sabato 22 febbraio 2014

I GIOVANI E LA MUSICA : CONCERTI D'INVERNO

                   MATTEO MASTROMARINO ED ALESSANDRO STEFANELLI IN CONCERTO

Taranto, 21 febbraio 2014

Nei giorni scorsi, raccogliendo l'invito del caro amico Attilio Cantore, avevo pubblicato la notizia del concerto programmato a Carosino (TA) di un giovanissimo musicista tarantino Matteo Mastromarino, studente dell'Istituto Musicale Giovanni Paisiello di Taranto, istituto parificato ai Conservatori Musicali di Stato.
Ho avuto, a seguito di tale richiesta,  l'idea suggestiva di fare qualcosa in più: dedicare all'interno del Blog uno spazio dedicato ai giovani musicisti che hanno voglia di farsi conoscere.
Nasce così questo angolo a loro dedicato, che sarà realizzato da Attilio Cantore, musicista e scrittore (è l'autore del fantasioso libro "La Musica e la grotta").
Segue a questa premessa, il programma della serata ed il primo articolo su un nuovo concerto di Matteo Mastromarino, in occasione del primo evento per i "Concerti d'inverno" del Liceo Musicale Archita di Taranto nella Chiesa di S. Domenico.

Il Liceo Musicale Archita di Taranto
presenta
CONCERTI D’INVERNO

Tempio di San Domenico Maggiore
Taranto - città vecchia
ingresso libero


primo appuntamento:

giovedì 20 FEBBRAIO 2014
ore 17.30


Matteo Mastromarino  clarinetto
Alessandro Stefanelli  pianoforte


programma

Luigi Bassi - Fantasia su temi del Rigoletto di Giuseppe Verdi
Robert Schumann - Adagio e Allegro op. 70
Camille Saint Saens - Sonata op. 167
Francis Poulenc - Sonata FP 184

Un vivificante viaggio dell’anima
di Attilio Cantore

Si apre uno squarcio nell’animo e si sprofonda in un’atmosfera gocciolante di sogno… dolcezza inquieta, vibrante melanconia, nell’estatico momento di pura estasi di rovente meditazione, allorquando il sottile menisco d’una precaria, presunta serenità viene infranto, debordando risolutamente verso insondabili misteri, liberando il pensiero dalle anguste forre di un’angariante terrenità, sussumendo lo spirito che, in un turbinio appassionato, risuona di cosmica luminosità, rispondendo soavemente (quasi come un responsorio) al placido invito che, sotteso nelle molli pause enigmatiche (nel raccoglimento della sosta, dell’interruzione), esorta a fiorire, furtivamente, a rinascere, ad annunciare una profezia: salvifica profezia dell’istante vitale che, in un accorato gioco di forze pure, viene carezzevolmente ghermito dai peripatetici atomi di silenzio che, vagabondando nella soffusa penombra della rimembranza di armonici sbiaditi, preparano da sempre la vita al suono palpitante, mistico geroglifico lanciato ostinatamente all’arrembaggio di uno spazio inusabile, puro luogo di infinita prossimità al divino; suono ardente che precipita, quasi fosse residuo siderale che s’insinua nell’intimo umano, penetrando nel profondo: sotto il fondo che non è più fondo, sotto la crosta primigenia che ci appartiene, luogo archetipale ospitante l’indistinzione dell’impenetrabile.
E prorompe il suono, il dolcissimo suono del clarinetto, vessillifero d’un incandescente appello a frangere le onde dell’avvolgente gelo della vita: sboccia, in un ‘salto di ottava’, il suono vitale, e si libra, finalmente, rivelato al mondo in tutta la sua inenarrabile grandiosità.
In un connubio perfetto, armonica osmosi di intenti, il clarinetto di Matteo Mastromarino ed il pianoforte di Alessandro Stefanelli hanno tracciato, nota dopo nota, cadenza dopo cadenza, pausa dopo pausa, il tragitto di un intenso viaggio dell’anima: con apollinea limpidezza hanno plasmato un dialogo cristallino, scintillante sul mare infinito della sensibilità. E di qui il miracolo…
La vox intima di Mastromarino si è, per così dire, trasmutata in un aureo intarsio sonoro, in un caleidoscopio vivido di luci rifrangenti mille sfumature di emozioni, solcando le acque increspate da vezzosi zefiri spiranti leggiadri arabeschi ‘verdiani’ (Fantasia su temi del Rigoletto di Luigi Bassi), per poi scandagliare (a partire dal raffinato Adagio e allegro op. 70 di Robert Schumann) sempre più profondamente, e a tratti perigliosamente, gli abissi dell’anima, dirigendosi verso i flutti ancestrali della Sonata op. 167 di Camille Saint-Saens, fondi ed ebbri flutti metafisici, per poi conservarne amorevolmente la memoria e proiettarla in una luce ben più ampia nel finale del concerto. Così, come in una vaga atmosfera vespertina una striscia di luna pavidamente si adagia sulle cose per poi prenderne maggiore possesso, così la delicata ‘poesia’ di questo indimenticabile momento musicale, svoltosi nel templum di San Domenico, è andata crescendo, germogliando e dirompendo nell’animo degli spettatori, finché una lagrima, spontanea, non ha solcato le mille valli del pensiero, spezzando «l’assedio dell’attimo» (Ghiannis Ritsos) e scorrendo all’unisono con i fremiti e le dubitose inquietudini della seducente Sonata di Francis Poulenc.
Quello di Mastromarino è un suono nobile, dolce e puro (sincero ‘testo a fronte’ della personalità dell’eccellente virtuoso); pur se giovanissimo, egli già conosce a pieno il grande segreto di «una più vasta rispondenza fra l’uomo e l’universo» (Giovanna Bemporad) tramite la ricerca metodica e la mise en œuvre del suono primario, del suono archetipale, quello che ci appartiene da sempre ma che ha bisogno di essere ricercato  e ritrovato, un ‘sogno’ universale che, fermentando nell’intimo, diviene non più voce indecifrabile e straniera ma, al contrario, si fa dialogo vivificante,  vicino, che si approssima a noi e si affratella, donandoci la cosa più preziosa che si possa immaginare: la propria fulgida e genuina essenza. D’altronde, come direbbe Rainer Maria Rilke, noi «non conosciamo il contorno del sentire; soltanto ciò che da fuori lo forma». Ed ecco che  Mastromarino, demiurgo portentoso, ha dato forma a un mondo-altro, ad un ultra-mondo più vero, un puro mondo indicibile, consentendoci di non più vacillare, di non rimanere tremebondi e sgomenti dinanzi al pauroso sipario dell’indifferenza della nostra natura mortale.
La grande magia palesatasi questa sera è un dono inestimabile che ci ha condotti presso il giardino della nostra anima. Verrebbe da gridare con forza, e quasi disperatamente: “trattienilo…” (come il Verhalt ihn… della terza Eegia duinese del poeta praghese), conciosiacosaché  la ruota di Issione gira e noi siamo consapevoli che si vive, ma è sempre un addio...
Eppure, già da domani ritorneremo col pensiero, indubitatamente, al concerto di Matteo Mastromarino ed Alessandro Stefanelli, assaporandone ancora l’eleganza e la prorompente passionalità; e, come mettendo un segno sulla pagina di un libro molto amato per ricordarci di tornare a leggerla frequentemente, ci commuoveremo ancora, attendendo trepidanti di poter essere nuovamente partecipi di un sublime incanto sonoro.











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