DUE GRANDI INTERPRETI DEL PIANOFORTE DELIZIANO IL PUBBLICO
DEL TATA’
Un concerto pianistico a quattro mani sul palco del TaTà ha
richiamato pubblico e stampa da tutta la regione per un sold-out annunciato già
due giorni prima del concerto. Gli Amici della Musica A. Speranza confermano la
loro vocazione nel saper portare a Taranto la Musica Colta, non solo per la sua
lunga tradizione (avendo ormai raggiunto con risultati lusinghieri la 70ª
Stagione Concertistica), ma anche e
soprattutto per la qualità e varietà di artisti e concerti. L’altra sera,
quindi, un bel concerto per uno degli appuntamenti in “prima” nazionale, più
attesi della stagione : sul palco
dell’Auditorium del TaTà in esclusiva per il sud-Italia, il duo Vladimir e
Vovka Ashkenazy, padre e figlio, due artisti fra le massime espressioni del
pianismo mondiale. Due generazioni a confronto ed impegnati a quattro mani su
due pianoforti disposti frontalmente; l’unica differenza sta nella gestione
dello spartito, l’uno con quello cartaceo tradizionale (il padre), l’altro con
l’Ipad (il figlio). I due musicisti sono
in tornées in Italia (prossima tappa Empoli); dopo saranno impegnati in Cina ed
in Turchia. Eterogeneo il programma eseguito da Vladimir e Vovka Ashkenazy, con musiche di Schubert, Brahms, Vorodin e Stravinskij. Ad aprire la serata è il “Divertissement à
l’hongroise” (Divertimento all’ungherese) in sol minore a quattro mani di Franz
Schubert, in cui non è facile coglierne la vera idea musicale. La musica sembra
evocare la sonorità e l’idea visionaria dell’Ungheria, pur senza ricorrere ad
abusati stilemi di tipo zigano. Dopo Schubert è il momento delle “Variazioni su
un tema di Haydn” op. 56 bis per due pianoforti di Johannes Brahms, che ha
composto altre grandi opere per pianoforte come altre variazioni su temi di
Schumann, Händel e Paganini. La seconda
parte del concerto è incentrata su due grandi compositori russi e sulle
suggestive atmosfere da loro evocate: Alexandr Borodin e Igor Stravinskij. Del
primo viene eseguita la suite per doppio pianoforte delle trascinanti “Danze
polovesiane” tratte dall’opera lirica “Il principe Igor”; nelle Polovesiane si
passa dalla grazia melodica della “Danza delle ragazze” al vigore della “Danza
degli uomini” e della “Danza dei ragazzi”, spesso combinate fra di loro. Il
momento “forte” del concerto è rappresentato da una delle opere più importanti
del Novecento musicale, la Sagra della Primavera di Igor Stravinskji, lunga
suite commissionata dal famoso impresario Djagilev per i suoi “Balletti Russi”
a Parigi. In quest’opera il compositore
intende ricreare un mondo primitivo, partendo dall’iniziale “Adorazione della
terra” con un’atmosfera rituale che sfocia nella seconda parte con “Il
sacrificio” in una danza terribilmente demoniaca. La trascrizione per due
pianoforti dello stesso Stravinskij mette in luce la potenza tellurica del
ritmo, inteso come elemento primordiale della musica e della vita. Alla fine
calorosi e prolungati applausi per un concerto unico, che dopo un inizio
alquanto naif, ha preso vigore ed accenti più ispirati e coinvolgenti. Il
piacevole incastro di suoni ha messo in evidenza la perfetta armonia tra padre
e figlio. Davvero bravi i due Ashkenazy.
G.L.
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