GIOVANNI PAISIELLO
FESTIVAL
XIV edizione – 2016
Taranto
‘E SPINGULE FRANGESE
La tradizione musicale
napoletana
dal Seicento a
Salvatore di Giacomo
giovedì 13 ottobre, ore
19
Caffè letterario Cibo
per la mente
(via Duomo)
Il Giovanni Paisiello Festival di Taranto,
diretto da Lorenzo Mattei, in collaborazione con gli Amici della Musica, giovedì 13 ottobre (ore
19), al Caffè Letterario Cibo per la mente di via Duomo, per gli «Incontri
conviviali» celebra, tra colto e popolare, la grande musica napoletana, dal
brano che dà il titolo alla serata, «‘E spingule frangese», musicato da Enrico
De Leva su testo di Salvatore Di Giacomo, a «Fenesta ca lucive» di Vincenzo
Bellini, protagonisti Cosimo Fornaro (chitarra) e Fabio Anti (canto e flauti
dritti).
Tuttavia i due musicisti presenteranno anche
composizioni meno note, ma altrettanto affascinanti, dal Seicento al Novecento.
Di Gioseffo Biffi, cesenate e “maestro di capella”, si ascolteranno alcuni
Madrigali che denotano l’ascendenza secentesca napoletana (Pascariello Napolitano,
Caratinella, Colascione), mentre di Fabio Anti si ascolteranno alcune
variazioni dell’Antidotum Tarantulae, brano che fa parte della storia della
musica meridionale, in particolare della Puglia, raro esempio in partitura
della musica utilizzata nel Seicento per guarire dal tarantismo.
Anche le villanelle di Andrea Falconieri,
pubblicate nel 1616, risentirono degli influssi popolari, e in questa occasione
vengono eseguite le struggenti “Cara è la rosa, e vaga”, “Occhietti amati” e
“Segui, segui dolente”. Quindi, dopo una famosa e trascinante Tarantella di
Anonimo, del XVIII-XIX secolo, si potranno ascoltare due composizioni di
Paisiello tratte dall’opera «Il Socrate immaginario», “Calimera Calispera” (che
riporta alla memoria il Salento e alla Grecìa) e “Ch’è stato, che bedite, ca me
redite ‘nfaccia?” chiaramente in lingua napoletana.
Si proseguirà con la sognante “Fenesta ca
lucive” di Bellini e la titl- track “‘E spingule frangese” di Salvatore
Di Giacomo, prima della chiusura con altri due brani immortali della tradizione
partenopea, “Core ‘ngrato” di Salvatore Cardillo (1911) e “Lo Guarracino”
(XVIII-XIX secolo), col suo interminabile e divertentissimo elenco ittico.
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