PELLÉAS ET MÉLISANDE
DEBUTTA AL TEATRO REGIO DI PARMA UN NUOVO ALLESTIMENTO DEL DRAMMA LIRICO DI CLAUDE DEBUSSY, IN DIRETTA SU RAI 5.
A 54 anni dalla sua ultima
messinscena a Parma l’opera firmata da Barbe & Doucet,
con Marco Angius sul podio
dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio
di Parma, preparato da Martino Faggiani.
Protagonisti Monica Bacelli,
Phillip Addis, Michael Bachtadze, Jennifer Larmore, Bjarni Thor Kristinsson,
Silvia Frigato, Adriano Gramigni
Dal Teatro
Regio di Parma in diretta tv su Rai 5 e in streaming su Raiplay
Domenica
28 marzo 2021, ore 18.00
A 54
anni dal suo ultimo allestimento, il dramma lirico
in cinque atti e dodici quadri di Maurice Maeterlinck su musica di Claude
Debussy Pelléas et Mélisande torna al Teatro Regio di Parma domenica
28 marzo 2021, alle ore 18.00 con trasmissione in diretta televisiva su Rai
5 e in live streaming sulla piattaforma web Raiplay.
Il nuovo
allestimento del Teatro Regio di Parma, firmato per la regia, le scene e i
costumi del team creativo franco-canadese Barbe
& Doucet, con le luci di Guy
Simard, è realizzato in coproduzione con Fondazione Teatri di Piacenza e
Fondazione Teatro Comunale di Modena. Marco
Angius dirige l’Orchestra
dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani, con protagonisti Monica Bacelli (Mélisande),
Phillip Addis (Pelléas), Michael Bachtadze
(Golaud), Bjarni Thor Kristinsson e Jennifer
Larmore, al debutto rispettivamente nel ruolo di Arkel e Geneviève, Silvia Frigato (Yniold), Adriano Gramigni
(Pastore, Medico).
La messa
in scena dell’opera sarà accompagnata da una speciale edizione in streaming di Prima
che si alzi il sipario, a cura dello storico della musica Giuseppe
Martini, che porterà alla scoperta della trama e della storia dell’opera. Agli inizi
di marzo, inoltre, sarà presentato un corollario di attività educative e di
iniziative collaterali nell’ambito di RegioInsieme, rivolte dal Teatro
Regio a bambini, famiglie, ragazzi, spettatori sensibili e provenienti da
culture diverse o lontane, per incentivare la scoperta e la condivisione dei
contenuti dell’opera, nel segno della creatività, dell’incontro tra culture,
dell’accessibilità del patrimonio culturale teatrale, cui si dedica la Giornata
mondiale del Teatro, il prossimo 27 marzo 2021.
“Tornare
in scena e poter trasmettere in diretta su Rai 5 lo spettacolo che avrebbe
dovuto inaugurare il nostro speciale progetto per Parma Capitale italiana della
Cultura 2020+21, dichiara Anna Maria
Meo, Direttore generale del Teatro Regio è un atto estremamente importante
per il nostro teatro, che continua a stimolare la curiosità e la crescita del
proprio pubblico con un titolo emblematico del repertorio lirico del Novecento
storico.
Condividere
con tutt’Italia la visione della sontuosa macchina scenica completamente allestita
già nel mese di marzo 2020, e fermata precipitosamente a pochi giorni dal
debutto per le restrizioni imposte dalle autorità ai fini della sicurezza
sanitaria, alimenta inoltre la nostra speranza che tornare a produrre
spettacolo dal vivo, nel pieno rispetto delle esigenze di sicurezza, entro
l’estate 2021 sia davvero possibile. È con questo spirito, carico di ottimismo
e di slancio, che aspettiamo quindi di poter annunciare entro la primavera la nostra
Stagione Estiva e la XXI edizione del Festival Verdi, che sarà realizzata al massimo
delle nostre possibilità. Nel frattempo, il Regio continuerà a produrre e
immaginare nuove iniziative di spettacolo ed educative in streaming rivolte
all’intera cittadinanza, non solo al pubblico degli appassionati d’opera ma
anche a chi desidera in questa fase avvicinarsi al teatro, e a proiettare il
grande sforzo innovativo sostenuto durante il lockdown nel futuro, sapendo che le
acquisizioni di questi mesi si riverbereranno positivamente sull’intera
struttura produttiva nel lungo termine.
