Riccardo
Chailly, Anna Netrebko, Francesco Meli e Carlos Álvarez i protagonisti
dell’opera di Verdi che ebbe al Piermarini la sua prima assoluta nel 1845.
La regia è di
Moshe Leiser e Patrice Caurier.
Il Teatro alla Scala (Foto di Paola Primavera)
Il
7 dicembre 2015 la Stagione 2015/2016
del Teatro alla Scala ha inaugurato con Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi,
che proprio alla Scala ebbe la sua prima esecuzione il 15 febbraio 1845 e che
non vi viene eseguita dal 1865. La ripresa di quest’opera dopo 150 anni si
inserisce nella linea artistica e culturale che darà forma alle stagioni
scaligere dei prossimi anni: riproporre le opere che sono nate alla Scala e
riallacciare il legame con l’immensa tradizione del nostro melodramma allargando
il numero dei titoli, alternando i più famosi alla riscoperta di capolavori
meno eseguiti e portando in palcoscenico le edizioni critiche. Con questo
spettacolo Riccardo Chailly, al suo
primo Sant’Ambrogio da Direttore Principale, ha anticipato un disegno artistico
che si svilupperà nei prossimi anni accanto all’ambizioso progetto di
esecuzione di tutte le opere di Giacomo Puccini.
La
regia della nuova produzione scaligera è di Moshe Leiser e Patrice
Caurier e il cast comprende Anna
Netrebko nella parte di Giovanna, Francesco
Meli nella parte di Carlo VII, Carlos
Álvarez nella parte di Giacomo.
L’opera
La Giovanna d’Arco, presentata alla Scala
nell’edizione critica curata da Alberto Rizzuti per Ricordi / University of
Chicago Press, è la settima opera di Giuseppe Verdi e la quinta scritta per la
Scala. Il libretto di Temistocle Solera è liberamente tratto dal dramma di
Friederich Schiller Die Jungfrau von
Orléans (1801) che servirà da spunto anche per la versione di Čajkovskij del
1881. Verdi tornerà a Schiller per il soggetto di ulteriori tre opere: I
masnadieri (da Die Räuber), Luisa Miller (Kabale und Liebe)
e Don Carlos. Giovanna d’Arco va in scena al Teatro alla Scala il
15 febbraio 1845 e il caloroso successo di pubblico è testimoniato dall’elevato
numero di rappresentazioni, 17, e dalla popolarità del valzerino intonato dagli
spiriti maligni, che diventa un tormentone degli organetti da strada milanesi.
Gelida è, al contrario, la stampa. La prima Giovanna è una primadonna dalle
grandi qualità belcantistiche, Erminia Frezzolini, già artefice del successo
vocale della prima de I Lombardi alla prima Crociata alla Scala due anni
prima. L’opera resterà sempre un cavallo di battaglia per grandi soprano.
Nonostante la buona
accoglienza del pubblico, Giovanna è il casus belli che segna il
divorzio tra Verdi e la Scala. Dopo i successi scaligeri di Nabucco e
dei Lombardi il compositore aveva cominciato a ricevere offerte da altri
teatri: Ernani era andato in scena a Venezia, I due Foscari a
Roma, Alzira sarebbe stata rappresentata a Napoli pochi mesi dopo. Si
fanno intanto più difficili i rapporti con l’impresario Merelli, accusato di
scarsa cura nelle messe in scena, e con l’editore Ricordi: quando Merelli
appresta scenografie inadeguate per Giovanna d’Arco e accetta di far
pubblicare l’opera da Ricordi a condizioni sfavorevoli per Verdi, questi tronca
i rapporti. Se con Ricordi si troveranno per le opere successive nuovi accordi
più vantaggiosi per il compositore, la Scala dovrà attendere il 1887 per veder
rappresentata una prima verdiana:
Otello.
