La Fondazione Petruzzelli presenta
la nuova produzione Aladino
e la sua lampada
Sabato primo aprile alle 17.00
la rappresentazione pomeridiana aperta a tutti
della nuova Opera per bambini
Nell’ambito delle attività dedicate
ai giovani la Fondazione Petruzzelli presenta la nuova produzione Aladino e la sua lampada,
commissionata al maestro Nicola
Scardicchio che ne ha composto musiche e versi e per la regia di Marinella Anaclerio che ne ha curato
dialoghi e drammaturgia.
Dirigerà l’Orchestra
del Teatro Petruzzelli il maestro Alvise
Casellati, maestro del Coro del Teatro Petruzzelli Fabrizio Cassi.
A firmare le scene Francesco Arrivo, il disegno luci Peppino Ruggiero.
A dar
vita allo spettacolo: Andrea Inglese (Aladino), Alberto Comes (Mago/Sultano), Patrizia Labianca (Madre di Aladino), Tony Marzolla (Gran Visir/Genio della Lampada),
Antonella Carone (Principessa Budur), Carlo Callea (Mohammed), Maria Giaquinto (Fruttivendola/Sultana), Loris Leoci (Banditore), Marco Altini (Genio dell’Anello/Guardia), Dino Parrotta (Messo/Guardia).
La rappresentazione aperta al pubblico di tutte le età, con
biglietti al costo di 5 euro, andrà in scena sabato primo aprile alle 17.00.
(Biglietti in vendita al
botteghino del Teatro Petruzzelli e on line su www.bookingshow.it. Informazioni
080.975.28.10).
Aladino e la sua lampada è la terza produzione commissionata dalla Fondazione
Petruzzelli e realizzata pensando alla formazione del pubblico di domani, dopo Il giovane Artù presentato nel 2014 con musiche
di
Nicola Scardicchio, libretto di Teresa Petruzzelli
e regia di
Marinella Anaclerio e Cenerentola, andata in scena nel 2016 con musiche di Cristian Carrara
e libretto e regia di Maria Grazia Pani.
L’opera
è in programma per le scuole in doppia rappresentazione alle 10.00 ed alle
11.30: martedì 21, mercoledì 22, giovedì 23, venerdì 24, lunedì 27, martedì 28, mercoledì 29
giovedì 30 e venerdì 31 marzo, lunedì 3, martedì
4 mercoledì 5, giovedì 6 e venerdì 7 aprile. (Informazioni www.fondazionepetruzzelli.it,
sezione Ufficio Scuola).
Aladino e la sua
Lampada
Quando il
saggio indica la luna
Lo stolto
guarda il dito.
… ma quanti sono i saggi che in fondo
amano farsi guardare il dito? Raccontare la storia di Aladino è raccontare un
percorso di iniziazione e crescita, analizzare nel profondo il rapporto tra
Maestro e discepolo, insomma è raccontare una favola
ricca di significati esoterici.
Aladino è un ragazzino sconosciuto,
di famiglia poverissima, svogliato e fantasioso che, affrontando con coraggio e
determinazione una serie di prove in cui rischia anche la vita, riuscirà a
diventare un principe amato da tutti.
La celebre favola orientale sceglie
una metafora molto forte per raccontare le qualità innate ed inesauribili di
cui tutti siamo dotati: nel fondo di una grotta meravigliosa, piena di ogni
genere di ricchezze, l’oggetto più prezioso è una vecchia lampada ad olio, il
Vero Io che spesso giace silenzioso e sommerso da tante illusioni. Il Mago
avido, che si presenta come zio amorevole e Maestro, conduce Aladino alla
Grotta a cui solo il ragazzo ha accesso, per rubargli la “sua Lampada”, dunque
la sua personalità. Quanti Maestri nei secoli e tutt’oggi non voglio altro che
passivi proseliti? Dal momento che Aladino intuisce che quella Lampada ha un
valore vitale per lui, si rifiuta di darla al finto Zio, che per vendetta lo
chiude nella grotta.
