venerdì 17 marzo 2017

PER L'OPERA PER BAMBINI AL PETRUZZELLI: ALADINO E LA SUA LAMPADA

La Fondazione Petruzzelli presenta

la nuova produzione Aladino e la sua lampada

Sabato primo aprile alle 17.00
la rappresentazione pomeridiana aperta a tutti
della nuova Opera per bambini



Nell’ambito delle attività dedicate ai giovani la Fondazione Petruzzelli presenta la nuova produzione Aladino e la sua lampada, commissionata al maestro Nicola Scardicchio che ne ha composto musiche e versi e per la regia di Marinella Anaclerio che ne ha curato dialoghi e drammaturgia.
 
Dirigerà l’Orchestra del Teatro Petruzzelli il maestro Alvise Casellati, maestro del Coro del Teatro Petruzzelli Fabrizio Cassi.
A firmare le scene Francesco Arrivo, il disegno luci Peppino Ruggiero.

A dar vita allo spettacolo: Andrea Inglese (Aladino), Alberto Comes (Mago/Sultano), Patrizia Labianca (Madre di Aladino), Tony Marzolla (Gran Visir/Genio della Lampada), Antonella Carone (Principessa Budur), Carlo Callea (Mohammed), Maria Giaquinto (Fruttivendola/Sultana), Loris Leoci (Banditore), Marco Altini (Genio dell’Anello/Guardia), Dino Parrotta (Messo/Guardia).

La rappresentazione aperta al pubblico di tutte le età, con biglietti al costo di 5 euro, andrà in scena sabato primo aprile alle 17.00.
(Biglietti in vendita al botteghino del Teatro Petruzzelli e on line su www.bookingshow.it. Informazioni 080.975.28.10).

Aladino e la sua lampada è la terza produzione commissionata dalla Fondazione Petruzzelli e realizzata pensando alla formazione del pubblico di domani, dopo Il giovane Artù  presentato nel 2014 con musiche di Nicola Scardicchio, libretto di Teresa Petruzzelli e regia di Marinella Anaclerio e Cenerentola, andata in scena nel 2016 con musiche di Cristian Carrara e libretto e regia di Maria Grazia Pani.

L’opera è in programma per le scuole in doppia rappresentazione alle 10.00 ed alle 11.30: martedì 21, mercoledì 22, giovedì 23, venerdì 24, lunedì 27, martedì 28, mercoledì 29 giovedì 30 e venerdì 31 marzo, lunedì 3, martedì 4 mercoledì 5, giovedì 6 e venerdì 7 aprile. (Informazioni www.fondazionepetruzzelli.it, sezione Ufficio Scuola).






Aladino e la sua Lampada

Quando il saggio indica la luna
Lo stolto guarda il dito.

… ma quanti sono i saggi che in fondo amano farsi guardare il dito? Raccontare la storia di Aladino è raccontare un percorso di iniziazione e crescita, analizzare nel profondo il rapporto tra Maestro e discepolo, insomma è raccontare una favola ricca di significati esoterici.
Aladino è un ragazzino sconosciuto, di famiglia poverissima, svogliato e fantasioso che, affrontando con coraggio e determinazione una serie di prove in cui rischia anche la vita, riuscirà a diventare un principe amato da tutti.
La celebre favola orientale sceglie una metafora molto forte per raccontare le qualità innate ed inesauribili di cui tutti siamo dotati: nel fondo di una grotta meravigliosa, piena di ogni genere di ricchezze, l’oggetto più prezioso è una vecchia lampada ad olio, il Vero Io che spesso giace silenzioso e sommerso da tante illusioni. Il Mago avido, che si presenta come zio amorevole e Maestro, conduce Aladino alla Grotta a cui solo il ragazzo ha accesso, per rubargli la “sua Lampada”, dunque la sua personalità. Quanti Maestri nei secoli e tutt’oggi non voglio altro che passivi proseliti? Dal momento che Aladino intuisce che quella Lampada ha un valore vitale per lui, si rifiuta di darla al finto Zio, che per vendetta lo chiude nella grotta.
Comincia lì il suo percorso di crescita. La Madre, che poco si fida di lui, lo segue con diffidenza, e per timore lo frena costantemente. Anche questo aspetto può essere considerato un archetipo: le persone più difficili da convincere del nostro cambiamento sono proprio le persone più vicine. All’inizio il ragazzo, intimidito dalla donna, si accontenterà di utilizzare la Lampada solo per assicurarsi la sopravvivenza, ma quando s’innamora della Principessa sfiderà se stesso ed il suo ambiente per essere fino in fondo all’altezza dell’oggetto del suo amore. L’Amore è dunque l’altra metafora della favola, l’importanza dello stimolo che deriva dall’amore sincero per un’altra creatura, stimolo che porterà Aladino sempre più in alto.
Abbiamo scelto di sviluppare la fiaba fino alla conclusione di quello che può essere considerato il nucleo fondamentale: il matrimonio di Aladino con la principessa Badr-al- Budur. Tutta la seconda parte, il ritorno del Mago con la sua sconfitta definitiva,  è in fondo un ripetersi di temi con prove ulteriori che, pur nella piacevolezza dell’intreccio, in sostanza aggiungono poco al già detto.  Una fiaba per bambini dunque … ma non solo!