Giovanna d’Arco torna alla Scala due volte: nel
1858 per 7 rappresentazioni e nel 1865 con rinnovato successo: altre 17, come
alla prima. Per quest’ultima apparizione scaligera Verdi indica come
protagonista Teresa Stolz, cantante da lui ammiratissima e causa di formidabili
gelosie domestiche, destinata a essere la prima Aida alla Scala e la prima interprete assoluta del Requiem. Per riascoltare Giovanna d’Arco i milanesi dovranno
attendere il 1951, quando Alfredo Simonetto dirige una leggendaria esecuzione
in forma di concerto con l’Orchestra della RAI, solisti Renata Tebaldi, Carlo
Bergonzi e Rolando Panerai. La fortuna ottocentesca dell’opera è alterna, anche
perché la censura è allarmata da una possibile interpretazione risorgimentale
ma soprattutto dal tema religioso: Giovanna è una figura controversa,
processata per eresia, e sarà proclamata santa solo nel 1920. Si aggiunga la
scabrosa ossessione del libretto per l’illibatezza della giovane, cui il padre
chiede con insistenza “pura e vergine sei tu?”. Nelle riprese a Roma e Napoli
la vicenda è anticipata di due secoli e il titolo è mutato in un’improbabile Orietta di Lesbo. Inoltre il pubblico è
disorientato: il titolo sembrava promettere le grandiosità di un affresco
storico sulla scia di Nabucco e dei Lombardi ma l’opera, nonostante le scene
di massa che guardano a Meyerbeer, punta con decisone sul dramma familiare
portando in primo piano il rapporto padre-figlia che nel Nabucco era rimasto all’ombra delle scene corali. Certo Verdi,
scrivendo a Piave dopo la prima, non mostrava incertezze: “La mia opera
migliore, senza eccezione e senza dubbio”. Tanta sicurezza appartiene certo
all’atteggiamento risoluto sempre assunto da Verdi di fronte alle riserve sulla
sua opera, ma tradisce evidentemente un’affezione autentica e il riconoscimento
di un ruolo speciale. Giovanna d’Arco
è, tra i titoli dei cosiddetti “anni di galera”, il più gravido di futuro, una
partitura sperimentale che fa da cerniera tra le esperienze giovanili e la
“trilogia popolare”. L’orchestrazione, curatissima, include fisarmonica,
campane, sistri, arpe, un cannone e, nell’ultima romanza di Carlo, un
sorprendente accompagnamento di corno inglese e violoncello solo. Ma
soprattutto nella Giovanna troviamo
prefigurati temi e personaggi del Verdi a venire: il rapporto tormentato tra
padre e figlia tornerà in Rigoletto,
mentre il personaggio di Carlo VII, irresoluto e impari al compito assegnatogli
dalla Storia, annuncia il Don Carlos dell’opera eponima. Dal punto di vista
musicale, sono numerosi gli spunti che troveremo sviluppati nel Verdi
successivo: ricordiamo almeno l’attacco dell’Atto II che contiene in nuce il
Dies Irae del Requiem, mentre il
duetto d’amore che conclude lo stesso Atto prefigura il duetto di Un ballo in maschera. La marcia del III
Atto è una prova generale delle scene trionfali di Don Carlos e Aida; il IV
Atto si apre con una situazione drammatica che ritroveremo ne Il trovatore e prosegue con una
battaglia che ha un forte parallelismo con quella de La forza del destino. Infine la tinta della morte di Giovanna
(“S’apre il ciel”) tornerà decenni più tardi in “O terra addio”, il duetto
finale di Aida.
(Nota:
Verdi divise l’opera in 4 Atti, ma nell’edizione a stampa venne invece
introdotta la partizione in un Prologo e tre Atti. L’edizione critica
ripristina la lezione originaria in 4 Atti. L’opera si darà con un solo
intervallo tra il secondo e il terzo Atto).
Un’opera
sconosciuta?
