In occasione della conferenza stampa al Piccolo Teatro di
Milano, Il Direttore artistico Alberto Triola illustra il programma della 41ª
edizione, in programma dal 15 luglio al 4 agosto 2015.
Per la prima volta nella quarantennale storia del Festival,
la serata inaugurale sarà dedicata a una prima rappresentazione assoluta di una
nuova opera.
Una delle più qualificanti direzioni programmatiche intraprese
dal Festival negli ultimi anni, prevede infatti una presenza organica e
significativa della creatività musicale contemporanea. Dopo il sorprendente
successo di Nûr, prima opera commissionata dal Festival ed eseguita nel 2012,
ecco la seconda, prestigiosa prima mondiale, nata questa volta con la
Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino: si tratta dell'ultima opera di Marco
Tutino, uno degli autori italiani di oggi più rappresentati al mondo.
Da uno maggiori successi editoriali degli ultimi anni, - lo
splendido romanzo di Sándor Márai, Le braci - Tutino ha tratto anche il
libretto dell’opera, che scava nelle pieghe intime del sentimento e degli
affetti, scandagliandone gli aspetti più aggrovigliati e complessi. È la storia
di un’amicizia tra due uomini, che si intreccia con la febbrile passione per
una donna, ma parla anche di molto altro. I due vecchi amici, ritrovandosi dopo
una lunga separazione, tornano a riflettere e discorrere su fatti occorsi
moltissimi anni prima, quando erano giovani entrambi, e molto diversi; con un
distacco che non raffredda il fuoco del sentire, ma piuttosto lo proietta nella
dimensione vertiginosa dell’atemporalità, i continui flash back previsti dalla
drammaturgia del libretto, in parte ripresi dall’originale, caricano la vicenda
di ulteriore mistero e tensione catartica. Fino a rivelare un grande finale a
sorpresa, questo del tutto originale.
La musica di Tutino, che trova sovente ispirazione in
soggetti drammatici di forte valenza emozionale, si incarica di evocare ciò che
per sua natura non è facile, se non addirittura possibile, spiegare. E questo
senza mai perdere il gusto e il valore del racconto, che nei suoi lavori prende
spunto da vicende solo apparentemente intime e private, per parlare di storie e
accadimenti di ben più ampia portata: in questo caso, sullo sfondo del finis
Austriae, quello del crepuscolo della cultura occidentale.
Lo spettacolo, realizzato con le scene di Tiziano Santi -
artista di pregnante talento visionario, già noto al pubblico del Festival per
spettacoli di grande successo del recente passato - sarà affidato a uno dei
nomi più brillanti tra quelli del teatro italiano contemporaneo, talento figlio
di Martina Franca e del suo Festival: Leo Muscato, dal quale è lecito
attendersi un taglio interpretativo basato sullo scavo degli snodi
drammaturgici e delle relazioni drammatiche tra i protagonisti, sorretto da un
lucido istinto narrativo.
Nel 2007 l’Associazione Nazionale dei Critici Teatrali gli
assegna il Premio della Critica come miglior regista di prosa, mentre nel 2013
l'Associazione Nazionale dei Critici Musicali gli assegna il Premio Abbiati
come miglior regista d'opera della stagione 2012.
La direzione d'orchestra vedrà sul podio il giovane e già
apprezzato Francesco Cilluffo, mentre il cast potrà contare sull'esperienza e
il prestigio di artisti del calibro di Alfonso Antoniozzi e Roberto Scandiuzzi,
affiancati da giovani talenti del teatro musicale quali Romina Tomasoni, Angela
Nisi, Pavol Kuban e Davide Giusti.
