RAI:
UNA NUOVA SETTIMANA DI MUSICA, CONCERTI E DANZA SU RAI5
DAL 13
AL 17 APRILE
L’Orchestra
Rai con Fabio Luisi e Nikolaj Szeps-Znaider; La donna serpente di
Casella; L’Orchestra di Santa Cecilia con Pappano; Coup fatal con
la coreografia Alain Platel; Il ragazzo del risciò di Guo
Wenjing.
Nuova settimana di grande
musica per Rai Cultura, che trasmette su Rai5 concerti,
opere e balletti, da lunedì 13 a venerdì 17 aprile, dalle
17.30 alle 20 circa.
Si apre lunedì 13
aprile alle 17.45 circa su Rai5 con l’Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai e due musicisti come il direttore d’orchestra Fabio
Luisi e il violinista Nikolaj Szeps-Znaider, protagonisti
di un concerto registrato nell’aprile 2019. Invitato regolarmente sia come
virtuoso sia come direttore da prestigiose orchestre quali la London Symphony
Orchestra, i Wiener Symphoniker e la New York
Philharmonic, Szeps-Znaider è artista fra i più versatili e
apprezzati del panorama attuale. Attivo sostenitore di giovani talenti, ha
trascorso dieci anni come fondatore e direttore artistico alla scuola estiva
annuale della Nordic Music Academy. Di ritorno all’Orchestra Rai dopo i
concerti del 2015, Szeps-Znaider interpreta il Concerto in si minore
per violino e orchestra op. 61 di Edward Elgar con il
suo Guarnieri del Gesù del 1741 appartenuto a Fritz Kreisler, dedicatario e
primo interprete della partitura nel 1910. Particolarmente amato dall’autore,
che lo definì «un concerto terribilmente pieno di sentimento romantico», il
lavoro sembra racchiudere l’anima stessa del violino, richiedendo molte doti
all’interprete: virtuosismo, profondità di pensiero e grande intuito nel
cogliere le sfumature di una musica perennemente cangiante.
Sul podio dell’Orchestra Rai è
impegnato Fabio Luisi, direttore musicale del Festival della
Valle d’Itria di Martina Franca e dell’Opera di Zurigo, nonché Direttore
principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Danese e Direttore designato
della Dallas Simphony Orchestra. Vincitore di un “Grammy Award”, ha ricoperto
importanti incarichi con istituzioni come la Metropolitan Opera di New York, la
Staatskapelle di Dresda e l’Orchestra della Mitteldeutscher Rundfunk di Lipsia.
Nella seconda metà del programma propone la Sinfonia n. 7 in la
maggiore op. 92 di Ludwig van Beethoven. Composta nel 1812
quasi insieme all’Ottava, la sinfonia è un miracolo di perfezione
formale che abbandona la drammatica celebrazione dell’individualismo eroico
beethoveniano a favore di una straripante fantasia che ai contemporanei parve
spinta ai limiti della stravaganza.
Martedì 14 aprile sempre alle
17.15 circa su Rai5 è la volta della Donna
serpente di Alfredo Casella. L’opera è andata in scena al Teatro
Regio di Torino nell’aprile 2016 con la direzione di Gianandrea
Noseda e la regia di Arturo Cirillo, con costumi
di Gianluca Falaschi, scene di Dario Gessati,
coreografa di Riccardo Olivier e luci di Giuseppe
Calabrò. Protagonisti quest’opera da favola animata da fate, gnomi e
coboldi sono Piero Pretti, Carmela Remigio, Erika
Grimaldi, Francesca Sassu e Sebastian Catana.
Fervido sostenitore della
produzione di Casella, le cui partiture ha diretto e inciso in numerose
occasioni, Noseda dice: «Con La donna serpente Casella ha
composto un’opera fuori dagli schemi, mettendo a frutto una fervida fantasia
creativa. Casella mette in atto uno strappo analogo a quello che la seconda
Scuola di Vienna attua nei confronti dell’Espressionismo, con la differenza che
la corrente stilistica dalla quale il compositore torinese prende le distanze è
il Verismo».
