Presentata a
Milano, al Piccolo Teatro,
la 42ma
edizione del Festival della Valle d’Itria con in cartellone
sette opere,
dodici concerti, un festival junior e
soprattutto
inclusa nel ciclo operistico una proposta musicale di valore storico:
LA
PRIMA MONDIALE DI FRANCESCA DA RIMINI DI SAVERIO MERCADANTE
Franco Punzi, presidente del Festival, Alberto Triola, direttore artistico, Fabio Luisi, direttore musicale e Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro hanno presentato la 42ma edizione del Festival della Valle d’Itria che quest’anno inizierà il 14 luglio per terminare il 5 agosto. Un cartellone impegnativo con un importante calendario sia operistico che di concerti tra riscoperte e proposte come è da sempre nel codice genetico del Festival. Tra titoli emblematici come ad esempio il repêchage di una brillante commedia per musica, “La grotta di Trofonio” di Giovanni Paisiello che inaugura il Festival, i “Baccanali” di Agostino Steffani, il “Don Chisciotte della Mancia” sempre di Paisiello, “A hand of bridge” di Samuel Barber e “The bear” di William Walton fino ad arrivare al “Così fan tutte” di Mozart spicca su tutto una proposta di grande valore storico e culturale: il 30 luglio va in scena in prima mondiale assoluta la “Francesca da Rimini”, opera inedita di Saverio Mercadante.
Come afferma il direttore artistico Alberto Triola: “Questo è il grande appuntamento musicale della stagione 2016 e si tratta di uno dei progetti più ambiziosi dell'intera storia del Festival. A Martina facciamo i conti con il nuovo da sempre e oggi mettiamo in scena una novità di portata storica che ha la singolare particolarità di avere invece quasi 200 anni non essendo mai stata rappresentata fin ora. “Francesca da Rimini” allinea un grande titolo di un compositore tra i maggiori dell'Ottocento italiano, un soggetto leggendario e due personaggi divenuti archetipi culturali per l'Occidente: Paolo e Francesca, gli sfortunati amanti immortalati da Dante nel Quinto Canto della Commedia. Il regista Pierluigi Pizzi che torna a Martina Franca dopo 20 anni, offre una visione nuova e inedita della sua visione artistica di una vita e sarà una sorpresa per un pubblico che lui ha abituato a letture sceniche sontuose, ricche di particolari e che questa volta in un ambiente rarefatto sarà concentrato su una cura spasmodica dell'azione scenica e teatrale che porterà a una altissima temperatura il vortice dantesco della storia di Paolo e Francesca; il maestro Luisi sarà perfettamente in grado di sottolineare il grande respiro musicale della partitura che contiene pagine di sorprendente ispirazione".
Oltre alle riscoperte di tale valore al Festival non si dimentica il grande repertorio con il “Così fan tutte”: il capolavoro di Mozart e Da Ponte che offre ai giovani artisti dell'Accademia “Celletti” una straordinaria occasione di misurarsi con le potenzialità del più alto teatro musicale. Ulteriore motivo di interesse della proposta, oltre al titolo stesso, sarà la seconda direzione di Fabio Luisi, che ha deciso di debuttare con questo titolo proprio a Martina Franca, insieme ai giovani interpreti dell'accademia.
Scriveva Euripide che
l'arco di Eros è duplice: da un lato scocca i dardi della gioia e dell'estasi,
dall'altro quelli della pena e dello smarrimento, e confonde l'uomo, portandolo
dall'ebbrezza alle più cupe tempeste dell'animo.
“I giochi e gli
abissi di Eros”, questo potrebbe essere uno dei titoli del cartellone
della 42ª edizione del Festival della Valle d'Itria, significativamente
dedicato a Giovanni Paisiello (1740 - 1816), uno dei più gloriosi nomi
della scuola pugliese-napoletana, di cui ricorre nel 2016 il bicentenario della
morte.
La vita del genio
musicale pugliese, nato a Taranto e formatosi musicalmente a Napoli, è uno dei
più eclatanti esempi di cosmopolitismo culturale; il Tarantino colleziona
infatti commissioni, incarichi e allori, oltre che nel Regno di Napoli,
dapprima nello Stato Pontificio e quindi nelle più ricche corti europee:
soprattutto a San Pietroburgo, alla corte di Caterina II, e quindi Parigi e
Varsavia.
