lunedì 10 febbraio 2014

MERAVIGLIOSI VLADIMIR E VOVKA ASHKENAZY

DUE GRANDI INTERPRETI DEL PIANOFORTE DELIZIANO IL PUBBLICO DEL TATA’


Un concerto pianistico a quattro mani sul palco del TaTà ha richiamato pubblico e stampa da tutta la regione per un sold-out annunciato già due giorni prima del concerto. Gli Amici della Musica A. Speranza confermano la loro vocazione nel saper portare a Taranto la Musica Colta, non solo per la sua lunga tradizione (avendo ormai raggiunto con risultati lusinghieri la 70ª Stagione Concertistica),  ma anche e soprattutto per la qualità e varietà di artisti e concerti. L’altra sera, quindi, un bel concerto per uno degli appuntamenti in “prima” nazionale, più attesi della stagione  : sul palco dell’Auditorium del TaTà in esclusiva per il sud-Italia, il duo Vladimir e Vovka Ashkenazy, padre e figlio, due artisti fra le massime espressioni del pianismo mondiale. Due generazioni a confronto ed impegnati a quattro mani su due pianoforti disposti frontalmente; l’unica differenza sta nella gestione dello spartito, l’uno con quello cartaceo tradizionale (il padre), l’altro con l’Ipad (il figlio).  I due musicisti sono in tornées in Italia (prossima tappa Empoli); dopo saranno impegnati in Cina ed in Turchia. Eterogeneo il programma eseguito da Vladimir e Vovka Ashkenazy,  con musiche di  Schubert, Brahms, Vorodin e Stravinskij.  Ad aprire la serata è il “Divertissement à l’hongroise” (Divertimento all’ungherese) in sol minore a quattro mani di Franz Schubert, in cui non è facile coglierne la vera idea musicale. La musica sembra evocare la sonorità e l’idea visionaria dell’Ungheria, pur senza ricorrere ad abusati stilemi di tipo zigano. Dopo Schubert è il momento delle “Variazioni su un tema di Haydn” op. 56 bis per due pianoforti di Johannes Brahms, che ha composto altre grandi opere per pianoforte come altre variazioni su temi di Schumann, Händel  e Paganini. La seconda parte del concerto è incentrata su due grandi compositori russi e sulle suggestive atmosfere da loro evocate: Alexandr Borodin e Igor Stravinskij. Del primo viene eseguita la suite per doppio pianoforte delle trascinanti “Danze polovesiane” tratte dall’opera lirica “Il principe Igor”; nelle Polovesiane si passa dalla grazia melodica della “Danza delle ragazze” al vigore della “Danza degli uomini” e della “Danza dei ragazzi”, spesso combinate fra di loro. Il momento “forte” del concerto è rappresentato da una delle opere più importanti del Novecento musicale, la Sagra della Primavera di Igor Stravinskji, lunga suite commissionata dal famoso impresario Djagilev per i suoi “Balletti Russi” a Parigi.  In quest’opera il compositore intende ricreare un mondo primitivo, partendo dall’iniziale “Adorazione della terra” con un’atmosfera rituale che sfocia nella seconda parte con “Il sacrificio” in una danza terribilmente demoniaca. La trascrizione per due pianoforti dello stesso Stravinskij mette in luce la potenza tellurica del ritmo, inteso come elemento primordiale della musica e della vita. Alla fine calorosi e prolungati applausi per un concerto unico, che dopo un inizio alquanto naif, ha preso vigore ed accenti più ispirati e coinvolgenti. Il piacevole incastro di suoni ha messo in evidenza la perfetta armonia tra padre e figlio. Davvero bravi i due Ashkenazy.


G.L.

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