Lo spettacolo, una
coproduzione con il Festival della Valle d’Itria, ha la regia di Arturo
Cirillo, attore e regista pluripremiato, che dice: «Lavorando su La donna
serpente mi è venuto in mente Il flauto magico; entrambe
le opere-fiaba hanno un sottile velo di crudeltà per la scelta di far passare i
protagonisti attraverso l’esperienza purificante del dolore. Per me questa
assonanza è motivo di notevole fascino, visto che adoro Mozart. La mia regia
per quest’opera vive di musica e per la musica. Non prende le mosse
esclusivamente dalla lettura del libretto, che da sola dice poco, ma
dall’ascolto consapevole della partitura».
Fanno parte del cast anche il
baritono Sebastian Catana (Demogorgòn), il mezzosoprano Anna
Maria Chiuri (Canzade), il tenore Francesco Marsiglia (Alditrùf),
i baritoni Marco Filippo Romano (Albrigòr), Roberto de
Candia (Pantùl), Donato Di Gioia (Badur e Il
corifeo), Emilio Marcucci (Primo messo e La voce del mago
Geònca) , il tenore Fabrizio Paesano (Tartagìl), il
basso Fabrizio Beggi (Tògrul), il soprano Kate
Fruchterman (La fatina Smeraldina; Una voce nel deserto), il
tenore Alejandro Escobar (Secondo messo), il soprano Eugenia
Braynova (Prima fatina), il mezzosoprano Roberta Garelli (Seconda
fatina) e il baritono Giuseppe Capoferri (Una voce interna).
L’opera, su libretto di Cesare
Vico Lodovici, dall’omonima fiaba di Carlo Gozzi, narra le vicende di Miranda,
una fata, innamorata di un mortale, Altidòr. Miranda potrà vivere per sempre
con il suo amato Altidòr solo se, per nove anni e un giorno, saprà nascondergli
la sua vera identità di fata e ottenere da lui il perdono per terribili azioni
che fingerà di compiere. Miranda non riesce nell’intento e, in virtù del patto
stipulato con Demogorgòn, il re delle fate, viene trasformata in serpente.
L’opera avrà comunque un lieto fine, con uno spettacolare finale che vedrà
protagonista proprio Altidòr. La donna serpente tenne occupato
Casella dal 1928 al 1931. Tra i modelli che il compositore tenne a mente si
segnalano le opere di Mozart, per la perfetta fusione tra musica e azione,
l’ultimo Verdi e l’ultimo Puccini, per la declamazione lirica, e Rossini,
percepibile in alcuni veloci passi affidati alle maschere. La donna
serpente si configura come un bagaglio di reminiscenze musicali che
Casella lascia fluire liberamente nella sua partitura, un “mosaico musicale”
nel quale il discorso si infittisce, nei passi salienti della vicenda, con
armonie futuriste e decisamente moderne.