Comincia lì il suo percorso di
crescita. La Madre, che poco si fida di lui, lo segue con diffidenza, e per
timore lo frena costantemente. Anche questo aspetto può essere considerato un
archetipo: le persone più difficili da convincere del nostro cambiamento sono
proprio le persone più vicine. All’inizio il ragazzo, intimidito dalla donna,
si accontenterà di utilizzare la Lampada solo per assicurarsi la sopravvivenza,
ma quando s’innamora della Principessa sfiderà se stesso ed il suo ambiente per
essere fino in fondo all’altezza dell’oggetto del suo amore. L’Amore è dunque
l’altra metafora della favola, l’importanza dello stimolo che deriva dall’amore
sincero per un’altra creatura, stimolo che porterà Aladino sempre più in alto.
Abbiamo scelto di sviluppare la fiaba
fino alla conclusione di quello che può essere considerato il nucleo
fondamentale: il matrimonio di Aladino con la principessa Badr-al- Budur. Tutta
la seconda parte, il ritorno del Mago con la sua sconfitta definitiva, è in fondo un ripetersi di temi con prove ulteriori
che, pur nella piacevolezza dell’intreccio, in sostanza aggiungono poco al già
detto. Una fiaba per bambini dunque … ma
non solo!
Marinella
Anaclerio
Aladino e la sua
Lampada
Perché Aladino? Proprio a me? Una
delle più belle opere liriche italiane del novecento è senza dubbio Aladino e la lampada magica di Nino Rota
su libretto poeticamente - e non solo poeticamente - magistrale di Vinci
Verginelli: i due miei Maestri in tutti i sensi.
In ordine: Massimo Biscardi mi chiama
a comporre un’opera per i giovanissimi sul tema della celeberrima favola
orientale. Io gli dico che mi atterrisce il confronto con tanto grandi Maestri
sul tema medesimo. Il Sovrintendente ha un coraggio che riesce contagioso ed
insieme stimolante.
Verso la fine di luglio del 2014 mi
invitò per la prima volta a comporre per il teatro barese, nel quale sono
praticamente nato, essendone stato frequentatore assiduo fin da bambino e
quindi quasi da sessant’anni. Ne fui molto lusingato: comporre per la propria
città su invito di un musicista di tale levatura e severità non posso negare
che mi abbia allora fatto molto piacere. Biscardi mi disse che ci sarebbero
voluti i tempi tecnici per dar forma al progetto e che l’opera sarebbe andata
in scena nel mese di novembre. Io pensai che in un anno e mezzo sarei riuscito
a metter giù qualcosa di buono. Sorpresa ed incubo: non si parlava del novembre
2015 ma del novembre dello stesso 2014. Mi cascarono le braccia: come fare in
poco tempo, senza un libretto già steso e senza ancora un’idea precisa della
cosa in sè, a comporre nientemeno che un’opera, per quanto limitata alle
dimensioni di un’ora di durata (ma la Salome
e l’Elektra sono solo di poco più lunghe, si parva licet componere magnis) senza
uscirne con le ossa rotte? Stavo per declinare l’invito: prima che mi decidessi
a dare forfait Massimo Biscardi mi
dice che l’argomento dev’essere la leggenda di Re Artù. Mi ricascarono le
braccia: da anni andavo compilando quaderni e taccuini con frammenti su un
ipotetico libretto d’opera sulla storia affascinante del mitico re britannico,
soprattutto sulla sua formazione sotto la guida di Merlino. Ma, cosa davvero
assurdamente coincidente, con i miei amici avevamo già da tempo programmato
voli aerei, alberghi, itinerari e noleggiato un’auto per una vacanza nel
Galles, la terra in cui si sarebbero svolte secondo la leggenda le gesta di
Artù. Addirittura avevamo prenotato la visita ad un’antica miniera gallese
chiamata ‘King Arthur’s labyrinth’. Troppi segni del Fato. Accettai e feci bene
perché ai giovanissimi piacque molto, cosa per me molto importante, poiché sono
convinto che sono loro non solo il pubblico futuro ma sono il nostro futuro
stesso, e l’educazione al Bello per me è cosa essenziale nella formazione di
coscienze rette ed intelligenti. Se i fanciulli non avessero gradito per me
sarebbe stata una grande delusione e mortificazione.