L'apertura del Festival
2016 è dedicata a un significativo repêchage paiselliano: si recupera
infatti una brillante commedia per musica, composta su di un soggetto
noto agli appassionati e agli studiosi soprattutto grazie all’opera omonima del
coevo Antonio Salieri: La grotta di Trofonio.
In quest’opera tipica d'ensemble,
eccezionalmente ricca di pezzi d'assieme, Paisiello esalta il meccanismo
teatrale caratteristico del genere comico: un manipolo di bizzarri personaggi,
di varia caratterizzazione ed estrazione sociale, còlti in un complesso
intreccio di interessi contrastanti, nell'alternarsi di una tavolozza di sentimenti: seduzione, gelosia e
competizione muovono i personaggi all'interno di una dimensione apparentemente
realistica e quotidiana, in realtà perfettamente idealizzabile, che sottolinea
ambizioni, meschinità, egoismi e fragilità, secondo i caratteri alla satira
sociale e di costume del tempo.
Il libretto che
Paisiello intona è un rimaneggiamento del gustosissimo e originale dell'Abate
Casti, che Salieri aveva utilizzato per la sua Grotta di Trofonio,
andata in scena al Burgtheater di Vienna nell'ottobre 1785, e che anticipa i
temi del Così fan tutte dapontiano.
Nel dicembre dello
stesso anno, adattando il soggetto originale, di impianto più astratto e
geometrico, a una varietà di tipi teatrali più "italiani" (tra cui
spicca ad esempio il buffo Gasperone, che si esprime in dialetto napoletano),
Paisiello presenta l'opera a Napoli, sulle scene del Teatro dei Fiorentini.
Anche per queste ragioni
storiche, La grotta di Trofonio dà perfettamente conto del gusto
musicale imperante in Italia nell'ultimo scorcio del XVIII secolo, che vede
affermarsi l'opera comica quale genere di sicuro successo anche per compositori
che avevano già dato prova di maestria nel genere serio e in quello sacro.
A Martina Franca l'opera
di Paisiello va in scena per la prima volta in tempi moderni, grazie al lavoro
di revisione di Luisa Cosi, esperta musicologa votata al recupero della
Scuola pugliese.
Lo spettacolo,
realizzato con le scene di Dario Gessati e i costumi di Gianluca Falaschi
(entrambi tornano al Festival dopo il successo de La donna serpente),
è affidato alla fantasia e all'estro teatrale di Alfonso Antoniozzi,
interprete di riferimento negli ultimi vent'anni del repertorio buffo ottocentesco;
artista poliedrico e vulcanico, Antoniozzi da qualche anno alterna la carriera
di cantante a quella di regista: ha deciso di dare all'opera una lettura
idealizzante, ambientandola negli Anni '10 del Novecento, immaginando le
vicende di un improbabile gruppo di turisti alla scoperta di una Grecia
arcadica e sorprendente, scaturiti da un mondo di...carta.
La direzione d'orchestra
è affidata a Giuseppe Grazioli, elegante ed eclettico musicista, che
torna a Martina Franca sul podio operistico, dopo il trionfo di Napoli
milionaria, nel 2010.
Al cast, per un'opera di
ensemble e d’irresistibile ritmo teatrale, è richiesto il più spumeggiante
virtuosismo attoriale, e di garantire gli opportuni equilibri tra tipi vocali e
"maschere" teatrali; a Martina Franca si potranno ammirare artisti
riconosciuti tra i più brillanti talenti teatrali oggi in carriera, e alcuni di
essi sono veri e propri beniamini del pubblico del Festival: nel ruolo eponimo
torna a Martina Franca, dopo il successo personale riscosso come protagonista
delle Braci, il grande basso Roberto Scandiuzzi, e - per il
quarto anno consecutivo - il mattatore Domenico Colaianni, ancora una
volta chiamato a un irresistibile ruolo di carattere. Rivediamo anche la
giovane Angela Nisi, mentre debuttano invece a Martina Franca due
bellissimi nomi del panorama lirico, quali Daniela Mazzucato e Giorgio
Caoduro, oltre al giovane tenore Matteo Mezzaro e al soprano Caterina
Di Tonno.