Se
al Teatro alla Scala manca dal 1865, Giovanna ha goduto negli anni di un buon
numero di esecuzioni, spesso legate al nome di grandi soprano. Abbiamo già
ricordato l’esecuzione milanese del 1951, diretta da Alfredo Simonetto con
Renata Tebaldi, Carlo Bergonzi e Rolando Panerai; la Tebaldi aveva debuttato
nel ruolo poco prima a Napoli, nell’ambito delle celebrazioni per il
cinquantenario della morte di Verdi, e lo riprenderà tra l’altro all’Opéra di
Parigi. L’opera viene registrata in studio per la prima volta nel 1972, ed è
una folgorazione: negli studi di Abbey Road si trovano Montserrat Caballé,
Plácido Domingo e Sherrill Milnes, la London Symphony è diretta da un
ventinovenne James Levine. Nello stesso anno il Teatro La Fenice fa debuttare
nella parte Katia Ricciarelli con la direzione di Carlo Franci, mentre Maria
Chiara incide l’aria “Sempre all’alba” con Nello Santi nel 1973.
Riccardo
Chailly dirige Giovanna per la prima
volta a Bologna nel 1989 con la regia di Werner Herzog e un cast formato da
Susan Dunn, Vincenzo La Scola e Renato Bruson. Tra le esecuzioni degli anni
successivi ricordiamo almeno quelle del Covent Garden nel 1996, con Daniele
Gatti, la regia di Philip Prowse e June Anderson protagonista; del Carlo Felice
di Genova nel 2001 con Nello Santi, la regia di Werner Herzog e Mariella Devia; del Regio di Parma
nel 2008 con Bruno Bartoletti, la regia di Gabriele Lavia e Svetla Vassileva; e
infine quella del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca nel 2015 con
Riccardo Frizza, la regia di Fabio Ceresa e Jessica Pratt. Al Festival di
Salisburgo l’opera è stata presentata con grande successo nel 2013 in forma di
concerto con la direzione di Paolo Carignani e Anna Netrebko, Francesco Meli e
Plácido Domingo: la serata è stata registrata in un CD Deutsche Grammophon.
Gli artisti
Il
librettista Temistocle Solera riduce a 5 i 27 personaggi della tragedia di
Schiller: dal brulicare delle voci si passa al dramma familiare sullo sfondo di
un coro che commenta l’azione come nella tragedia greca. Il cast del 7 dicembre
è composto da alcune delle voci più autorevoli del panorama lirico
internazionale, tutte già ascoltate e applaudite a Milano: Anna Netrebko debutta come Giovanna nel 2013 a Salisburgo, sempre
accanto a Francesco Meli. La
presenza scaligera di Anna Netrebko si apre nel 1998 con un concerto della
Filarmonica diretto da Valery Gergiev; sempre Gergiev la dirige due anni più
tardi in Guerra e Pace di Prokof’ev.
Torna quindi come Donna Anna nel Don
Giovanni diretto da Daniel Barenboim il 7 dicembre 2011 e come Mimì ne La Bohème diretta da Daniele Rustioni
nel 2012.
Anche
per Francesco Meli si è trattato del secondo 7 dicembre: dopo il debutto
scaligero nei Dialogues des Carmélites
di Poulenc nel 2004, torna come Cassio nella ripresa dell’Otello diretto da Muti e come Arbace nell’Idomeneo inaugurale della stagione 2005/2006, diretto da Daniel
Harding. Negli anni seguenti è Don Ottavio nel Don Giovanni (Dudamel 2006), Leicester in Maria Stuarda (Fogliani 2008), Cantante italiano nel Rosenkavalier (Jordan 2011). Dmitry Beloselskiy debutta al
Piermarini nel 2013 come Zaccaria nel Nabucco
diretto da Luisotti. Carlos Álvarez esordisce alla Scala nel 1996 con
Riccardo Chailly cantando la parte di Sharpless in Butterfly. Nel 1999 e nel 2006 torna come Don Giovanni diretto
rispettivamente da Riccardo Muti e Gustavo Dudamel.
