PETRUZZELLI : IL REQUIEM DI MOZART APPASSIONA
CON IL DRAMMA DELLE TENEBRE
Bari –Si è conclusa con la “Messa di Requiem in Re minore K
626” di Mozart la stagione d’opera e di
danza della Fondazione Petruzzelli 2013, e con essa è volge al termine anche l’esperienza barese del commissario
straordinario della Fondazione Prof. Carlo Fuortes (ormai ufficialmente
sovrintendente dell’Opera di Roma). Il Requiem è una delle composizioni più drammatiche di
W.A.Mozart, (anche insolito proporla nel periodo natalizio), una composizione
di una bellezza cupa e solare che, insieme al Requiem di Verdi, non ha eguali
nella storia della musica sacra. Questo Requiem mozartiano (l'ultimo dei 18 da lui composti) è un’opera realizzata
per coro ed orchestra che precede la presenza di quattro voci solistiche e che,
riesce a raggiungere vette altissime di drammaticità e di umana angoscia. Si tratta, infatti, di una composizione che
commuove e spaventa nello stesso tempo, non solo per il tema rappresentato ma
anche per le modalità ed il momento della scrittura (in coda a questa recensione alcuni cenni sul mistero compositivo del Requiem) . Momenti di emozione vera e profonda nel "Kyrie", nel “Dies irae”, il “Kyrie”, nel "Rex Tremendae", nel “Confutatis” che si traducono
in una musica carica di impeto in cui si evocano la grandezza di Dio, la sua
ira e la sua misericordia ed in particolare nelle note di struggente malinconia del “Lacrymosa”, la cui straordinaria drammaticità è espressa dai violini che con
crome ascendenti e discendenti riescono a creare un effetto come di pianto trattenuto a
stento. Bravi tutti i protagonisti della
serata: dai solisti Ekaterina Sadovnikova (soprano), Chiara Amarù
(mezzosoprano), Juan Francisco Gatell (tenore), Alessandro Spina (baritono),
all’orchestra diretta dal maestro Karl-Heinz Steffens ed il coro del maestro
Franco Sebastiani della Fondazione Petruzzelli, che sono riusciti a trasmettere
il pathos della composizione ed a coinvolgere emotivamente il numeroso pubblico
presente. Sia nei passaggi più impetuosi che in quelli pacati, il pubblico ha
seguito con attenzione mistica l’intera opera, tributando un lungo e sentito
applauso (circa 8 minuti) a tutti i protagonisti. La nuova stagione riprenderà il 31 gennaio
2014 con Elektra di Richard Strauss, in
un nuovo allestimento realizzato in coproduzione con la Fondazione del Teatro
Lirico di Cagliari. Il 19 gennaio, un concerto-evento fuori abbonamento vedrà
sul palco del Teatro Petruzzelli l’Orchestra di Santa Cecilia diretta da un
maestro di fama mondiale, Antonio Pappano.
Gaetano Laudadio
IL REQUIEM DI MOZART TRA LEGGENDA E REALTA’
Dopo
anni di discussioni e dispute tra i musicologi, è ancora fitto il mistero che avvolge vari aspetti sulla composizione di quest’opera e senza voler fare una scelta di parte, ci limiteremo a riportare alcuni episodi più suggestivi. Alla metà di
settembre del 1791, rientrato a Vienna dopo un soggiorno a Praga, Mozart già in
condizioni di salute precarie peggiorò in modo grave ed irreversibile. Fu quello, non solo l’anno della sua ultima
composizione la “Messa di Requiem in Re minore K 626” appunto,
ma fu anche l’anno della sua prematura scomparsa. Com’è noto, infatti, la morte lo portò via il 5 dicembre del 1791, a soli 35 anni di età
e rimangono misteriose anche le cause della sua morte. La necessità di danaro
aveva costretto il musicista ad un impegno compositivo notevole e dietro questo
stimolo, videro la luce proprio quell’anno straordinarie composizioni , che
avrebbero potuto risollevarlo dai debiti e da una situazione economica non proprio
florida e forse alleviare anche i suoi problemi di salute. Compose quell’anno due
opere liriche, l’ultimo concerto per pianoforte, il concerto per clarinetto,
numerose composizioni di circostanza, come, canti, cori massonici, danze
scritte d’ufficio per i balli di corte, e perfino pezzi per una specie di
organetto chiamato orgelwalze. Soprattutto fu l’anno del successo del “Flauto
magico”; la sua lunga permanenza a letto gli impedì di esigere dal teatro i
suoi diritti d’autore. La "Messa di
Requiem" composta anch’essa nel
1791, rimane una delle pagine di musica sacra più apprezzate del musicista
austriaco ma rimasta incompiuta; fu completata nei mesi successivi alla morte da
due suoi discepoli Franz Jacob Fredstadtler ed in particolare da Franz Xaver
Süssmayr.