Il secondo titolo del cartellone è ancora una coproduzione
con una Fondazione lirico-sinfonica italiana, in questo caso quella del Teatro
di San Carlo di Napoli, con la quale il Festival ha già siglato un secondo
progetto coproduttivo per l'opera inaugurale dell'edizione 2016, nel nome di
Giovanni Paisiello. Il recente intensificarsi delle occasioni di collaborazione
con prestigiose e blasonate fondazioni liriche è il segno della considerazione
che il Festival della Valle d'Itria ha raggiunto nel mondo produttivo nazionale
e della ferma volontà di condividere progetti culturali qualificanti con i
teatri che sono stati protagonisti di tre secoli di storia del melodramma:
Firenze, Napoli, Venezia (oltre al Teatro Regio di Torino e al Teatro
Petruzzelli di Bari).
Nel solco delle opere comiche di metà Ottocento, tanto
popolari un tempo, quanto dimenticate nel corso degli ultimi cento anni, dopo
il felice repêchage di Crispino e la Comare dei fratelli Ricci, ecco il Don
Checco di Nicola De Giosa, opera che il compositore barese scrisse nel 1850 per
il palcoscenico del Teatro Nuovo di Napoli, passata alla storia anche come
l'opera comica preferita da Re Ferdinando II di Borbone: ne richiedeva
l'esecuzione a corte ogni volta che l'umore necessitava di una dose massiccia
di giocondità.
La regia di Lorenzo Amato, le scene di Nicola Rubertelli e i
costumi di Giusi Giustino rimandano a un mondo realistico e familiare, tipico
di molte commedie di Totò; la vena malinconica che ne deriva dona un insolito
spessore al sorriso che la vicenda dello squattrinato protagonista - complice
un meccanismo comico di consumato mestiere teatrale - riesce a strappare anche
al pubblico smaliziato di oggi.
La parte del titolo - non solo teatralmente centrale ma
vocalmente assai impegnativa - sarà affidata all'estro e alla sensibilità di
Domenico Colaianni, affiancato da un gruppo di giovani affermati artisti, già
noti al pubblico di Martina Franca, a partire dalla coppia degli immancabili
innamorati: il giovanissimo tenore Francesco Castoro e il soprano Carolina
Lippo, a cui si affiancheranno il baritono Rocco Cavalluzzi (tutti e tre
pugliesi e usciti dai corsi dell'Accademia del Belcanto "Rodolfo
Celletti") e Carmine Monaco, dall'irresistibile carisma temperamentale.
Dal podio li guiderà Matteo Beltrami, uno dei giovani italiani emergenti con
più esperienza internazionale, al suo atteso debutto al Festival. I movimenti
coreografici saranno invece affidati a Giancarlo Stiscia.
La terza opera segna il grande ritorno del belcanto a
Palazzo Ducale, con uno dei titoli più rappresentativi del genere drammatico di
punta nella prima metà dell'Ottocento, quello della tragedia di derivazione
classica, ambientazione mitologica e argomento fantastico, con l'immancabile e
spettacolare scena "d'ombre", tra magie, rituali e incantesimi.
Giovanni Simone Mayr, non solo per essere stato il maestro
di Donizetti, occupa un posto di rilievo nella storia dell'opera, proprio
grazie alla sua Medea in Corinto, unanimemente considerata il suo capolavoro.
Sulla scia dei successi ottenuti nelle stagioni 1810/11/12 di un teatro minore
di Napoli, Mayr ottenne una commissione dal più prestigioso teatro cittadino,
il San Carlo, in quegli anni vero tempio mondiale dell'opera. Per il libretto
il compositore si rivolse a un giovane, promettente poeta: Felice Romani scelse
il soggetto reso popolare da Cherubini con la sua Médée e scrisse così il suo
primo libretto completamente originale.
In tutta la partitura eminente è il ruolo dell’orchestra, in
cui riecheggiano sia i classici viennesi che gli echi delle musiche
rivoluzionarie francesi, arricchita dall’apporto – in Italia all’epoca
decisamente insolito – di singoli strumenti capaci di conferire un colore
specifico alla scena (le percussioni, l’arpa, i tromboni). I recitativi secchi
previsti da Mayr vennero poi, probabilmente su richiesta della direzione del
San Carlo, drasticamente ridotti e trasformati in articolati recitativi
accompagnati. Dopo aver riscosso grande successo alla prima napoletana del
novembre 1813, negli anni seguenti l'opera fu rappresentata in numerosi teatri
italiani ed europei, ma in seguito scomparve dai cartelloni, eclissata dalla
pressoché omonima opera di Luigi Cherubini. Per una riscoperta in tempi
moderni, si deve attendere fino al 1977, con Leyla Gencer straordinaria protagonista,
nuovamente a Napoli.