Assieme
a Pelléas et Mélisande altri
spettacoli costituivano l’intelaiatura del progetto ispirato al tema di Parma
2020 “la cultura batte il tempo”, inquadrandolo nel Novecento, il secolo che
più di altri ha riflettuto e si è interrogato sulla concezione del Tempo: le
produzioni dell’Ascesa e caduta della
città di Mahagonny diretta da Christopher Franklin con la regia di Henning
Brockhaus e le scene di Margherita Palli, il concerto Il Tempo dell’Europa diretto da Marco Angius, con i live
electronics di Nicola Bernardini e Alvise Vidolin, la prima assoluta della
coreografia di Mario Bermudez Gil, commissionata al Nuovo Balletto di Toscana Quartetto per la fine del tempo su
musiche eseguite dal vivo di Olivier Messiaen dovranno però attendere il 2022
per poter essere realizzate e godute al massimo del loro potenziale”.
Per Pelléas et Mélisande, Barbe & Doucet
concepiscono un allestimento circolare, che si ispira allo Spiritismo tardo
ottocentesco, in cui i personaggi sono immersi loro malgrado in un limbo, uno
spazio di confine tra ciò che sta sopra la terra e ciò che sta sotto, tra
elementi scenici naturali, boschivi e acquatici, marmi che evocano cimiteri monumentali,
isole semoventi, pannelli e fondali in continuo movimento. Un mondo a cavallo
tra mondi, da cui non sembra esser possibile sfuggire, dove ciascun elemento ha
un significato simbolico (l’acqua, le radici, la luce) e dove ciascun
personaggio è molto di più di quel che canta. I protagonisti, quali spiriti
solitari che dovranno trovare la pace prima di terminare il loro viaggio,
sembrano sgretolarsi, sfaldarsi via via e non casualmente strato dopo strato
perderanno le loro vesti, unica apparente protezione nei confronti di un
destino che appare ineluttabile.
“La
musica comincia là dove la parola è impotente a esprimere. La musica è scritta
per l’inesprimibile. Vorrei che essa sembrasse uscire dall’ombra e che qualche
istante dopo vi ritornasse. Vorrei che fosse sempre persona discreta”. Così
Debussy, di ritorno da Bayreuth nel 1889, esprimeva in una confessione al suo
maestro Guiraud la propria posizione nei confronti di Wagner, da cui la sua
opera prenderà tanto le distanze, quanto le mosse. Anni dopo, queste stesse
frasi sembreranno atte a descrivere proprio il personaggio di Mélisande, che allora
doveva ancora nascere, al punto di poter affermare in una prospettiva
simbolista che Mélisande, la
cui morte (così come la dichiarazione d’amore di Pelléas) avviene nel silenzio
di una pausa acustica, sia una personificazione della musica.
Nel
testo di Maeterlinck, che Debussy conobbe quattro anni dopo quell’episodio, nel
1893, in occasione della prima rappresentazione del dramma ai Bouffes, il
compositore dichiarava di aver trovato “la lingua evocatrice, la cui
sensibilità potrebbe trovare un prolungamento nella musica e
nell’ornamentazione orchestrale”. Dei suoi personaggi amava la fragilità,
l’incapacità di compiere atti di wagneriano eroismo, pur essendo capaci di
cantare il loro destino mentre, al contempo, si accingevano a subirlo. Dopo
aver steso l’intero impianto della partitura di getto, tra 1893 e 1895, Debussy
aspettò però sino al 1901 per completarne l’orchestrazione, in vista della
prima esecuzione finalmente prevista per il 1902 all’Opéra Comique di Parigi.
Una lunga riflessione sembrava imporglisi mentre, di certo non
inconsapevolmente, si accingeva a rivoluzionare le regole del teatro musicale
del suo tempo.
Il
Direttore musicale, Marco Angius
tematizza un immancabile paradosso, quello del legame e del collegamento dei
suoni alle parole, antico quanto irrisolto. “Le parole sono già suoni prima
ancora che segni, afferma: difatti un compositore prima immagina i suoni e poi
li trascrive. L’interprete compie invece il percorso inverso, risalendo dai
segni a una delle possibili idee di suono”.