Marinella Anaclerio







Aladino e la sua Lampada

Perché Aladino? Proprio a me? Una delle più belle opere liriche italiane del novecento è senza dubbio Aladino e la lampada magica di Nino Rota su libretto poeticamente - e non solo poeticamente - magistrale di Vinci Verginelli: i due miei Maestri in tutti i sensi.

In ordine: Massimo Biscardi mi chiama a comporre un’opera per i giovanissimi sul tema della celeberrima favola orientale. Io gli dico che mi atterrisce il confronto con tanto grandi Maestri sul tema medesimo. Il Sovrintendente ha un coraggio che riesce contagioso ed insieme stimolante.

Verso la fine di luglio del 2014 mi invitò per la prima volta a comporre per il teatro barese, nel quale sono praticamente nato, essendone stato frequentatore assiduo fin da bambino e quindi quasi da sessant’anni. Ne fui molto lusingato: comporre per la propria città su invito di un musicista di tale levatura e severità non posso negare che mi abbia allora fatto molto piacere. Biscardi mi disse che ci sarebbero voluti i tempi tecnici per dar forma al progetto e che l’opera sarebbe andata in scena nel mese di novembre. Io pensai che in un anno e mezzo sarei riuscito a metter giù qualcosa di buono. Sorpresa ed incubo: non si parlava del novembre 2015 ma del novembre dello stesso 2014. Mi cascarono le braccia: come fare in poco tempo, senza un libretto già steso e senza ancora un’idea precisa della cosa in sè, a comporre nientemeno che un’opera, per quanto limitata alle dimensioni di un’ora di durata (ma la Salome e l’Elektra  sono solo di poco più lunghe, si parva licet componere magnis) senza uscirne con le ossa rotte? Stavo per declinare l’invito: prima che mi decidessi a dare forfait Massimo Biscardi mi dice che l’argomento dev’essere la leggenda di Re Artù. Mi ricascarono le braccia: da anni andavo compilando quaderni e taccuini con frammenti su un ipotetico libretto d’opera sulla storia affascinante del mitico re britannico, soprattutto sulla sua formazione sotto la guida di Merlino. Ma, cosa davvero assurdamente coincidente, con i miei amici avevamo già da tempo programmato voli aerei, alberghi, itinerari e noleggiato un’auto per una vacanza nel Galles, la terra in cui si sarebbero svolte secondo la leggenda le gesta di Artù. Addirittura avevamo prenotato la visita ad un’antica miniera gallese chiamata ‘King Arthur’s labyrinth’. Troppi segni del Fato. Accettai e feci bene perché ai giovanissimi piacque molto, cosa per me molto importante, poiché sono convinto che sono loro non solo il pubblico futuro ma sono il nostro futuro stesso, e l’educazione al Bello per me è cosa essenziale nella formazione di coscienze rette ed intelligenti. Se i fanciulli non avessero gradito per me sarebbe stata una grande delusione e mortificazione.

