modo grave ed irreversibile.  Fu quello, non solo l’anno della sua ultima composizione  la  “Messa di Requiem in Re minore K 626” appunto, ma fu anche l’anno della sua prematura scomparsa. Com’è  noto, infatti, la morte lo portò via  il 5 dicembre del 1791, a soli 35 anni di età e rimangono misteriose anche le cause della sua morte. La necessità di danaro aveva costretto il musicista ad un impegno compositivo notevole e dietro questo stimolo, videro la luce proprio quell’anno straordinarie composizioni , che avrebbero potuto risollevarlo dai debiti e da una situazione economica non proprio florida e forse alleviare anche i suoi problemi di salute. Compose quell’anno due opere liriche, l’ultimo concerto per pianoforte, il concerto per clarinetto, numerose composizioni di circostanza, come, canti, cori massonici, danze scritte d’ufficio per i balli di corte, e perfino pezzi per una specie di organetto chiamato orgelwalze. Soprattutto fu l’anno del successo del “Flauto magico”; la sua lunga permanenza a letto gli impedì di esigere dal teatro i suoi diritti d’autore.  La "Messa di Requiem"  composta anch’essa nel 1791, rimane una delle pagine di musica sacra più apprezzate del musicista austriaco ma rimasta incompiuta; fu completata nei mesi successivi alla morte da due suoi discepoli Franz Jacob Fredstadtler ed in particolare da Franz Xaver Süssmayr.

IL CONTE WELSEGG FU IL COMMITTENTE MISTERIOSO?

 Il libro “Vite di Haydn, Mozart e Metastasio” del 1815 di Stendhal parla di un anonimo committente che si presentò nel cuore della notte con una maschera carnevalesca ed un mantello scuro, alla porta di casa del musicista, per affidargli l’incarico  di comporre una “Messa di Requiem” in quattro settimane, dietro compenso di cinquanta ducati.  Allo scadere del tempo prefissato, l'uomo si ripresentò per ritirare la composizione ma l’opera non era stata ancora completata. Così, ottenuto un rinvio di un mese con l’aggiunta di altri cinquanta ducati e l’impegno di completarlo nelle quattro settimane successive, riprese a comporre. Si ritiene che il “messaggero della morte” vestito di grigio che commissionò l’opera fosse l’economo del conte Welsegg. Nella corte del conte nei pressi di Vienna egli disponeva di una piccola orchestra e, per onorare la memoria della defunta moglie, desiderava eseguire una messa funebre. Era sua consuetudine chiedere ai compositori di sua conoscenza di dargli copia dei loro manoscritti ed a volte aggiungeva ad essa la scritta vanitosa: “composizione del conte Welsegg”. Secondo Stendhal, il compositore salisburghese tentò di scoprire l'identità del misterioso committente, ma non riuscendovi, si convinse che la Messa che stava componendo sarebbe stato il Requiem per il suo funerale. Mozart, morì il giorno successivo a quello in cui aveva completato il “Confutatis Maledictis”,  lasciando tutti gli altri  movimenti solo delineati musicalmente. Fu la moglie  Constanze a volere che l’opera fosse completata nel timore di dover restituire la somma già intascata, se fosse rimasta incompiuta.  Il conte Walsegg, ricevette la partitura da Constanze un paio di mesi dopo, ricevendo l’assicurazione che fosse stata scritta dal Maestro; in ogni caso da quel momento si persero le  tracce del conte. La messa da Requiem è una composizione di una bellezza cupa e solare che non ha eguali nella storia della musica sacra e rimane il “testamento musicale di Mozart” che documenta l’ispirazione e l’arte del geniale musicista. La morte, a ben vedere, è il vero scopo finale della nostra vita; per questo da un paio d’anni a questa parte me la sono fatta amica, al considero la migliore amica dell’uomo, tanto che la sua figura non solamente per me non ha più di terribile, ma ha assolutamente un aspetto tranquillizzante, quasi consolante! E ringrazio Dio per avermi concesso la fortuna di avere l’opportunità di imparare a considerarla come la chiave per l’ingresso alla nostra vera beatitudine”. Così Wolfgang Amadeus Mozart raccontava la morte in una lettera al padre del 1787.