Riccardo Chailly è Direttore
Principale del Teatro alla Scala dal gennaio 2015 e sarà Direttore Musicale dal
gennaio 2017. Il suo debutto alla Scala risale al 1968 con “I Masnadieri” di
Verdi; in seguito ha diretto opere di Rossini, Verdi, Puccini, Prokof’ev e
Bartók; con Aida ha inaugurato la
Stagione 2006/2007. Il suo impegno con
il teatro milanese negli anni a venire si concentrerà sul repertorio italiano
con un ciclo di opere di Puccini già aperto nel maggio 2015 con Turandot e destinato a proseguire nel
maggio 2016 con La fanciulla del West,
ma anche con titoli di Verdi, Rossini e Donizetti. Riccardo Chailly ha già
diretto Giovanna d’Arco a Bologna nel
1989 con la regia di Werner Herzog ma
nel suo passato musicale compare anche un’altra Giovanna: ha infatti registrato con la Filarmonica la Cantata di
Rossini nella trascrizione di Salvatore Sciarrino.
I registi
Raccontare
la storia portando le intenzioni del compositore agli spettatori di oggi in
stretta connessione con il dettato musicale: questo l’imperativo che guida la
coppia di registi che da decenni lavora al centro di una squadra coesa e
affiatata.
Oltre
a loro, il belga Moshe Leiser e il parigino Patrice Caurier, ne fanno parte lo
scenografo Christian Fenouillat, il costumista Agostino Cavalca e il light
designer Christophe Forey. Leiser e Caurier lavorano insieme dal 1983 e hanno
sempre sottolineato il carattere unitario dell’opera, uno spettacolo in cui
musica e teatro devono crescere insieme. Refrattari al teatro decorativo come
alle provocazioni, i due registi hanno situato l’azione delle opere che hanno
messo in scena in epoche e luoghi diversi ma sempre cercando la collocazione
più aderente alla verità drammaturgica del testo e alle intenzioni degli
autori. Dopo gli inizi in Francia (in particolare a Lione) hanno realizzato
spettacoli al Royal Opera House Covent Garden di Londra, al Theater an der Wien
e alla Staatsoper di Vienna, al Mariinskij di San Pietroburgo, al Liceu di
Barcellona, all’Opera di Zurigo e al Metropolitan di New York.
Nel
2014 hanno vinto l’International Opera Award per la loro produzione di Norma con Cecilia Bartoli al Festival di
Salisburgo.
Le introduzioni
prima dello spettacolo
Torna
alla Scala la consuetudine di far precedere le esecuzioni dei titoli di
particolare interesse storico o culturale da un’introduzione per il pubblico.
Prima di ciascuna recita di Giovanna
d’Arco, a partire dal 10 dicembre, il professor Franco Pulcini terrà un incontro di presentazione dell’opera presso
il Ridotto dei Palchi Arturo Toscanini. Gli incontri avranno inizio alle ore 19
e l’accesso sarà consentito agli spettatori muniti di biglietto per la serata.
Le
altre “Giovanne”
Il
personaggio della santa guerriera ha ispirato compositori di epoche diverse:
oltre a Verdi vanno ricordati almeno Rossini, Čajkovskij (La pulzella d’Orléans), Honegger (Jeanne d'Arc au bûcher). Alla
Scala la Giovanna d’Arco al rogo di
Honegger giunge nel 1954 in italiano in un’edizione leggendaria: dirige
Gianandrea Gavazzeni, le voci recitanti sono quelle di Ingrid Bergman e Memo
Benassi, la regia è di Roberto Rossellini.
Nel
1961 Peter Maag dirige il raro mistero Giovanna
d’Arco di Marco Enrico Bossi, con Raina Kabaivanska protagonista.
Tra
le interpreti della Cantata di Rossini alla Scala ricordiamo Marilyn Horne
(1979), Teresa Berganza (1988) e Joyce Di Donato (2007).
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