Didone abbandonata -
Dido and Æneas
Stagione Lirica 2021 al Teatro Filarmonico
da
domenica 28 marzo alle 15 · webTV arena.it/tv e YouTube
sabato
3 aprile alle 15.00 · Facebook
venerdì 9 e sabato 10 aprile alle 15.00 · Telenuovo (canale 11)
Domenica 28 marzo alle ore 15.00 va in scena il terzo appuntamento della Stagione
Lirica 2021, incentrato sul mito di Didone, che accosta la cantata per soprano
di Nicolò Jommelli Giusti
Numi che il ciel reggete,
detta Didone abbandonata, alla celebre opera barocca di Henry Purcell Dido
and Æneas, proposta con la regia, le scene e i costumi di Stefano Monti e
le luci di Paolo Mazzon.
Il Coro preparato da Vito Lombardi, l’Orchestra e i Solisti
saranno diretti da Giulio Prandi, al suo debutto veronese.
Grazie
alla collaborazione con ANFOLS per il progetto Aperti nonostante tutto,
lo spettacolo sarà trasmesso sui canali social del Filarmonico Facebook,
YouTube e sulla webTV arena.it/tv e andrà in onda anche su Telenuovo
mediante l’iniziativa Filarmonico aperto…a casa
tua, per far entrare la musica in quante più realtà possibili.
Si tratta di una prima esecuzione al
Filarmonico per la cantata Giusti Numi che il ciel reggete detta
Didone abbandonata di Niccolò Jommelli (1714-1774), tra i
massimi rappresentanti della scuola musicale napoletana.
Didone, fondatrice e prima regina di
Cartagine, è divenuta mitologica grazie alla narrazione virgiliana dell’Eneide,
ma il personaggio e la vicenda hanno continuato ad avere grande rilievo nel
corso della storia sia per quanto riguarda la produzione musicale, che
letteraria.
Nella cantata qui proposta spicca la
grande abilità melodica di Jommelli e la sua capacità di rendere profondamente
idiomatica la scrittura orchestrale. Molto evidente a riguardo la figurazione
ricorrente nell’ultima aria, in cui l’orchestra evoca in modo pittorico e
vivido il crollo di Cartagine.
Nelle arie - come nell’arioso inserito
nel recitativo centrale - la voce è quella di Didone, in prima persona, mentre
nel recitativo parla una voce narrante. Ecco, quindi, che la cantata assume
i toni di un prologo alla narrazione dell’opera di Purcell, guidando
l’ascoltatore all’azione. Didone sceglie di morire insieme alla sua Cartagine,
divorata da un incendio catartico, rifiutando la proposta di un Re per restare
fedele a Enea.
Il Maestro Giulio Prandi,
musicista poliedrico e raffinato studioso di opere rare, fa il suo debutto
al Filarmonico per dirigere anche Dido and Æneas, mentre il ruolo
solista è affidato al soprano Maria Grazia Schiavo.
Suddivisa in tre atti su libretto di
Nahum Tate, Dido and Æneas è la
prima opera di Henry Purcell. La vicenda si rifà all’episodio del Quarto libro
dell’Eneide di Virgilio in cui il guerriero Enea in fuga da Troia sbarca
a Cartagine, dove incontra la regina fenicia Didone che l’accoglie nel suo
palazzo e nel suo cuore. Quando l’eroe riprenderà la via del mare su consiglio
degli dèi, a Didone non resterà che il suicidio.
Originariamente basata su Brutus of
Alba, or The Enchanted Lovers del 1678 di Nahum Tate, il Dido and Æneas
di Purcell trae spunto anche dall’opera di John Blow Venus and Adonis del
1683 e da un poema del 1686 sempre di Tate, da cui ricava i personaggi della
Maga e delle Streghe quali allegorie politiche del Cattolicesimo romano, che
convincono Enea-Giacomo II ad abbandonare Didone che rappresenta l’Inghilterra
e il popolo britannico. La prima rappresentazione dell’opera risale con data
incerta al 1689 presso il collegio femminile “Josias Priest’s Boarding-School”
del quartiere londinese di Chelsea, sebbene pare sia avvenuta anche una prima
performance alla corte di Giacomo II Stuart.
L’allestimento proposto al
Filarmonico, nell’edizione critica di Clifford Bartlett, proviene dalla
Fondazione Teatro Comunale di Modena ed è firmato da Stefano Monti per
regia, scene e costumi, mentre il disegno delle luci è affidato a Paolo Mazzon.