Mercoledì 15 aprile alle
17.30 su Rai5 va invece in onda un grande concerto
sinfonico dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e
del suo Direttore Musicale Antonio Pappano, registrato nel marzo
2019. Protagonista anche il giovane pianista e compositore statunitense di
origini cinesi Conrad Tao, definito dal «New York Times» un
musicista capace di “sondare l’intelletto e di esprimere una visione artistica
a cuore aperto”. Grazie al suo talento poliedrico, si muove dal pianoforte alla
musica suonata sull’iPad, dalle sale concerto più prestigiose ai club
underground fino ai musei trasformati in music-hall. Con l’Orchestra di Santa
Cecilia e Pappano, Tao interpreta la celebre Rhapsody in
blue di George Gershwin. Pagina fra le più rappresentative
del jazz sinfonico, composta nel 1924, segnò l’inizio di lavori consacrati al
successo per il compositore, che proprio in quegli anni si affacciava alla
ribalta della scena americana. Gershwin stesso la definì “un caleidoscopio
musicale dell’America, col nostro miscuglio di razze, il nostro incomparabile
brio nazionale, i nostri blues, la nostra pazzia metropolitana”. Oltre
alla Rhapsody in blue, il programma include i poemi sinfonici Un
americano a Parigi sempre di Gershwin e Verklärte
Nacht di Arnold Schönberg. Opere apparentemente distanti quanto i
loro autori, in realtà condividono lo spirito innovatore del primo
Novecento. Un americano a Parigi, scritto nel 1928, trascrive in
musica le smaglianti impressioni di un turista americano che vagabonda per la
città ispirandosi al soggiorno di Gershwin nella capitale francese durante il
quale incontrò Ravel, Stravinskij, Milhaud e Poulenc, maestri che tanto
ammirava. Verklärte Nacht è, invece, il primo vero traguardo
compositivo di uno Schönberg ventiquattrenne e sostanzialmente autodidatta, che
pur muovendosi sulla scia tardoromantica contiene una libertà armonica inusuale
per l’epoca. Ricavato da una poesia simbolista di Richard Dehmel, fu scritto
nel 1899 per sestetto d’archi, trascritto per orchestra d’archi nel 1917 e
sottoposto a una nuova revisione nel 1943. Regia televisiva a cura di Laura
Vitali.
Il giovedì è
il giorno della danza e il 16 aprile alle 17.30 su
Rai5 va in onda Coup Fatal, ripreso alle Fonderie
Limone di Torino nel 2014 nell’ambito del “Torinodanza festival”, da un’idea
di Serge Kakudji e Paul Kersten con
coreografia di Alain Platel. Coup Fatal è un
progetto che ben esemplifica la passione di Platel e dei ballets C de la B per
esperienze curiose e originali, trasversali a tutti i linguaggi e a tutte le
culture. La storia è iniziata con pitiè!, uno spettacolo di Platel
nel quale il coreografo affrontò la Passione secondo Matteo di
Bach. Il protagonista era Serge Kakudji, controtenore congolese, che convinse
la compagnia a concludere la tournée a Kinsasha. È in quel contesto che
cominciarono a fondersi nella maniera più incredibile stilemi della musica
europea colta e suggestioni delle tradizioni popolari africane: Rodriguez
Vangama è il musicista che ha lavorato sulla musica barocca, mentre
successivamente al progetto si è aggiunto il gusto compositivo contemporaneo
dell’italiano Fabrizio Cassol (una formazione vicina al jazz, collaboratore di
Platel da qualche anno). Dodici i musicisti provenienti da Kinshasa si sono
messi insieme, e affrontano il repertorio di Haendel e Gluck, arricchendo la
musica originale con sonorità create dagli esecutori. Intorno alla voce di
Kakudji si struttura un nuovo e moderno universo, un insieme esuberante ed
organico di barocco, musica popolare congolese, rock, jazz. È a partire da
questa nuova esperienza che nasce Coup Fatal, una vera e propria
orchestra, che arriverà alla sua forma scenica grazie al coinvolgimento di
Platel e dei ballets C de la B, e alla collaborazione di un altro artista,
Freddy Tsimba, che nella capitale congolese realizza sculture con i bossoli
raccolti nelle zone di guerra. Si compone così un affresco esuberante e
irresistibile, nutrito anche dal riferimento a un’altra figura mitica del
paesaggio culturale di Kinsasha: il “sapeur”, una sorta di dandy, la cui
eleganza è naturalmente declinata secondo riferimenti assai lontani dai nostri,
ma altrettanto rigorosi e orgogliosi.
La settimana si chiude venerdì
17 aprile alle 17.30 su Rai5 con Il ragazzo del
risciò (Luotuo Xiangze), opera del compositore
cinese Guo Wenjing registrata al Teatro Regio di Torino nel settembre
2015 per il Festival MiTo SettembreMusica, commissionata dal National
Centre for the Performing Arts di Pechino ed eseguita in prima mondiale a
Pechino il 25 giugno 2014 nell’ambito del 2014 NCPA World Opera Forum.