IL CONTE WELSEGG FU IL COMMITTENTE MISTERIOSO?
Il libro “Vite di
Haydn, Mozart e Metastasio” del 1815 di Stendhal parla di un anonimo
committente che si presentò nel cuore della notte con una maschera carnevalesca
ed un mantello scuro, alla porta di casa del musicista, per affidargli
l’incarico di comporre una “Messa di
Requiem” in quattro settimane, dietro compenso di cinquanta ducati. Allo scadere del tempo prefissato, l'uomo si
ripresentò per ritirare la composizione ma l’opera non era stata ancora completata.
Così, ottenuto un rinvio di un mese con l’aggiunta di altri cinquanta ducati e l’impegno
di completarlo nelle quattro settimane successive, riprese a comporre. Si
ritiene che il “messaggero della morte” vestito di grigio che commissionò
l’opera fosse l’economo del conte Welsegg. Nella corte del conte nei pressi di
Vienna egli disponeva di una piccola orchestra e, per onorare la memoria della
defunta moglie, desiderava eseguire una messa funebre. Era sua consuetudine
chiedere ai compositori di sua conoscenza di dargli copia dei loro manoscritti
ed a volte aggiungeva ad essa la scritta vanitosa: “composizione del conte Welsegg”. Secondo Stendhal, il compositore
salisburghese tentò di scoprire l'identità del misterioso committente, ma non
riuscendovi, si convinse che la Messa che stava componendo sarebbe stato il
Requiem per il suo funerale. Mozart, morì il giorno successivo a quello in cui
aveva completato il “Confutatis Maledictis”, lasciando tutti gli altri movimenti solo delineati musicalmente. Fu la
moglie Constanze a volere che l’opera
fosse completata nel timore di dover restituire la somma già intascata, se
fosse rimasta incompiuta. Il conte
Walsegg, ricevette la partitura da Constanze un paio di mesi dopo, ricevendo
l’assicurazione che fosse stata scritta dal Maestro; in ogni caso da quel
momento si persero le tracce del conte. La
messa da Requiem è una composizione di una bellezza cupa e solare che non ha
eguali nella storia della musica sacra e rimane il “testamento musicale di
Mozart” che documenta l’ispirazione e l’arte del geniale musicista. “La morte, a ben vedere, è il vero scopo finale della nostra
vita; per questo da un paio d’anni a questa parte me la sono fatta amica, al
considero la migliore amica dell’uomo, tanto che la sua figura non solamente
per me non ha più di terribile, ma ha assolutamente un aspetto
tranquillizzante, quasi consolante! E ringrazio Dio per avermi concesso la
fortuna di avere l’opportunità di imparare a considerarla come la chiave per
l’ingresso alla nostra vera beatitudine”. Così Wolfgang Amadeus Mozart raccontava la morte in una
lettera al padre del 1787.
