mercoledì 3 settembre 2014

QUEM QUERIS : DIRIGE ALESSANDRO STEFANELLI

Alessandro Stefanelli e la Ricerca dell’Armonia




Cercare. Ancora cercare.
Sempre cercare. E meravigliarsi.
E gioire. E continuare nella ricerca,
stupefatta del suo procedere sereno e puro
sull’onesto tracciato della dismisura:
sensazione grande, occasione di rinnovamento
delle significazioni più fragili e vulnerabili che abitano il mondo:
nascita di un pensiero che leggiadramente fluttua
sulle lievi asprezze della vita e sorpassa ogni limite ormai troppo usato.

(Attilio Cantore - La Musica e la Grotta)



Sulla scia del pensiero di Flavio Ermini, possiamo affermare, non senza rammarico, che la nostra vita è una terra malamente calpestata, di volta in volta riassestata con mezzi risibili; è una terra di esilio e di abbandono dove si assommano carestie di luce e dove la speranza sembra essere un cartello divelto e sepolto sotto molti strati di macerie. È vero, viviamo in un mondo che ogni giorno innalza cortine (reali e fittizie) fra gli uomini, che ci educa e ci spinge a ostare, a respingere, a recludere ed a stigmatizzare come nemico tutto ciò che ci circonda, anche il nostro vicino. L’alternativa a tale deprecabile situazione può essere solamente la disponibilità, l’apertura, l’accogliere: ciò comporta un’alterazione di quel medesimo (che noi crediamo di essere) in favore di un incontro; significa il decentramento dell’auto-centrismo, la rottura di un farraginoso solipsismo, lo sfuggire alla presa di un io vuoto e fagocitante, un rinunciare ad un soggetto-centro (coscienza polare di sé) e scoprire, al contrario, un fungere della soggettività come luogo di inserzione all’altro, al prossimo; un rovesciamento di baricentro che ci insegni a fidarci (o meglio, ad affidarci) agli altri, per poterci poi riconoscere (senza timori e paure) negli occhi dell’eterno fratello (disse Zweig) e vivere una vera cristiana scuola di fraternità.
Lo sguardo dell’uomo (ma soprattutto quello dell’artista, che è per divina ispirazione l’interprete degli dèi presso di noi) è fondamentalmente contrasto, fusione, identificazione, incontro, integrazione, riconoscimento, ripresa. È indubbio, noi ricerchiamo ognora un contatto, un incontro, un dialogo; ma per ridare alla nostra umanità disorientata qualche segno di speranza bisogna andare ben al di là di un dialogo degli uomini, delle culture o delle credenze: bisogna indirizzarsi lungo i sentieri di un rinvigorente dialogo delle anime (direbbe il musicista Jordi Savall) che possa far risuonare nel mondo l’armonia perduta. Bisogna puntare all’affratellamento, guardando a esso come ad un’arca noachita in cui possano convergere tutte le differenze e possano convivere pacificamente mille nuances contrastanti. Ecco ché il quesito quem queris? (un fosforeggiante “chi cerchi?”) diviene per noi uomini il liquido amniotico del tutto: diviene la chiave di volta della cattedrale della nostra anima.
Il giovane musicista Alessandro Stefanelli, nell’organizzare il raffinato quem queris?”  Concerto-Meditazione per Soli, Coro e Orchestra (che avrà luogo venerdì 5 settembre presso la Chiesa Madre Santa Maria La Nova di Pulsano (TA) alle ore 20:00), ha avvertito la prorompente necessità di superare, in questa nostra terra devastata, il “trauma” umano (potremmo anche dire, etimologicamente, la nostra inguaribile “frattura” spirituale) per affermare, attraverso l’albeggiare della purezza della musica, la pienezza del nostro rapporto con noi stessi, col mondo e col sacro, verso un ricongiungimento autentico che preluda al trionfo sacrosanto dell’armonia.