L’opera in due atti, su
libretto di Xu Ying, è tratta dall’omonimo romanzo di Lao She (1899-1966), uno
dei massimi rappresentanti della letteratura cinese moderna. Il protagonista è
Xiangzi, un ragazzo di campagna giunto a Pechino all’inizio del ‘900 in cerca
di fortuna. Il suo obiettivo è avere un risciò tutto suo; nonostante la sua
buona volontà e il duro lavoro, la guerra, i rovesci della fortuna e una
società dura governata dal denaro capovolgeranno i suoi progetti. Pechino, la
città «sporca, bella, decadente, vivace, caotica» fa da sfondo non casuale alla
storia, vibrando di una vita che pare partecipare alle sofferenze degli umili:
«L’unico amico che Xiangzi aveva, era questa antica città». Punto centrale
della drammaturgia dell’opera è il rapporto tra Xiangzi e il suo veicolo, con
il quale il protagonista intrattiene un legame quasi viscerale: i due si
muovono dentro un gigantesco affresco, cupo e senza speranza. Il risciò è
simbolo di anelata libertà ed è, nel contempo, giogo crudele: il servo vuole
affrancarsi dal proprio padrone ma è, in qualche modo, vinto dall’oggetto del
suo sogno. Questo perché, in una società dai rapporti così iniqui, ai più
miseri e deboli non è neanche consentito sognare.
Autore della partitura è il
compositore Guo Wenjing. Nato a Sichuan nel 1956, Wenjing si è formato
presso il Conservatorio di Pechino decidendo, a differenza di altri suoi
illustri colleghi quali Tan Dun, Chen Yi o Zhou Long, di vivere e lavorare in
Cina. Tra i suoi lavori spicca Chou Kong Shan (Montagna
mesta e desolata), un concerto per flauto cinese di bambù e orchestra,
eseguito per la prima volta dall’Orchestra Sinfonica di Göteborg in Svezia con
la direzione di Neeme Järvi; Sound from Tibet (2001) per
ensemble di strumenti cinesi e occidentali e il Concerto per ehru,
il tradizionale violino cinese a due corde, commissione congiunta
dell’Orchestra Sinfonica di Singapore e della Radio Bavarese, eseguito anche
nell’importante festival di musica contemporanea “Musica Viva” di Monaco.
Proprio il gusto per la contaminazione caratterizza il percorso artistico di
Wenjing, teso a rinnovare il linguaggio musicale partendo dalla tradizione. Una
traiettoria che ha ricevuto ampio apprezzamento dal pubblico e dalla critica,
che così si è espressa a favore dell’opera del compositore: «una bellezza
musicale e una potenza drammatica senza eguali» (Le Monde); «una musica
pungente e vivida» (The Guardian); «un senso delle potenzialità in ambito
operistico estremamente originale» (The Independent).
Nel Ragazzo del risciò,
opera cantata in cinese con sottotitoli in italiano, il compositore mescola
abilmente il belcanto con la vocalità cinese, tecniche di composizione
occidentale e sonorità tipiche della musica tradizionale, dando vita a una
originalissima voce nel panorama dell’opera.
Il cast è composto da Han
Peng, tenore (nel ruolo di Xiang Zi); Sun Xiuwei, soprano (Hu
Niu); Song Yuanming, soprano (Xiao Fuzi); Tian Haojiang,
basso (Liu Siye); Sun Li, baritono (Er Qiangzi) e Liang
Yufeng, tenore (Sun Paizhang). Per la replica del 24 settembre il cast sarà
composto rispettivamente da: Jin Zhengjian, Zhou Xiaolin, Li
Xintong, Guan Zhijing, Wang Hexiang e Liang
Yufeng.
L’Orchestra e il Coro China
National Centre for the Performing Arts sono diretti da Zhang
Guoyong. La regia e scene sono firmati da Yi Liming, i costumi
da A’kuan, mentre le luci sono di Wang Qi.
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