Questa messa in scena è stata
pensata dal regista prima dello scoppio della pandemia ed è stata
ovviamente ripensata per le necessità di distanziamento e in funzione della
messa in onda in streaming, evidenziando in tali cambiamenti la volontà e
la capacità di adattamento fondamentali per tenere viva l’attività teatrale.
La situazione attuale ha
reso indispensabile una revisione degli spazi e la platea è divenuta un
prolungamento del palcoscenico, un luogo di interazione tra il Coro e i Solisti.
«L’abbattimento della
quarta parete, il muro immaginario delimitato dal sipario, e il conseguente
dilagare dell’azione teatrale oltre il limite convenzionale, pongono lo
spettatore non più solo in una condizione di fruitore esterno all’evento
teatrale, ma lo rendono esso stesso parte attiva, anche soltanto con la sua
presenza. L’orizzontalità dell’azione scenica in platea sostituisce, e in
questo caso affianca, la verticalità dell’impianto scenico alle spalle del
direttore d’orchestra, per uno sviluppo a 360° dell’azione teatrale».
Per
il regista un ruolo quanto mai fondamentale è rivestito dalla luce, che «non si fa più solo portatrice di
valori emozionali e pittorici ma anche espressivi e funzionali. Le “mille” luci
del lampadario della platea, la mezza luce che accompagna l’inizio dello
spettacolo o le luci di gala dei palchi, si faranno portatrici di un messaggio
di teatro che avvolge e coinvolge in un patto solidale verso la forma teatrale
più colpita dall’emergenza sanitaria».
Si tratta
di un’opera estremamente attuale poiché porta con sé numerosi temi della
contemporaneità tra cui: l’elemento femminile, il tema dell’esilio, ed infine
il concetto di unità. L’antico mito fondativo del continente narra il rapimento
da parte di Zeus della giovane libanese Europa che vagò a lungo nel
Mediterraneo, anche qui anticipando i fenomeni recenti di migrazione. Il tema
dell’esule, in senso più esteso, è quanto mai attuale poiché rimanda al
concetto di separazione che è stato proprio di questi tempi, segnati dalla
pandemia. Come indicato dal regista: «il gioco teatrale si fa portatore di
significato». L’inizio dell’opera, con le parole del Coro, anticipa il
sogno di un’Europa unita nel segno della fratellanza tra le nazioni. Dominante
tra tutti il tema femminile, in cui si delinea un personaggio completamente
differente rispetto alla Didone di Jommelli: qui è una donna sola e tormentata,
attorniata dai cortigiani, che trova conforto solo in Belinda. Non vi è
alcuna morte eroica, ma solo un profondo senso di solitudine.
E questa
dimensione sfaccettata del personaggio femminile affascina molto il Direttore
d’orchestra Giulio Prandi, che si interroga: «Dietro quante eroine leggendarie si
nasconde una vittima? Una donna sola? Quanto costa alle donne essere regine? O
anche solo essere donne, ieri come oggi? Quanto è pericolosa la solitudine,
questa condizione che oggi ci si presenta davanti carica di nuove ambiguità?». E ancor
più, in questo tempo difficile, la musica diviene ancora una volta portatrice
di un forte messaggio: «Il
tempo che viviamo ci impone di riflettere, di dare il massimo significato a ciò
che abbiamo il privilegio di fare. L’arte è chiamata a un compito alto, mai
come oggi».
Il cast vede protagonisti grandi
interpreti del repertorio barocco: la protagonista Dido è Josè
Maria Lo Monaco, accanto a Æneas di Renato Dolcini. Belinda
è Maria Grazia Schiavo, come Second Woman è impegnata Eleonora
Bellocci, mentre Lucia Cirillo interpreta Sorceress.
La doppia parte First Witch/Spirit è affidata a Federico
Fiorio, come Second Witch si esibisce Marta Redaelli e, per
finire, Raffaele Giordani interpreta un Sailor.
L’opera
sarà online sulla webTV di Fondazione Arena arena.it/tv e sul canale YouTube a partire da domenica
28 marzo alle 15, mentre sarà su Facebook sabato 3 aprile alle 15. E
grazie alla volontà di aprire a tutti le porte del Teatro, lo spettacolo sarà
trasmesso su Telenuovo (al canale 11) venerdì 9 e sabato 10 aprile, sempre
alle ore 15.
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