“Di
fronte alle parole di Maeterlinck, Debussy si comporta come un nuovo
drammaturgo musicale: le dispone praticamente integre lungo un tessuto sonoro
in cui il corpo della voce risulta assente
perché migrato in quello dell’orchestra e convertito nella componente a essa
più congeniale: quella simbolico-rappresentativa. Nel tentativo di definire
musicalmente i processi che caratterizzano la scrittura vocale e orchestrale
del Pelléas, emergono diversi
elementi su cui soffermare lo sguardo: la poetica del silenzio e della
decostruzione compositiva, la componente timbrica e spettrale che fa apparire i
dialoghi come una delle possibili variabili del suono, il prosciugamento del
ruolo lirico delle voci a favore delle potenzialità espressive dell’orchestra. Pelléas et Mélisande non è infatti
un’opera lirica in senso stretto ma una forma sui generis di teatro musicale in
cui gli eventi sembrano sospesi fuori del tempo. Questi condizione di still life confina con il carattere di
opera aperta e mai veramente conclusa
dopo la prima redazione del 1892, in piena fase sperimentale di mélodies e
progetti irrealizzati (per una forma estrema di perfezionismo del
compositore?). Nella poetica dell’incertezza, proclamata da Maeterlinck e
Debussy, non sappiamo nemmeno di fronte a che genere di personaggi ci troviamo:
esseri viventi oppure ombre irreali di cui la musica restituisce all’ascolto i
profili evanescenti e le più sottili allucinazioni?”.
Nell’atto
di dare una risposta a tale quesito, Barbe
& Doucet raccontano la visione generatrice del loro allestimento: “Nel
1889, Debussy immaginò il suo librettista ideale: “Uno che, scrivendo le cose a
metà, mi consentirebbe di innestare la mia drammaturgia sui suoi personaggi.
Personaggi che si sottomettono al destino senza esitazione e la cui storia non
appartenga ad alcun tempo o luogo”. Maeterlink incarnava tali requisiti. Debussy
era particolarmente attratto dallo Spiritismo, come testimoniato dalla sua
ultima opera incompiuta La Caduta della casa degli Usher di cui fu sia
compositore sia autore del libretto basato sul romanzo di Edgar Allan Poe. Nei
suoi scritti, sua figlia Emma menzionava tale attrazione verso il mondo degli
spiriti e dopo la morte del padre cercò di entrare in contatto con lui. Secondo
Allan Kardec, lo Spiritismo è una scienza che studia la natura, la genesi, il
destino degli spiriti e la loro relazione con il mondo fisico, il movimento
nacque a Parigi alla fine del XIX secolo e si diffuse in tutta Europa. Abbiamo
preso questa strada nell’ideare la nostra nuova produzione Pelléas et
Mélisande. In quest’opera, i conflitti tra i personaggi sono espressi ma
mai risolti”.
“Ritrovata
sulle sponde di un fiume (forse lo Stige), Mélisande si rivela uno spirito
perduto isolato nella propria malinconia – proseguono Barbe & Doucet.
Nonostante gli occhi siano la finestra dell’anima, non è facile individuare uno
spirito perduto che, come Mélisande, ha subìto un evento talmente tragico da
non riuscire più ad amare: è uno spirito alla deriva. Dopo la morte brutale di
Pelléas, Golaud si unisce a questa famiglia di spiriti solitari che dovranno
trovare la pace prima di terminare il loro viaggio. Die Toteninsel (L’Isola dei
morti) dell’artista simbolista Arnold Böcklin costituisce una serie di 5
dipinti realizzati tra il 1880 e il 1886, e l’allestimento è un’interpretazione
di queste opere. Circondato d’acqua, il Royaume d’Allemonde è l’isola dei
defunti dove queste entità sono intrappolate. Pelléas et Mélisande è un’opera che racconta queste anime e il loro
inabissamento, dove le forze della natura trascinano i personaggi sul fondo
dell’amore proibito e niente è raggiungibile, neanche attraverso la morte”.
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