giovedì 22 dicembre 2016

UNA APPREZZABILE VEDOVA ALLEGRA HA CONCLUSO LA STAGIONE DEL PETRUZZELLI

CONCLUSA LA STAGIONE DEL PETRUZZELLI CON UN AUMENTO SIGNIFICATIVO DI SPETTATORI E DI ALZATE DI SIPAIO

di Gaetano Laudadio

Bari – Con una delle operette più note ,“La vedova allegra” di Franz Lear, che viene proposta sui palchi di tutto il mondo da oltre 110 anni, si è avviata a conclusione la stagione lirico-sinfonica della Fondazione Petruzzelli. Il libretto della Vedova Allegra è stato scritto da Viktor Lèon e Leo Stein ed è ispirato alla commedia “L’attachè d’ambassade” di Henri Meillhac. L’allestimento è stato curato da Federico Tiezzi e dal suo assistente Francesco Torrigiani, le scenografie di Edoardo Sanchi, i costumi di Giovanna Buzzi ed il disegno luci di Gianni Pollini. Tutto lo spettacolo è imperniato su temi classici quali l’amore, la fedeltà,  la gelosia e la cupidigia del denaro. L’elemento principale è, infatti,  il desiderio dei numerosi pretendenti amorosi di appropriarsi della grossa eredità di Hanna Glawari, da tutti corteggiata, dopo l’improvvisa morte del marito. Lehar delinea la società della Bella èpoque degli anni antecedenti la Grande Guerra, non disdegnando ritratti psicologici e situazioni sceniche attraverso una scrittura orchestrale ricca di una inattesa invenzione melodica, che non mancò inizialmente di destare perplessità e sabotaggi. L’allestimento in scena a Bari è, in realtà,  proiettato negli anni ’20 con le scene dell’epoca disegnate da Edoardo Sanchi ed i costumi di Giovanna Buzzi. La scena iniziale si apre con l’immagine di una data memorabile stampata sul fondo del palco, quella del 29 ottobre del 1929, giorno del crollo della borsa di Wall Street, richiamato anche dalle tipiche strisciate della borsa americana dei titoli finanziari e tecnologici (Nasdaq). Semplici le scenografie,  più interessanti i costumi. Per quanto riguarda la parte musicale buona l’esecuzione dell’orchestra della Fondazione Petruzzelli, guidata con maestria dal direttore Michael Tomaschek, che vanta una buona esperienza nel repertorio delle operette. In quanto alle musiche è stato un alternarsi di mazurke, polke, galop, can-can e valzer. Di maggior richiamo ed interesse per il numeroso pubblico le parti musicali più note:  “E’ scabroso le donne studiar”, il  “Can Can” in apertura del terzo atto ma soprattutto ed anche per merito di Francesca Sassu, nel ruolo di Hanna Glawari che ha
magistralmente interpretato la canzone di Viljia.  Sensualità ed eleganza, ma anche una voce capace di prendere note acute e sfumature più leggere, come quando in chiusura della canzone di Viljia, ha chiuso il brano con un diminuendo indovinatissimo, creando un momento di grande seduzione. Bravo anche il  conte Danilo interpretato dal leccese Vittorio Prato, sia per l’aspetto vocale che per la presenza scenica. In realtà un cast ben affiatato ed all’altezza della situazione: Laetitia Vitelaru in Valencienne,  dotata di una buona voce squillante, di avvenenza e bella presenza scenica, Anicio Zorzi Giustiniani, Omar Montanari, Riccardo Palazzo, Francesco Castoro, Gianluca Tumino, Roberto Maietta, Nicolò Donini, Giulia Della Peruta, Miriam Artico, e Margherita Rotondi.

Ottima la performance del coro, preparato dal maestro Fabrizio Cassi, sempre preciso ed attento sotto la direzione di Michael Tomaschek. Buona la presenza scenica del barese Antonio Stornaiolo, impegnato in Njegus, bravo nel ruolo attoriale, un po' meno in quello canoro. Un plauso anche ai bravi ballerini. Alla fine tanti applausi generosi del pubblico, meritati soprattutto, quelli per la bravissima Francesca Sassu.

Le foto sono di Arcieri

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