Quella del Festival della Valle d'Itria è la prima ripresa
italiana da allora, preziosa occasione per gettare uno sguardo sul compositore
tedesco, naturalizzato italiano, fino ad oggi insolitamente trascurato dalle
stagioni del Valle d'Itria, nonostante la sua importanza nell'ambito del
belcantismo, riconosciutagli dallo stesso Celletti.
Da rilevare che l'esecuzione martinese potrà avvalersi della
nuovissima e inedita edizione critica dell'opera, curata da Paolo Rossini per
Ricordi.
A guidare l'Orchestra Internazionale d'Italia - un altro
prezioso punto di forza del Festival, rinnovatasi in molte file e cresciuta in
questi ultimi anni per apprezzabile tenuta e ammirata duttilità - e il Coro
della Filarmonica Di Stato “Transilvania” di Cluj-Napoca sarà Fabio Luisi, che
- accettando la nomina a direttore musicale del Festival - sancisce anche
ufficialmente il rapporto familiare e affettivo con Martina Franca, che diventa
il suo terzo palcoscenico privilegiato, insieme a Zurigo e New York. Davvero un
grande onore per il Valle d'Itria, da oggi ancor più legittimato a proiettare
la propria tradizione di valori verso ambiziosi traguardi internazionali.
Lo spettacolo è affidato al talento registico di Benedetto
Sicca, rivelazione dell'edizione 2014 del Festival con l'ammiratissima messa in
scena de La lotta d’Ercole con Acheloo. Un importante contributo allo
spettacolo sarà quello dei danzatori di Fattoria Vittadini, che tornano a
Martina Franca dopo il sensazionale e sorprendente debutto dello scorso anno,
che è valso alla compagnia il Premio Abbiati della Critica. Le scene, in
prezioso equilibrio tra delicata poesia e potenza drammatica, sono firmate
dalla giovane e ispirata Maria Paola Di Francesco, mentre alla fantasia ed eleganza
di Tommaso Lagattolla, fresco vincitore dell'Oscar della Lirica come miglior
costumista, sono dovuti i figurini dell'opera.
Nel cast si misureranno con i ruoli principali, decisamente
impervi, quattro campioni del virtuosismo internazionale: Davinia Rodriguez,
Michael Spyres, Enea Scala e Mihaela Marcu, in grado anche di offrire allo
spettacoli volti e figure di assoluta credibilità drammaturgica.
Dopo quattro anni di intenso e fecondo lavoro sul repertorio
belcantistico, e di approfondimento stilistico e tecnico nel campo del
cosiddetto "barocco", i giovani cantanti del dipartimento barocco
dell'Accademia “Rodolfo Celletti” possono ora affrontare, ancorché in forma
laboratoriale, una delle pagine monumentali del repertorio seicentesco, tra i
massimi capolavori della storia del teatro musicale di tutti i tempi:
L’incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi. Antonio Greco, coordinatore
musicale e docente di riferimento del repertorio antico a Martina Franca,
guiderà dal cembalo un piccolo ensemble di strumenti originali, Cremona
Antiqua, per la prima volta al Festival in formazione rigorosamente filologica.
Il capolavoro di Monteverdi verrà eseguito nella cornice del
Chiostro di San Domenico, ormai il secondo palcoscenico del Festival, in forma
semiscenica, curata - e opportunamente ridotta drammaturgicamente - da
Gianmaria Aliverta, giovane enfant terrible dell'opera italiana, dal quale è
lecito attendersi una lettura non banale e certamente lontana da sterili
estetismi. Raffaele Montesano, da lunghi anni anima della direzione tecnica del
Festival, curerà le scene, mentre all’estro e alla tecnica di Alessio Rosati è
affidato il progetto costumi, sul quale si misureranno anche le preziose
risorse della sartoria di casa.