Quando Biscardi mi propose poco prima
dello scorso Natale, e quindi con molto meno tempo a disposizione, di metter
giù un’opera su Aladino, con quel grande modello rotian-verginelliano alle spalle
stavo davvero per rinunciare: troppo poco tempo e troppo pesante il
confronto. Ma nell’estate scorsa con
i soliti amici abbiamo fatto le vacanze in Israele. Gerusalemme, il Mar Morto,
Giaffa, Tel Aviv….. i mercati mediorientali della Porta di Damasco ed i
cammelli nel deserto pietroso del Mar Morto, i colori ed i profumi di spezie,
stoffe, frutti. Ancora una volta le suggestioni furono la discriminante tra una
saggia e in molti sensi motivata e non certo vile rinuncia e la temeraria
accettazione di comporre in due mesi – più o meno – questa nuova opera, per
fortuna collaborando con Marinella Anaclerio, già eccellentissima coautrice
della precedente opera ‘Il giovane Artù’.
La favola di Aladino è, come diceva
Rota parlando della sua decisione di farne un’opera, una favola non gratuita.
Essa nell’apparente fantasiosità dell’argomento parla di princìpi fondamentali
nella formazione di una coscienza individuale: cos’è una lampada magica? Perché
strofinandola ne vien fuori un Genio che obbedisce al possessore? E cosa
rappresenta quel Genio, generato dall’operatività del possessore ed a sua volta
generante cose meravigliose? Perché un Mago potente può condurre fino alla
soglia della grotta misteriosa il prescelto, peraltro ignaro del tesoro che sta
per conquistare, e che è da sempre a lui destinato?
Visitando le viscere della terra e
percorrendo la retta strada Aladino raggiunge l’occulto oggetto, vera pietra di
fondazione di un universo ‘altro’, in cui l’irreale si concretizza, la parola
si fa realtà: ed è l’inizio di un viaggio perenne in un nuovo mondo, o meglio
in un mondo delle cui leggi e della cui esistenza si era all’oscuro. Al ritmico
battere del bastone del Mago la terra si apre e si scopre l’accesso alla grotta
oscura ed incognita: saggio è il mortale che oserà scendere nelle tenebre da
cui emerge la luce ed il potere della Lampada, appunto strumento di Luce. Ed
Aladino capirà a sue spese che anche un Mago potente può avere le sue miserie
ed indegnità, che bisogna guardarsi dai finti maestri prevaricatori e non
disinteressati, che occorre sapere e volere, perché il solo desiderio rende
schiavi di ciò che si vorrebbe avere, mentre una volontà educata e forte
prende, afferra ed usa ciò che vuole possedere; e si capirà che solo chi ha
davvero la giusta formazione interiore può conquistare la Lampada, perché essa
non è raggiungibile da chi la desidera, perché il desiderio è sintomo di animo
incline alla suggestione di ciò che piace, mentre la volontà deriva dalla
maturità di non adoperare le forze magiche per fini malvagi.
Ma, dirà qualcuno, Aladino non
adopera la Lampada per impedire le nozze della Principessa Budùr con il suo
rivale Mohammèd? Ebbene sarà meglio ricordare che il senso che nelle favole ha
il matrimonio del protagonista con la sua bella, in tutte le tradizioni di ogni
paese, non è quello di una banale storia d’amore, ma la metafora della
conquista da parte dell’Eroe della propria spiritualità o meglio consapevolezza
di se’. E nulla merita ogni sforzo e tentativo più della realizzazione della
propria vera natura, integralmente intesa. Aladino per entrare nella grotta
deve pronunciare il nome suo, quello di suo padre e quello di suo nonno
paterno, e cioè deve affrontare il cimento per realizzare se stesso con la
piena consapevolezza di chi è e di quali siano i suoi fondamenti originari.
E tanto ancora ci sarebbe da
osservare e commentare: tutto questo in un’ora di musica e parole?
È una favola che i suoi significati
se li porta appresso da sempre e, grazie al Cielo, non tocca al povero compositore
inventare una musica che tutto ciò rappresenti, ma una musica che lasci passare
i significati del racconto senza impedirne la trasparenza e, perché no?, il
divertimento che situazioni e personaggi possano ingenerare nello spettatore.
Spero che anche questa volta
soprattutto i miei giovanissimi amici ma anche i meno giovani, con piacere e
nel divertimento trovino facilmente la loro strada per la conquista della
propria Lampada.
Nicola
Scardicchio