Quando Biscardi mi propose poco prima dello scorso Natale, e quindi con molto meno tempo a disposizione, di metter giù un’opera su Aladino, con quel grande modello rotian-verginelliano alle spalle stavo davvero per rinunciare: troppo poco tempo e troppo pesante il

confronto. Ma nell’estate scorsa con i soliti amici abbiamo fatto le vacanze in Israele. Gerusalemme, il Mar Morto, Giaffa, Tel Aviv….. i mercati mediorientali della Porta di Damasco ed i cammelli nel deserto pietroso del Mar Morto, i colori ed i profumi di spezie, stoffe, frutti. Ancora una volta le suggestioni furono la discriminante tra una saggia e in molti sensi motivata e non certo vile rinuncia e la temeraria accettazione di comporre in due mesi – più o meno – questa nuova opera, per fortuna collaborando con Marinella Anaclerio, già eccellentissima coautrice della precedente opera ‘Il giovane Artù’.

La favola di Aladino è, come diceva Rota parlando della sua decisione di farne un’opera, una favola non gratuita. Essa nell’apparente fantasiosità dell’argomento parla di princìpi fondamentali nella formazione di una coscienza individuale: cos’è una lampada magica? Perché strofinandola ne vien fuori un Genio che obbedisce al possessore? E cosa rappresenta quel Genio, generato dall’operatività del possessore ed a sua volta generante cose meravigliose? Perché un Mago potente può condurre fino alla soglia della grotta misteriosa il prescelto, peraltro ignaro del tesoro che sta per conquistare, e che è da sempre a lui destinato?

Visitando le viscere della terra e percorrendo la retta strada Aladino raggiunge l’occulto oggetto, vera pietra di fondazione di un universo ‘altro’, in cui l’irreale si concretizza, la parola si fa realtà: ed è l’inizio di un viaggio perenne in un nuovo mondo, o meglio in un mondo delle cui leggi e della cui esistenza si era all’oscuro. Al ritmico battere del bastone del Mago la terra si apre e si scopre l’accesso alla grotta oscura ed incognita: saggio è il mortale che oserà scendere nelle tenebre da cui emerge la luce ed il potere della Lampada, appunto strumento di Luce. Ed Aladino capirà a sue spese che anche un Mago potente può avere le sue miserie ed indegnità, che bisogna guardarsi dai finti maestri prevaricatori e non disinteressati, che occorre sapere e volere, perché il solo desiderio rende schiavi di ciò che si vorrebbe avere, mentre una volontà educata e forte prende, afferra ed usa ciò che vuole possedere; e si capirà che solo chi ha davvero la giusta formazione interiore può conquistare la Lampada, perché essa non è raggiungibile da chi la desidera, perché il desiderio è sintomo di animo incline alla suggestione di ciò che piace, mentre la volontà deriva dalla maturità di non adoperare le forze magiche per fini malvagi.

Ma, dirà qualcuno, Aladino non adopera la Lampada per impedire le nozze della Principessa Budùr con il suo rivale Mohammèd? Ebbene sarà meglio ricordare che il senso che nelle favole ha il matrimonio del protagonista con la sua bella, in tutte le tradizioni di ogni paese, non è quello di una banale storia d’amore, ma la metafora della conquista da parte dell’Eroe della propria spiritualità o meglio consapevolezza di se’. E nulla merita ogni sforzo e tentativo più della realizzazione della propria vera natura, integralmente intesa. Aladino per entrare nella grotta deve pronunciare il nome suo, quello di suo padre e quello di suo nonno paterno, e cioè deve affrontare il cimento per realizzare se stesso con la piena consapevolezza di chi è e di quali siano i suoi fondamenti originari.

E tanto ancora ci sarebbe da osservare e commentare: tutto questo in un’ora di musica e parole?

È una favola che i suoi significati se li porta appresso da sempre e, grazie al Cielo, non tocca al povero compositore inventare una musica che tutto ciò rappresenti, ma una musica che lasci passare i significati del racconto senza impedirne la trasparenza e, perché no?, il divertimento che situazioni e personaggi possano ingenerare nello spettatore.

Spero che anche questa volta soprattutto i miei giovanissimi amici ma anche i meno giovani, con piacere e nel divertimento trovino facilmente la loro strada per la conquista della propria Lampada.


Nicola Scardicchio

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