mercoledì 17 novembre 2021

Il 18 e 20 novembre, due grandi serate di musica tra ‘600 e ‘700, al Teatro alla Scala.

 

Due grandi serate di musica tra ‘600 e ‘700 alla Scala:

Sonya Yoncheva in concerto

e Theodora di Händel con Lisette Oropesa e Joyce DiDonato

 

Il 18 novembre un prezioso concerto con pagine di Cavalli, Monteverdi, Stradella ma anche Gibbons e Purcell con la Cappella Mediterranea diretta da Leonardo García Alarcón;

il 20 l’oratorio Theodora con l’Orchestra Il Pomo d’Oro diretta dal giovane Maxim Emelyanychev e le voci di Lisette Oropesa, Joyce DiDonato e Michael Spyres

 

Dopo il successo senza precedenti de La Calisto il repertorio della musica del Seicento e primo Settecento torna alla Scala con due appuntamenti di rilievo per importanza musicale e assoluto prestigio degli artisti coinvolti: il 18 novembre Sonya Yoncheva presenta un concerto dedicato ad autori secenteschi e del primo Settecento spaziando da Monteverdi e Cavalli a Stradella e Caldara fino ad autori spagnoli come Lucas Ruiz De Ribayaz e José Marin e britannici come Orlando Gibbons e Henry Purcell, mentre il 20 novembre sarà la volta dell’oratorio drammatico Theodora (1750) di Händel con l’Orchestra Il Pomo d’Oro diretta da Maxim Emelyanychev e un grande cast in cui spiccano Lisette Oropesa, Joyce DiDonato e Michael Spyres.

 

Sonya Yoncheva, oggi tra le voci di riferimento per parti verdiane e pucciniane, è attesa alla Scala nella prossima Stagione nelle vesti di due grandi eroine tra Ottocento e Verismo: Gioconda e Fedora nelle opere eponime di Ponchielli e Giordano, mentre è stata recentemente protagonista di Siberia, sempre di Giordano, a Firenze. Nella sua formazione però la musica barocca occupa una posizione centrale, fin dagli inizi nel Jardin des Voix di William Christie, e a questo repertorio è tornata anche nel 2020 per incidere l’album Rebirth, che risale a splendori e malinconie della musica vocale del tardo Rinascimento proponendo pagine composte tra la fine del Cinquecento e il primo Settecento. Un percorso musicale che riafferma l’indipendenza di un’artista che non si è mai lasciata limitare nelle sue scelte ma anche la curiosità di una musicista sempre pronta a esplorare nuovi titoli e personaggi. Parte dell’impaginato dell’album si riversa nel programma del concerto scaligero, che accosta classici italiani come Monteverdi e Cavalli alle atmosfere elisabettiane di Dowland e Gibbons e autori secenteschi spagnoli. Una serata insolita e di grande suggestione con il contributo dell’Ensemble Cappella Mediterranea fondato nel 2005 da Leonardo García Alarcón, ormai un punto di riferimento in questo repertorio. 

 

La prima volta di Theodora alla Scala è affidata all’orchestra Il Pomo d’Oro (il nome riprende il titolo di un’opera di Cesti) che dal 2012 riunisce alcuni dei migliori talenti internazionali nel campo della musica barocca e classica e che in questo caso si affianca alla Compagnia del Madrigale sotto la direzione di Maxim Emelyanychev, classe 1988. Gli oratori di Händel vivono voci sontuose e interpreti carismatici: alla Scala Theodora sarà Lisette Oropesa, che dopo aver dovuto rinunciare a causa della pandemia a essere Lucia di Lammermoor con Riccardo Chailly il 7 dicembre 2020 è attesa alla Scala come Giulietta ne I Capuleti e i Montecchi nel gennaio 2021, mentre la sua confidente Irene ha la voce di Joyce DiDonato, che torna così al Piermarini dopo alcuni anni di assenza.

 

 Debutta invece alla Scala nella parte di Didymus il controtenore Paul-Antoine Bénos-Djian. La parte di Septimius, con la sua grande aria finale “Descend, kind Pity, heav’nly guest” è affidata a Michael Spyres, noto in Italia soprattutto come grande virtuoso rossiniano.

 

Theodora è il penultimo oratorio di Händel. Se lo stesso Bach era stato accusato di accogliere nelle sue Passioni echi e stilemi di musiche profane, la produzione sacra del grande Sassone sviluppa disinvoltamente la commistione con i modelli dell’opera italiana assumendone la ricchezza dell’ornamentazione vocale e l’estroversione spettacolare, ma anche la commossa sensibilità alle umane peripezie. In particolare Theodora, che segue di pochi mesi Salomon e Susanna, presenta una carismatica protagonista femminile, un’appassionata storia d’amore e un esito tragico.  Non a caso l’oratorio, su libretto inglese di Thomas Morell di argomento sacro ma non tratto dalla Bibbia, non vide la luce in contesto ecclesiastico ma al Covent Garden, nel 1750 sotto la direzione dell’autore, e non a caso gli oratori händeliani sono oggi regolarmente rappresentati in forma scenica: ricordiamo alla Scala pochi anni fa Il trionfo del Tempo e del Disinganno nell’allestimento di Jürgen Flimm, mentre di Theodora si segnala soprattutto lo spettacolo pensato da Peter Sellars per Glyndebourne.

Il martirio di Teodora e Didimo, argomento del volume di Robert Boyle del 1687 che ispirò Morell, era stato trattato anche da Corneille ed è narrato per la prima volta da Sant’Ambrogio: per contrastare la crisi demografica gli imperatori Diocleziano e Massimiano promulgano un editto che criminalizza la verginità. La nobile Teodora, che a causa della sua fede cristiana rifiuta di abdicare al suo voto di castità, viene rinchiusa in un lupanare dove il suo primo cliente è in realtà il correligionario Didimo che ne propizia la fuga ma viene arrestato e condannato a morte. Teodora sceglie di farsi decapitare con lui. Nel libretto di Morell la vicenda è analoga: il procuratore di Antiochia Valente decreta che per il compleanno di Diocleziano si rendano sacrifici a Venere e Flora. Di fronte al rifiuto di Teodora, minaccia di farla violare dalle guardie, tra le quali è Didimio che l’aiuta a fuggire prestandole il suo elmo e la sua corazza, ma viene arrestato. Anche qui Teodora chiede di morire al suo posto, ma Valente fa decapitare entrambi. L’oratorio, in cui convivono solennità, carattere elegiaco e riflessione sulla vita ultraterrena, dispiega cori sontuosi ma anche arie dense di commozione, tra cui spiccano quelle di Theodora, le uniche già udite alla Scala nei recital di canto di Katia Ricciarelli e Montserrat Caballé, e il memorabile duetto del secondo atto “To Thee, Thou glorious Son”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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