Quello proposto da Stefanelli è un intenso tragitto fra gli specchi deformanti degli abissi rizomatici del nostro Essere; nella dismisura del silenzio meditativo che il misticismo impone, è una ricerca di vaghi accordi siderali e mai udite intonature dell’esistenza. Fra i vari brani del giovanissimo e talentuoso compositore, vorrei segnalarne almeno tre…

Il Kyrie scatena subito in noi ribollenti emozioni contrastanti, fra lo spavento e l’estasi (Rilke avrebbe detto Schrecken und Entzücken), conducendoci nelle più terribili e venerande caverne del nostro spirito; il primo accordo, vibrante, diviene quasi “nido dell’universo”, primiziale nisus vitale, come stupefatta e appassionata promessa del sorgere e pulsare della nostra istessa vita (spirituale). Vaghe atmosfere rinascimentali  sembrano condurci al cospetto di una possibile rivelazione; in un fremente anelito di pace, il finale s’invola poi misticamente in una cadenza piccarda che in una luce ampia, emblematicamente, trionfa felice, come se sui dolori dell’uomo le stelle posassero infine il loro sguardo mite e augurale.

L’Agnus Dei, prezioso nel cromatismo ricercato, diviene simbolo di perfetta metamorfosi rigenerativa, giacché nella seconda parte sa ben trasfigurare la sua essenza placida e dolce in una virulenta perorazione di grazia, supportato da adamantine e portentose incursioni del clarinetto, sognante nei suoi fremiti apollinei.

Il Signore è mia luce e mia salvezza, dopo un melanconico e soffuso dialogo dell’arpa con il coro (la cui eterea voce aleggia, parrebbe in sordina, come velo claustrale e virgineo), dona voce possente all’orchestra che, vulcanica, sfavilla in un inno di amore e fraternità, verso una rinascenza cosmica.

Degno di lode e plauso l’intento ambizioso di questo sapiente oratorio scritto da Alessandro Stefanelli: cercare primieramente di far risuonare il nostro spirito, oltre ogni dicibile parola ed oltre ogni udibile suono, facendo sì che esso diventi (in un processo di Verwandlung, di fermentativa metamorfosi) eco sublime che rimbalzi fra i simboli della Natura, che tutto dicono meglio, per ritrovare finalmente l’Armonia da lungi perduta (come ci avverte Hölderlin) ma da sempre potentemente presentita.

Questo viaggio letterario e musicale imbastito da Stefanelli ci ricorda che, in mutua santità col mondo e sempre vivendo nella ricerca di persone o momenti che ci donino anders nach Gluckverlangen (altri modi di desiderare la felicità), alla fine del nostro “sogno armonico” molto probabilmente (come direbbe Ghiannis Ritsos) non [ci sarà] più niente che piegh[erà] la [nostra] vita e [c]i faccia abbassare lo sguardo, e non [ci sarà] niente che [noi] non po[tremo] mostrare con orgoglio e cantare, e non [ci sarà] niente che [c]i impedi[rà] di volgere il [nostro] viso verso il sole.


Interpreti



SOLI
Sara Intagliata, soprano
Vincenzo Franchini, alto
Manuel Amati, tenore
Pasquale Greco, baritono


CORO
Soprani: Serena Mastrangelo, Valeria Lagrotta.
Contralti: Ilaria Pasanisi, Roberta Pagano.
Tenori: Antonio Mandrillo, Leo Carucci.
Bassi: Cataldo Lodeserto, Diego Zecchino.


ORCHESTRA
Flauto: Daniela Pascale
Clarinetti: Matteo Mastromarino, Luigi Romano
Corno: Gianni Ruta
Tromba: Giovanni Fanelli
Violini: Francesca Cacciotta, Cristina de Pasquale,
Flavia Madaghiele, Petra Simone, Marco Marzialetti
Viola: Felisia Chiarello, Sabrina Semerato
Violoncello: Alessandra Cacciotta
Contrabasso: Alessandro Iacca
Arpa: Zaira Bruno
Organo: Mariangela Quaranta
Percussioni: Luca Pisto


VOCE NARRANTE
Pierantonio Ruggiero


DIREZIONE

Alessandro Stefanelli

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