Lo spettacolo, dopo il Don
Checco dello scorso anno, rinnova la collaborazione con la Fondazione
del Teatro di San Carlo di Napoli, a conferma del valore di una partnership
tutt'altro che estemporanea con la massima istituzione culturale di una grande
capitale della storia della musica europea. Questa coproduzione si configura
come l'evento di punta di una serie di iniziative collaterali che vedono il
Festival e il Teatro San Carlo uniti nelle celebrazioni paiselliane, tra le
quali un convegno di studi internazionale, una mostra monografica,
documentale e iconografica.
Di straordinario valore
è la proposta rappresentata dal secondo titolo operistico del cartellone, che
andrà in scena nel cortile di Palazzo Ducale il 30 luglio 2016. È infatti
addirittura una prima assoluta mondiale quella di Francesca da
Rimini, opera inedita di Saverio Mercadante.
Si tratta evidentemente
di uno dei progetti più ambiziosi dell'intera storia del Festival della
Valle d'Itria, che allinea un grande titolo di un compositore tra i
maggiori dell'Ottocento italiano, un soggetto leggendario e due personaggi
divenuti archetipi culturali per l'Occidente: Paolo e Francesca, gli sfortunati
amanti immortalati da Dante nel Quinto Canto della Commedia.
Saverio Mercadante,
altamurano trasferito a Napoli, consolida la propria fama a Vienna, Parigi e
quindi a Madrid. Proprio per la corte spagnola scrive la sua Francesca da
Rimini, ambizioso lavoro su libretto di Felice Romani, per il quale non
risparmia energie, e che per ragioni su cui la storia deve ancora fare luce,
non andrà mai in scena. La partitura manoscritta, datata 1831 e conservata in
due copie (una a Bologna e una proprio nella capitale spagnola), perfettamente
compiuta e integra, rivela una cura singolare per la scrittura e per il
dettaglio, e presenta annotazioni autografe di rilevante valore. Le scelte
musicali che Mercadante porta avanti in quest'opera sono degne di un lavoro che
pareva destinato ad accendere gli entusiasmi dell'epoca.
Un debutto quindi molto
atteso e di portata storica, che richiede una locandina prestigiosa: a Martina
Franca la nuovissima e ancora sconosciuta Francesca da Rimini, opera di
grande respiro e con pagine di sorprendente ispirazione, vedrà finalmente la
luce, affidata alle cure del direttore musicale del Festival, Fabio Luisi,
e all'eleganza di uno dei grandi maestri del teatro italiano, Pierluigi
Pizzi, che torna a Martina Franca vent'anni dopo il memorabile successo
della sua Grande-duchesse de Gérolstein, per curare l'intero progetto
scenico dell'opera, firmando regia, scene e costumi.
La lettura che Pizzi sta
preparando non mancherà di sorprendere, essendo improntata sul più asciutto dei
minimalismi possibili: i protagonisti si muoveranno all'interno di uno spazio
scenico completamente vuoto, scosso dai chiaroscuri di una colossale vela nera,
che rimanda alla “bufera infernal, che mai non resta”. L'importante
cifra coreografica che ne deriva potrà contare sulla prestigiosa firma di Gheorghe
Iancu.
Il cast, totalmente
internazionale, punta su tre giovani promesse, a partire dalla spagnola Leonor
Bonilla (Francesca) e dalla giapponese Aya Wakyzono (Paolo),
affiancate dal turco Mert Süngü (Lanciotto), tutti chiamati a misurarsi
con una vocalità impegnativa e con ruoli assolutamente inediti.
Dell'opera, com'è
evidente che debba essere in occasione di una prima mondiale di questa
rilevanza, sarà eseguita la nuovissima edizione critica curata da Elisabetta
Pasquini per Ut Orpheus.
Giunta al sesto anno di
attività, e affidata ora direttamente alle preziose cure di Fabio Luisi,
l'Accademia del Belcanto consolida il suo intenso e fecondo lavoro sul
repertorio belcantistico, oltre a proseguire sul percorso di un rigoroso
approfondimento stilistico e tecnico del cosiddetto "barocco".
