Philippe Jordan, sul podio dell’orchestra del Maggio in un concerto sinfonico che “chiude” la stagione sinfonica prima dell’avvio della prossima 83esima edizione del Festival del Maggio Musicale
Il 16 aprile 2021 alle ore 20, sale per la prima volta sul podio del Maggio Fiorentino, il maestro Philippe Jordan. Il concerto sarà registrato e in seguito trasmesso sulla piattaforma digitale ItsArt e “chiude” la stagione sinfonica del Maggio prima dell’avvio della prossima 83 esima edizione del Festival del Maggio Musicale.
Ha iniziato la sua carriera a 20 anni come Direttore
musicale al Teatro di Ulm; nel 1998 è diventato assistente di Daniel Barenboim
alla Staatsoper di Berlino ( teatro nel quale è stato anche Principale
direttore ospite), e dal 2001 al 2004 è stato Direttore principale dell’Opera e
dell’Orchestra Filarmonica di Graz. Ha debuttato al Metropolitan Opera di New
York, alla Royal Opera House Covent Garden di Londra, al Teatro alla Scala,
alla Bayerische Staatsoper, alla Wiener Staatsoper, al Festspielhaus di
Baden-Baden e ai festival di Aix-en-Provence, Glyndebourne e Salisburgo.
Nell’estate 2012 ha diretto per la prima volta al Festival di Bayreuth con Parsifal
e nel 2017 vi ha diretto una nuova produzione di Die Meistersinger von
Nürnberg, ripresa anche negli anni seguenti.
Siegfried-Idyll
A dispetto del titolo, l’Idillio di Sigfrido non è
estrapolato dall’omonima opera ma è un brano d’occasione composto da Wagner nel
1870 per celebrare il compleanno della moglie Cosima, che aveva sposato proprio
nel giugno di quell’anno dopo un lungo e travagliato periodo di amore
clandestino. Così la mattina di Natale del 1870, nel giorno del suo compleanno
Cosima fu svegliata dalle note della partitura composta appositamente per lei
dal marito. Nonostante il titolo originario fosse Idillio di Tribschen -
località svizzera in cui sorgeva la villa dei Wagner - l’opera è passata alla
storia come Idillio di Sigfrido per i riferimenti al figlio Siegfried presenti
sia nel lungo sottotitolo che in partitura. L’anno precedente infatti, mentre
Wagner era immerso nella composizione della Tetralogia, era nato il figlio
maschio tanto desiderato a cui il musicista diede il nome dell’eroe dell’opera
a cui stava lavorando. Destinato all’esecuzione domestica, l’Idillio prevedeva
in origine un organico cameristico di soli quindici elementi. Solo anni dopo,
costretto da necessità economiche, Wagner lo trascrisse per orchestra e lo fece
pubblicare con sommo rammarico della moglie, che non accettò di buon grado
l’idea di condividere con il mondo quella pagina così intima e personale
dedicata a lei e alla sua famiglia. Il ‘regalo sinfonico’ per Cosima, come lo
aveva definito l’autore, è una pagina in forma libera dal tono sereno e
sognante. Al centro dell’Idillio, intonata dall’oboe con l’accompagnamento
degli archi, compare anche un’antica ninna nanna della tradizione popolare
tedesca, ulteriore riferimento e omaggio al piccolo Siegfried.
Sinfonia in do maggiore D.944 Die Grosse
Che Schubert desiderasse cimentarsi con un lavoro sinfonico
di grandi dimensioni - ‘alla Beethoven’ per intendersi - era cosa risaputa
durante i suoi ultimi anni di vita. Dopo le sinfonie composte in gioventù, una
sorta di apprendistato nel genere strumentale più alto, Schubert si sente
pronto per una sinfonia in grande stile e nel 1828 firma la Sinfonia in do
maggiore detta, appunto, ‘La grande’. Offerta alla Società degli amici della
musica di Vienna, la nuova composizione sarebbe stata eseguita ufficialmente in
quello stesso anno se la complessità e la lunghezza di alcuni passaggi non
avessero spaventato l’orchestra che, giudicandola troppo difficile, si rifiutò
di eseguirla. La sinfonia venne dunque rimandata al mittente, che la ripose in
un cassetto come già accaduto per altri suoi preziosi gioielli musicali. Solo
anni dopo la morte di Schubert, Robert Schumann la scoprì per caso durante una
visita al fratello del musicista scomparso e si prodigò per inviarla a
Mendelssohn a Lipsia, dove quel capolavoro fino ad allora sconosciuto
riacquistò nuova vita nella prima esecuzione del 1839. La Sinfonia n. 9 in do
maggiore deve il suo appellativo non solo all’ampliamento dell’organico, con
tre tromboni aggiunti, ma anche al linguaggio già teso verso soluzioni tardo
romantiche. Pur attenendosi alle regole costruttive classiche, Schubert ne
modifica gli equilibri interni smorzando la contrapposizione tematica classica
in favore di una continua espansione dei materiali melodici impiegati, secondo
una logica narrativa interna alla composizione dilatata e digressiva, definita
da Schumann ‘divina lunghezza’.
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