Festival Junior impegnerà anche quest'anno decine di bambini
nell'esecuzione di un titolo pensato appositamente per loro; torna a Martina
Franca lo straordinario talento musicale di Daniela Terranova con C'era una
volta...Re Tuono, opera vincitrice del concorso Kinderszenen 2010, un Singspiel
destinato ai bambini dai cinque agli undici anni. Sul fantasioso e divertente
libretto di Fabio Ceresa - un altro giovane frutto del Festival martinese -
ispirato a una fiaba di Luigi Capuana, la Terranova - che di fatto è composer
in residence del Festival - ha disteso una partitura “per ensemble e voci
animate”, in cui i cantanti e il quartetto d’archi - affidati alla contagiosa
passione e dedizione di Angela Lacarbonara - intessono trame trasparenti di
prezioso contrappunto. Generosa d’echi di melodie riconoscibili, colte e
popolari, la musica della giovane compositrice friulana non rinuncia mai ad una
raffinata ed evidente eleganza di stile.
Completano il cartellone della quarantunesima edizione del
Festival della Valle d'Itria i tradizionali appuntamenti molto attesi dal
pubblico: il concerto del belcanto a Palazzo Ducale, in occasione del quale
verrà assegnato il Premio Celletti 2015, con la straordinaria presenza di due
prestigiosi belcantisti, Carmela Remigio e Michael Spyres, diretti dalla signorile
ed esperta bacchetta di Giuseppe Grazioli, sul podio dell'Orchestra ICO della
Magna Grecia di Taranto, che “debutta” nel cortile di Palazzo Ducale: tutti
impegnati in un programma di eccezionale attrattiva, sia per il grande pubblico
che per gli appassionati del genere virtuosistico, con pagine composite di
Rossini, Bellini e Donizetti; il concerto sinfonico, diretto quest'anno dal
giovanissimo Min Chung - figlio del grande Myung-Whun - con la partecipazione
di un altro figlio d'arte, il violinista Pavel Berman, impegnati in un
programma popolare di ispirazione classico-romantica; il sempre affollatissimo
concerto per lo spirito nella Basilica di San Martino, con l'Orchestra ICO
della Magna Grecia di Taranto e il Coro della Filarmonica di Stato “Transilvania”
di Cluj-Napoca diretti dal giovane ed estroso Sesto Quatrini; il ciclo
Novecento e oltre e quello dei concerti Fuori orario...
Lo scorso anno ha debuttato a Martina Franca, con un
eccezionale riscontro di pubblico, Opera in giardino. La formula, del tutto
inedita e senza precedenti in Italia, prevede l'esecuzione di un'opera
popolare, eseguita in forma ridotta e semiscenica, sfruttando le
caratteristiche naturali di preziosi contesti architettonici e paesaggistici,
con lo scopo di coniugare musica e canto con il pregio ambientale e i valori
enogastronomici del territorio della Valle d'Itria. Quest'anno sono state
previste due serate di Opera in masseria, con Il barbiere di Siviglia di
Rossini, affidato alla giovane e promettente regista Cecilia Ligorio e alle
cure musicali di Ettore Papadia, esperto e autorevole preparatore
dell'Accademia del Belcanto (che dallo scorso anno forma anche giovani maestri
collaboratori, assieme alla preziosa guida della coordinatrice Carmela Santoro
e di Vincenzo Rana), che annovera nel cast di questo Barbiere alcuni tra i
giovani cantanti dell’Accademia.
L’immagine del manifesto di questa edizione è stata curata,
come lo scorso anno, da un altro giovane talento creativo di Martina Franca,
Francesca Cosanti. Raffigura un vortice di archetipi teatrali. Rosso viscerale
per Medea, bianco e oro per Poppea. Una notte senza fondo, il lato oscuro e
potente del femminile, nell’intreccio indecifrabile della foresta/cervo di
Márai.
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