La rilevante novità di
quest'anno è che la proposta dedicata ai giovani artisti della "Rodolfo
Celletti" si sdoppia: oltre che nel consueto titolo del repertorio
seicentesco affidato alle cure di Antonio Greco, messo in scena nella
cornice intima e suggestiva del Chiostro di San Domenico, alcuni di loro si
misureranno in uno dei titoli più popolari del repertorio belcantistico,
eseguito in forma semiscenica negli ampi spazi di Palazzo Ducale. È la
riprova che i giovani dell'Accademia sono ormai in grado di esprimere una
compiuta maturità vocale e interpretativa, tale da potersi far apprezzare anche
nel grande repertorio.
Sono quindi due, da
quest'anno, i titoli riservati ai giovani cantanti dell'Accademia Celletti: per
l'ambito seicentesco si è scelto di continuare nella proposta del teatro
musicale di Agostino Steffani; dopo la sorprendente messa in scena de La
lotta d'Ercole con Acheloo, che riscosse nel 2014 un travolgente successo
di critica e pubblico, viene proposto il secondo atto unico scritto da
Steffani, geniale autore il cui pregio musicale è oggetto di recente e vitale
riscoperta musicologica; alla giovane musicologa brasiliana Cinthia Alireti,
già responsabile dell'edizione della Lotta, il Festival ha
affidato l'edizione critica di Baccanali, altro titolo mai
rappresentato in tempi moderni, e che promette nuove mirabilia musicali.
La parte scenica dello
spettacolo è stata affidata a Cecilia Ligorio, che nell'ultima edizione
del Festival si è imposta all'attenzione del pubblico con una sorprendente
lettura del Barbiere di Siviglia, travolgente per ritmo e
originalità: le caratteristiche del Chiostro di San Domenico dovrebbero
garantire la dimensione ideale al suo talento registico, che per questo
Steffani punta a una lettura poetica, lucida e visionaria del libretto di
ispirazione classica. Alessia Colosso e Manuel Pedretti firmano
rispettivamente scene e costumi di un allestimento che porterà suggestivi elementi
di natura all'interno del Chiostro.
Per quanto riguarda
invece l'opera di "repertorio" la scelta è caduta su Così fan
tutte: il capolavoro di Mozart e Da Ponte è perfettamente
centrato sul tema del Festival di quest'anno e offre ai giovani artisti
dell'Accademia “Celletti” una straordinaria occasione di misurarsi con le
potenzialità del più alto teatro musicale. Ulteriore motivo di interesse
della proposta, oltre al titolo stesso, sarà la direzione di Fabio Luisi,
che ha deciso di debuttare con questo titolo proprio a Martina Franca, insieme
ai giovani interpreti dell'Accademia, chiamati a un lavoro totalizzante, di
vero e proprio workshop teatrale, con la regista Juliette Deschamps,
che firma la realizzazione semiscenica dello spettacolo. Moltissimi, quindi, i
motivi di interesse di questo appuntamento.
Il grandissimo successo
del Barbiere dello scorso anno incoraggia il Festival a
proseguire sulla strada di Opera in masseria, l'inedita formula
(originale del Valle d'Itria), che propone la rappresentazione di un titolo
operistico - appositamente adattato nell'organico strumentale e nella forma
drammaturgica - in un contesto architettonico ed ambientale in grado di
esaltare il pregio ambientale del territorio della Valle d'Itria.
Viene proposto, in forma
integrale, un piccolo gioiello dell'opera buffa: il Don Chisciotte della
Mancia di Paisiello. Il giovane regista Davide Garattini
ha immaginato una messa in scena originale e sorprendente, e ha scelto di
ambientare il soggetto, che rimanda a un altro anniversario (quello di
Cervantes, di cui ricorre il quarto centenario della morte, 1547-1616), nella
cornice di una taverna.
Nel cartellone del 42°
Festival della Valle d'Itria anche i due concerti sempre molto attesi dal
pubblico: quello del Belcanto a Palazzo Ducale - affidato alla
spumeggiante bacchetta emergente del giovane Sesto Quatrini - in
occasione del quale verrà assegnato il Premio Celletti 2016, con un
programma di pagine poco note del repertorio belcantistico (Mercadante, Pacini,
Rossini), significativamente accostate a Mozart (altro possibile fil
rouge sommerso di questa edizione); e il popolarissimo Concerto per lo Spirito,
nella Basilica di San Martino, ancora nel segno di Paisiello, e affidato
alle cure di Ettore Papadia.