Il ruolo di Süssmayr ed i dubbi risolti sulla paternità del Requiem

Constanze decise di affidare il lavoro proprio a Süssmayr, il quale svolse egregiamente il compito, rispettando le indicazioni scritte e orali  che aveva ricevuto dal Maestro. Dove finisce la parte autentica, e dove iniziano le aggiunte effettuate da una mano diversa? Qui si apre un terreno di appassionate discussioni: quali parti del Requiem sono di Mozart, e quali sono di Süssmayr? La controversia sulla autenticità del Requiem non sarà mai del tutto risolta, perché oltre al rammentato abbozzo della partitura, esistevano anche appunti con le note, che,  a detta di sua moglie Costanze Webber, Mozart aveva consegnato a Süssmayr insieme ad importanti indicazioni orali. Portato a termine  quasi certamente entro la quaresima del 1792, il Requiem venne ritenuto in un primo tempo opera esclusiva del Salisburghese. Solamente l'”Introitus”, in realtà, viene  attribuito a lui. Tutte le altre sezioni, infatti, dal” Kyrie” all'”Hostias” appartengono al compositore salisburghese solo per la sola parte musicale;  si ritiene, infatti,  che la strumentazione sia imputabile all'allievo Sussmayr e solo le prime 8 battute del “Lacrimosa Dies Illa” sono attribuibili al genio salisburghese. Il Requiem di Mozart fu eseguito pubblicamente per la prima volta a Vienna nel 1792, con la partitura redatta da Süssmayr, ma inizialmente la paternità integrale fu attribuita a Mozart. Solo alcuni anni dopo la morte di Mozart , Süssmayr rivelò che le parti finali: “Sanctus”, “Benedictus” e “Agnus Dei”, erano state composte interamente da lui ed oggi si ritiene che ciò sia molto verosimile. Süssmayr era un compositore ottimamente istruito dal suo maestro e i tratti mozartiani nel “Benedictus” e nell’”Agnus Dei” sono ben riconoscibili; tuttavia, è anche evidente la differenza di gusto e qualità tra quanto scritto dal Maestro e quanto realizzato dal discepolo.   Le parti precedenti, cioè il “Dies irae” e l’” Hostias” furono una elaborazione di un abbozzo di Mozart, in cui erano indicate le voci dei cantanti, gli interludi orchestrali, ed era sempre annotato il sostegno armonico (basso cifrato). Le parti di questo abbozzo non seguirono l’ordine prescritto per la messa funebre;  ciò si spiega il fatto che il suo manoscritto si interruppe proprio a metà del “Lacrimosa”. Il risultato di ciò è una composizione che commuove e spaventa e che rapisce con il suo mistero. L’opera venne eseguita parzialmente con l’Introitus ed il Kyrie, per la prima volta, in una funzione commemorativa in favore del Maestro il 10 dicembre del 1791, solo pochi giorni dopo la morte, con coro, soli ed archi  organo. Fu solo nel 1825, quando ormai da tempo l'opera era stata eseguita e pubblicata, che vennero avanzati i primi reali sospetti sul contributo di altre mani nel completamento della partitura. Anche il compositore Gottfried Weber pubblicò un articolo sull'argomento, sollevando enormi dubbi sulla quantità di musica effettivamente composta da Mozart e presente nella Messa. La polemica continuò per vari anni ed anche Beethoven, che venne in possesso di una copia dell'articolo, riferendosi a Weber, annotò su un fianco: "o tu Arcisomaro", e ancora "o tu doppio somaro". Fu probabilmente, soltanto con l'edizione a stampa di Andrè del 1827, che parte dei dubbi vennero fugati, forse per la prima volta nella storia della musica, una partitura venne pubblicata con un commento critico nel quale si tentava di stabilire con certezza ciò che era opera di Mozart e ciò che apparteneva ad altri. L'edizione Breitkopf indicò successivamente con una M il materiale sicuramente mozartiano e con una S quello attribuito a Süssmayr.
G.L.

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