Il ruolo di Süssmayr ed
i dubbi risolti sulla paternità del Requiem
Constanze decise di affidare il lavoro proprio a Süssmayr,
il quale svolse egregiamente il compito, rispettando le indicazioni scritte e
orali che aveva ricevuto dal Maestro. Dove
finisce la parte autentica, e dove iniziano le aggiunte effettuate da una mano
diversa? Qui si apre un terreno di appassionate discussioni: quali parti del
Requiem sono di Mozart, e quali sono di Süssmayr? La controversia sulla
autenticità del Requiem non sarà mai del tutto risolta, perché oltre al
rammentato abbozzo della partitura, esistevano anche appunti con le note,
che, a detta di sua moglie Costanze
Webber, Mozart aveva consegnato a Süssmayr insieme ad importanti indicazioni
orali. Portato a termine quasi
certamente entro la quaresima del 1792, il Requiem venne ritenuto in un primo
tempo opera esclusiva del Salisburghese. Solamente l'”Introitus”, in realtà,
viene attribuito a lui. Tutte le altre
sezioni, infatti, dal” Kyrie” all'”Hostias” appartengono al compositore
salisburghese solo per la sola parte musicale;
si ritiene, infatti, che la
strumentazione sia imputabile all'allievo Sussmayr e solo le prime 8 battute
del “Lacrimosa Dies Illa” sono attribuibili al genio salisburghese. Il Requiem
di Mozart fu eseguito pubblicamente per la prima volta a Vienna nel 1792, con
la partitura redatta da Süssmayr, ma inizialmente la paternità integrale fu
attribuita a Mozart. Solo alcuni anni dopo la morte di Mozart , Süssmayr rivelò
che le parti finali: “Sanctus”, “Benedictus” e “Agnus Dei”, erano state
composte interamente da lui ed oggi si ritiene che ciò sia molto verosimile. Süssmayr
era un compositore ottimamente istruito dal suo maestro e i tratti mozartiani
nel “Benedictus” e nell’”Agnus Dei” sono ben riconoscibili; tuttavia, è anche
evidente la differenza di gusto e qualità tra quanto scritto dal Maestro e
quanto realizzato dal discepolo. Le parti precedenti, cioè il “Dies irae” e l’”
Hostias” furono una elaborazione di un abbozzo di Mozart, in cui erano indicate
le voci dei cantanti, gli interludi orchestrali, ed era sempre annotato il
sostegno armonico (basso cifrato). Le parti di questo abbozzo non seguirono
l’ordine prescritto per la messa funebre; ciò si spiega il fatto che il suo manoscritto
si interruppe proprio a metà del “Lacrimosa”. Il risultato di ciò è una
composizione che commuove e spaventa e che rapisce con il suo mistero. L’opera
venne eseguita parzialmente con l’Introitus ed il Kyrie, per la prima volta, in
una funzione commemorativa in favore del Maestro il 10 dicembre del 1791, solo
pochi giorni dopo la morte, con coro, soli ed archi organo. Fu solo nel 1825, quando ormai da
tempo l'opera era stata eseguita e pubblicata, che vennero avanzati i primi
reali sospetti sul contributo di altre mani nel completamento della partitura.
Anche il compositore Gottfried Weber pubblicò un articolo sull'argomento,
sollevando enormi dubbi sulla quantità di musica effettivamente composta da
Mozart e presente nella Messa. La polemica continuò per vari anni ed anche Beethoven, che venne in possesso di una copia dell'articolo, riferendosi a Weber, annotò su un fianco:
"o tu Arcisomaro", e ancora "o tu doppio somaro". Fu
probabilmente, soltanto con l'edizione a stampa di Andrè del 1827, che parte
dei dubbi vennero fugati, forse per la prima volta nella storia della musica,
una partitura venne pubblicata con un commento critico nel quale si tentava di
stabilire con certezza ciò che era opera di Mozart e ciò che apparteneva ad
altri. L'edizione Breitkopf indicò successivamente con una M il materiale
sicuramente mozartiano e con una S quello attribuito a Süssmayr.
G.L.
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