Il Festival di questi
ultimi anni ha sempre riservato un'attenzione particolare alla musica e ai compositori
del XX secolo, quando non a quelli di oggi, anche con commissioni di brani e opere
nuove (lo scorso anno il Festival fu inaugurato con Le braci di Marco
Tutino).
Quest'anno, nella
cornice di Novecento e oltre, e nell'atmosfera intima del Chiostro
di San Domenico, trovano spazio due serate di pregio musicale: un omaggio a
Henze e Boulez, e una serata di opera da camera
novecentesca, emblematicamente chiamata "Giochi di Eros",
con un inedito dittico in lingua inglese: Hand of bridge di Samuel
Barber, che è la più breve opera mai scritta (dura meno di dieci minuti), e
The Bear, gioiello di William Walton da Cechov. Le
due opere saranno rappresentate in forma semiscenica, e con piccolo organico
strumentale.
Il ciclo Fuori
orario... prevede i
consueti appuntamenti musicali offerti al pubblico del Festival in diverse ore
del giorno e della notte, e in vari luoghi della città. Ci sono i programmi di
musica sacra della domenica a mezzogiorno (All'ora sesta) e
quelli profani e gustosi (anche grazie alle delizie rinfrescanti offerte al
pubblico dallo storico Bar Tripoli) del Concerto del sorbetto,
affollato appuntamento fisso del sabato pomeriggio nel Chiostro di San
Domenico; ma è la formula intima e mistica di Canta la notte... a
ricreare le atmosfere probabilmente più suggestive del Festival. Quest'anno
saranno due i programmi offerti ai nottambuli: un concerto corale, di
ispirazione religiosa, e una sorpresa teatral-musicale, che offrirà una
preziosa antologia pianistica intorno a Paolo e Francesca. I due eterni
personaggi prenderanno voce e corpo tra il pubblico del Chiostro di San
Domenico.
Non mancherà il
tradizionale appuntamento con i più giovani, Festival Junior, che
impegnerà anche quest'anno decine di bambini nell'incontro con pagine di musica
del Novecento. L'iniziativa, ormai un classico del Festival, ha pregevoli
finalità educative, perseguite già in fase di studio e preparazione, nel corso
dei mesi invernali, grazie all'impegno, prezioso e insostituibile, della Fondazione
Paolo Grassi diretta da Gennaro Carrieri e al lavoro di insegnanti
appassionati e scrupolosi, e alla guida ispirata di Angela Lacarbonara. Quest'anno
i giovani musicisti in erba avranno modo di conoscere l'estro di Erik Satie.
Chiude il Festival, come
di tradizione, il Concerto sinfonico, diretto dalla giovane greca Karina
Canellakis. Il programma, pensato per una serata accattivante e di
richiamo, presenta la visione di Caikovskij di Francesca da Rimini,
e la popolare sinfonia "Dal Nuovo Mondo" di Dvorák, protagonisti
i musicisti dell'Orchestra Internazionale d'Italia.
Gli altri complessi
ospitati dal Festival di quest'anno sono il Coro Filarmonico di Cluj-Napoca,
diretto da Cornel Groza, l'orchestra ICO della Magna Grecia di
Taranto e l'ensemble Cremona Antiqua.
Anche quest'anno,
dunque, sono molti i percorsi, le suggestioni e le occasioni offerte dal
Festival della Valle d'Itria, vera e propria "riserva protetta"
(speriamo abbastanza!) del panorama culturale nazionale, e non solo.
Da più di quarant'anni
tenace e coraggiosa espressione di fiducia nelle straordinarie potenzialità che
musica, teatro e cultura possono sviluppare nell'economia e nello spirito di un
territorio. Sempre di più laboratorio aperto di idee e di talenti, che
scelgono la strada impervia e scomoda della scommessa su tutto ciò che non
sembra affatto scontato. A tutti loro, e a chi dietro le quinte contribuisce
ogni anno a perpetuare questa impresa, va il grazie più sentito del direttore
artistico.
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