TORNA ALLA LUCE “FRANCESCA DA RIMINI” L’OPERA DIMENTICATA DI SAVERIO MERCADANTE
di Gaetano Laudadio
Martina Franca – Dopo 185 anni dalla composizione è stata,
finalmente, riportata alla luce dal direttore artistico Alberto Triola (quanto
mai emozionato prima della recita) e rappresentata nell’atrio del Palazzo
Ducale di questa indovinata 42ma edizione del Festival della Valle d’Itria una perla del melodramma
italiano: “ Francesca da Rimini” di Saverio Mercadante, su libretto di Felice
Romani ed ispirata all’omonima tragedia di Silvio Pellico. Scritta nel 1831
alla fine della permanenza del compositore pugliese presso la Corte spagnola,
per inspiegabili ragioni e controversie sorte pochi giorni prima dell’esordio
l’opera non fu rappresentata né a Madrid prima né successivamente alla Scala di
Milano. Il manoscritto dimenticato è riaffiorato a sorpresa cinque anni fa a
Madrid. Il direttore Fabio Luisi non esita a definirla la migliore composizione
di Mercadante ricca di esperienze orchestrali più libere, e raggiungendo una vena
poetica per lui insolita, a tutto beneficio dei cantanti. Un’opera ricca di
bella musica e commovente per il tema drammatico che riguardava i due amanti
Paolo e Francesca, così dettagliatamente descritti nel V canto dell’Inferno di
Dante. Accompagnato da Virgilio il sommo poeta giunge nel girone dei lussuriosi
e fa un incontro che lo sconvolge nel notare “quei due che insieme vanno”. E’ una
storia di amore vero, di passione ma anche di tradimento ed adulterio, che vede
per protagonisti : Francesca, figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna,
Lanciotto Malatesta (Gianciotto), signore di Rimini cui è andata in sposa
Francesca (ma contro la volontà della sposa) e Paolo Malatesta, fratello di Gianciotto,
segretamente innamorato di Francesca e da lei ricambiato. Una storia romantica
che Dante ha evocato nel suo poema, ricordandone i tratti più appassionati e
drammatici. Infatti, Dante
ascolta il racconto sconvolgente di Francesca, piange e si commuove davanti a loro al
punto da scrivere : “io venni meno così come io morisse. E caddi come corpo morto cade”. Tutto il
pathos di questa commovente vicenda ha coinvolto gli 800 spettatori presenti nell’atrio
del Palazzo Ducale e tutti sono apparsi letteralmente conquistati sia dalla
bellezza della musica sia dal dramma dei protagonisti, perché nell’opera tutto
è finto ma non è falso. Pubblico entusiasta per quest’opera che è stata trasmessa
anche in diretta su Euroradio RAI 3. La scenografia voluta dal regista
Pierluigi Pizzi, che si è occupato anche dei costumi, è volutamente scarna per
dare risalto ai cantanti ed alla musica. Teli neri svolazzanti hanno dato
un’aria magica alla bufera interiore dei protagonisti anch’essi vestiti con abiti
leggeri e fluttuanti. Importante il ruolo del corpo di ballo del coreografo
Gheorghe Iancu, con la partecipazione straordinaria di Letizia Giuliani, e del
primo ballerino ed assistente alla coreografia Francesco Marzola. Il balletto,
presente in questo melodramma romantico, ha arricchito ulteriormente lo
svolgimento appassionato dell’opera. L’opera è stata magistralmente preparata
dal maestro concertatore e direttore d’orchestra Fabio Luisi, che non ha
esitato a definirla, per la sua bellezza, una vera scoperta. Attento, preciso in ogni gesto, il maestro ha
guidato in modo puntuale i singoli cantanti, il coro della Filarmonica
di Stato “Transilvania” di Cluj-Napoca e l’Orchestra Internazionale d’Italia con un organico
strumentale nutrito che si riconferma all’altezza di questo ambizioso Festival
che ogni anno cresce, sia in qualità che in numero di spettatori e di
appassionati. La musica, particolarmente dolce e malinconica, preannuncia il
romanticismo con tratti che richiamano Donizetti, Bellini, Rossini.
Emozionanti e molto ben realizzate le scene clou dell’opera: quella della
lettura del romanzo che spinge i due amanti al bacio sacrilego ed il finale di Francesca, inaspettatamente, non
punita dalla spada del marito Lanciotto
ma da quella di Paolo verso la quale si lancia, in
un ultimo abbraccio mortale col suo amante; a quel punto anche Paolo rivolge
l’arma contro se stesso in un finale che
ricorda la fine di Romeo e Giulietta. Nel cast di giovani voci, brillante
Leonor Bonilla nel ruolo di Francesca, Aya Wakizono, in quello “en travesti”
di Paolo, Merto Sungu in Lanciotto ed ancora Antonio Di
Matteo in Guido, Larisa Martinez (dell’Accademia Rodolfo Celletti) ed Ivan Ayon
Rivas nel Guelfo. Alla fine calorosissimi e prolungati applausi per tutti. Un elogio ancora per il Coro e l’Orchestra in sintonia con
l’importanza della serata dedicata a Mercadante, un compositore che il Festival
della Valle d’Itria ha già proposto negli anni passati, di cui la città natia
di Altamura, a differenza di Taranto, va orgogliosa e che ricorda con la sua musica in quel
gioiellino che è il Teatro Saverio Mercadante. A Taranto non solo si lascia
andare in rovina la casa natia di Paisiello ma in occasione dei 200 anni dalla
morte del “Genius Loci”, l’amministrazione Comunale non ha stanziato neppure un
euro per ricordarlo. Francesca da Rimini
si replica ancora il 2 ed il 4 agosto, per i fortunati che riusciranno a
trovare i biglietti.
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